Livelli

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A scuola la mia professoressa di italiano amava ribadire - quasi con la frequenza delle radio con una hit estiva in pieno agosto - che ci sono sempre due livelli di interpretazione, due modi di guardare le cose, separati, lontani, ma che a volte si scontrano e quasi imparano a convivere.
Ho riflettuto a lungo su questo, io che vedevo solo un lato delle cose, ma poi ho capito cosa si intende quando si dice che le cose si comprendono solo quando qualcuno di più importante, anche se indirettamente, ce le dimostra.
Con te ho imparato a camminare a testa alta, a non vergognarmi di me stessa, a sentirmi bella qualche volta, a dormire con qualcuno senza quell'ansia perenne.
Ora che sei lontano, e che da te posso imparare solo ad allontanarmi ancora di più, ho capito cosa diceva, quella donna che spesso mi sembrava facesse discorsi senza capo né coda.
Ora so che sono 321 giorni in cui non ti vedo, mentre 248 quelli in cui non ti sento, e per gli altri è solo questo. Il loro livello di interpretazione - rubando le parole della donna della quale parlavo prima - è quello basilare: sono giorni che si susseguono caratterizzati da un'assenza, punto. Niente di più.
Ma io ne ho un altro, quello comprensibile solo a chi conosce il contesto più generale, quindi in questo caso solo a chi si è sentito come me quando ero con te, e viceversa.
Quindi per me? Cosa sono? Sicuramente più di un insieme di giorni.
Questi 248 giorni sono anche 8 mesi, un'estate intera senza te, l'albero di Natale con sotto il tuo regalo che però non scarterai, Capodanno, il conto alla rovescia con i tuoi occhi incastrati in quelli di chissà chi altro, il primo giorno del nuovo anno senza abbracciarti stretto in un letto che profuma di noi.
Sono anche andata avanti, per quanto possibile insomma, per quanto mi ha concesso il respiro spezzato, il peso sul petto e le mani che tremano.
Ho visto 36 film senza di te.
42 sono le serie tv che non hai commentato a bassa voce mentre poggiato sul mio petto mi chiedevi perché io non dicessi niente, io che amo chiacchierare continuamente. Guardavo te, Gio, e mi manca farlo.
21 i libri che ho letto, che ti avrei detto di leggere per poi sentirmi dire che a te non piace farlo, ma che ti saresti immerso in quei mondi fittizi solo per cercare di capire cosa ci fosse dietro quelle parole, per me.
89 le persone che ho conosciuto agli incontri di lavoro, che mi stimano e hanno detto mi sosterranno in questo percorso. Saresti felice di questo, lo so.
360 le persone che mi hanno chiesto una foto, 273 delle quali mi hanno chiesto di te, se ti sento, se mi manchi, se ci vedremo prima o poi, se ci siamo allontanati o se è tutto come prima e l'unica differenza sono i chilometri tra la mia e la tua stanza. Magari Gio, magari il problema fosse il percorso tra noi.
2 le frequentazioni, e 2 quelle andate male, perché non eri tu. Vorresti sapere se sono stati gentili, e ti rassicuro dicendo che mi hanno trattata come se al mondo non esistesse cosa più fragile e preziosa, ma magari bastasse solo la gentilezza, magari bastassero braccia dolci e sguardi attenti a riempire il vuoto che hai lasciato quando sei andato via.
682 sono le canzoni che ho ascoltato, almeno il triplo i giri di accordi - questo l'ho imparato da te - che abbracciavano quelle parole, e altrettante le volte in cui avrei voluto scriverti per chiederti a cosa ti facevano pensare quelle frasi in musica, se ti piacciono, se hai voglia di fare una cover e mandarmela.
Una decina le cose che ho imparato senza di te: a piangere quando ne ho bisogno, a dormire in casa da sola e a preparare quella pasta che ti piace tanto, sono già pronta se mai dovessi tornare.
30 le esibizioni che ho fatto nella tourné che non ho fatto in tempo a raccontarti, almeno 20.000 le anime presenti. Ed ero felice, dovevi vedermi.
40 le persone che mi hanno aspettata dietro il palco, erano tante eppure non bastavano perché non c'eri tu. Mamma e papà mi hanno aspettata proprio dietro le luci, ho visto i loro occhi spegnersi un po' alla prima data a Roma, speravano di vederti. Hanno compreso senza che io spiegassi niente, e mi hanno abbracciata per poi farmi capire che la vita che ho sempre voluto ce l'avevo davanti, anche se non mi eri accanto. Anche se quella felicità era mista alla tristezza che mi abita le ossa da quando ti sei girato di spalle.
E allora sono almeno 100.000 le volte in cui ho immaginato una vita di arte con una mano intrecciata alla tua. Le volte in cui tornando a casa ho sperato di trovarti seduto sul letto con i tuoi fogli sparsi mentre cercavi le parole giuste. Le cene che ho preparato cucinando solo cibi che ti piacciono. Le serate in cui avrei voluto girarmi e chiederti se ti andasse di cantare qualcosa per me, e le volte in cui l'ho fatto, ancora non abituata al fatto che non dividessimo più le stesse mura. I pranzi in famiglia in cui ti ho lasciato una sedia libera, le volte in cui volevo spogliarmi e sentirmi bella, quelle in cui lasciavo i vestiti che ti piacevano di più in cima agli altri, sperando di non trovarli il giorno seguente.
Significava che c'eri, che ci sei, che mi riempi ancora le giornate, che non è solo tempo che scorre e che non afferro né vivo a pieno.
Significava che potevo ancora chiamarti com quel nomignolo e chiederti se mi aiutassi a chiudere una coreografia, per poi finire le tue canzoni.
Avrebbe significato questo, e tante altre cose che se ci penso il respiro si blocca e sembra morirmi in gola.
Allora è vero, è vero che ci sono due livelli di interpretazione, ed è anche vero che io li tengo continuamente sotto controllo entrambi, per vedere se ci sei, se ritorni. E non è così, lo sai e lo so anche io, eppure al tempo stesso sono 0 i secondi in cui non sei con me.
Sei sempre qua, in modi diversi.
Paradosso.

La paranoia se poi te ne vai Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora