Capitolo 06

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Luke mi guardò appena entrai in classe, lo fece con molta concertazione e seguiva con estrema cura ogni mio movimento, le sue braccia flesse dietro la sua testa mentre la sua schiena era perfettamente appoggiata allo schienale della sedia. Lasciai andare un sospiro e con l'assurda idea, andai verso di lui, lascia cadere lo zaino per terra per poi sedermi al suo fianco. Luke alzo un sopracciglio, ma non disse niente. Portava un beanie color crema e in un certo senso mi sembrò adorabile, i suoi occhi risaltavano di più con quel colore. Sembrava pacifico quando apriva bocca per dire assurdità, sapevo che in poco tempo poteva arrivare ad essere un completo idiota.

Notai che una giacca di cuoio copriva le sue spalle, questa volta fui io ad alzare un sopracciglio, un po' interrogativa, in un certo modo confusa, perché non faceva freddo, anzi faceva caldo e non si usavano molto le giacche.

- Perché hai questo?- chiesi, puntando con il mio indice la giacca.

Luke mi guardò con gli occhi semichiusi e si posizioni meglio, unendo le mani per appoggiare i gomiti sopra il banco. - Ho avuto un incidente con la lavatrice -disse, allontanò le mani e con una di esse porto giù la parte che gli copriva una spalla. Non riuscì a trattenermi, mi misi a ridere e lui negò tante volte con la testa. -Ho messo un calzino rosso che ha macchiato di rosa tutti gli altri vestiti.

-Non devi mai lavare i colorati con i bianchi- indicai la sua maglia ridendo ancora, lui alzo le spalle e si morse le labbra. -Tua madre non te lo ha mai detto? Perché hai fatto te la lavatrice?

-Fai troppe domande, te lo hanno mai detto?- domandò, annui con nessun senso di colpa - E no, è la prima volta che lo faccio. I miei genitori sono fuori città e dovevo cavarmela da solo, chi lo farebbe sennò?

-Hai ragione- abbozzai un sorriso e guardai davanti a me.

Mi piaceva pensare a Luke come una persona indipendente, l'idea mi compiaceva molto, dava l'impressione di non aver bisogno dell'aiuto di nessuno, però forse per i compiti casalinghi si. Era tutto tranquillo, finché iniziò a parlare.

-Ho bisogno di sapere il tuo indirizzo di casa- pronuncio lento e cauto.

-Il mio indirizzo? Per cosa?- chiesi, girandomi per guardarlo agli occhi.

Lui si avvicinò a me lasciando poca distanza tra i due. -Pensi che arriverò magicamente a casa tua solo perché ho indovinato dove vivi?- la sua voce roca mi fece venire i brividi senza nessuna ragione. Lo guardai confusa e lui rise con un po' di grazia - Te lo sei dimenticata?

-Dimenticare cosa?

-Te lo sei dimenticata.

Lui sospirò e si lasciò andare appoggiandosi sullo schienale della sedia, trascinandola indietro per poter stirare meglio le sue lunghe gambe sotto il banco. Divenne serio. Fece una smorfia e passò le mani sul suo volto delicato. Lecco le sue labbra facendo passare la lingua sul piercing che aveva.

-Avevi promesso di uscire sabato con me...domani- disse guardandomi senza nessuna espressione.

Il ricordo della promessa che mi aveva obbligata a fare, mi tornò in mente. Merda. Aprì le labbra e mi maledissi.

-Certo- annuì. -Volevi venire a prendermi?

-Non saprai come arrivarci se ti dico il posto.

-È un luogo di brutta fama?- indagai, volendo sapere un po' del posto dove voleva portami solo con lui.

-No- rise per poi tornare vicino a me.

-Come faccio a sapere se mi stai dicendo la verità?

-Weigel, ti fidi di me?

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