Un incontro inaspettato

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Ci sono giorni che sembrano iniziare come tanti altri, giorni normali all'apparenza, in cui sembra che tutto andrà avanti, che nulla intaccherà la nostra solita routine al di fuori di una litigata con un'amica o un brutto voto a scuola, che la sabbia che scorre in quella clessidra che chiamiamo quotidianità e che rappresenta il fluire delle nostre giornate, della nostra esistenza, scorrerà velocemente, senza intoppi, e che ogni granello si poserà sul fondo di essa, in maniera regolare, riportando tutto il sistema all'equilibrio. In fondo nessuno potrebbe mai aspettarsi che ciò non accada, no? È impensabile, è inimmaginabile, è qualcosa che va oltre le leggi della fisica. Eppure, proprio quel giorno, sentii come se la mia sabbia si fosse, inspiegabilmente, bloccata. Quel mattino ancora non lo sapevo, ma da lì a poche ore la mia vita sarebbe cambiata per sempre, e il flusso di quei granelli non sarebbe mai più stato lo stesso.

Era una fredda giornata d'autunno, una di quelle in cui il freddo ti gela le ossa, in cui l'unica cosa che vorresti fare è buttarti tra le coperte, bere una cioccolata calda, guardare un bel film e poi addormentarti fino all'arrivo dell'estate. La sveglia suonò puntuale come ogni mattina. Mi preparai per andare a scuola. Look casual come al solito, non amavo affatto truccarmi. Non perché mi piacessi al naturale, anzi, ma la verità era che me lo impediva il mio essere completamente negata con il make up, per cui al mattino preferivo dormire dieci minuti in più piuttosto che perdere tempo inutilmente a fissarmi davanti a uno specchio, cercando di rendere dritta una riga di eye liner che non sarebbe mai stata tale. Come ogni giorno ormai da quattro anni, incontrai le mie amiche, Anne e Lily, per fare colazione insieme al bar. Ci piaceva iniziare la giornata insieme con un po' di tranquillità, e perché no anche un po' di gossip, per preparaci psicologicamente ad affrontare al meglio le lunghe e interminabili ore scolastiche.

"Giorno." dissi, cacciando un grande sbadiglio, così lungo che a tratti mi meravigliai di me stessa.
"Buongiorno dormigliona! Hai fatto le ore piccole ieri notte? Devi raccontarci tutto!" disse Lily, esternando fin troppo contatto fisico per la me di prima mattina.
"Non riuscirò mai a capacitarmi di come tu possa essere già così pimpante alle otto di mattina."
"Non cercare di cambiare argomento! Allora, novità?"
"Lasciale il terzo grado per dopo. È un po' presto, non credi?" si intromise Anne. Era la più razionale fra noi tre, e come al solito cercava sempre di stemperare i nostri caratteri così diversi, che molto spesso ci facevano litigare per le ragioni più stupide.
"Ieri sera ho avuto un appuntamento galante, in effetti." dissi, sorridendo, solo per vedere la faccia soddisfatta di Lily.
"Siiii! Lo sapevo! E chi è il fortunato?"
"Non sono sicura tu lo conosca, in effetti..." continuai a prenderla in giro.
"Mi prendi per il culo? Ivy, io conosco chi vive in questa intera città da cima a fondo. Su, sputa il rospo."
"Beh... lui è molto bello effettivamente. È alto, moro..."
"Occhi?" mi chiese, in preda alla curiosità.
"Azzurri. Blu come il mare. A tratti da cerbiatto. Ti giuro, avrei tanto voluto baciarlo..."
"E perché non l'hai fatto, stupida?!"
"Perché ha un accento inglese, è sexy da paura e non credo di aver sviluppato ancora la capacità di baciare le persone attraverso uno schermo."
"Di cosa stai parlando?" mi chiese allora, confusa.
"Ma sì, non potevo certo limonarmi Hugh Grant così su due piedi..."
"Ivyyy!"
"Che c'è?"
"Credevo fossi seria!"
"E lo sono! Ho visto Notting Hill ieri sera, per la trentesima volta. Che fregno da paura Hugh Grant..."
"Stupida!"
"Credo di essermi innamorata in effetti..."

Lungo la strada, incontrammo il fidanzato di Lily e alcuni suoi amici, tutti più grandi di noi.

"Allora? Hai studiato alla fine?" mi chiese Jack, vedendoci arrivare nella loro direzione, ignorando completamente le mie amiche, com'era solito fare.
"A studiare ho studiato..." risposi, ridendo leggermente. "... il problema è che non ricordo neanche una virgola."
Lo vidi ridere leggermente alla mia risposta.
Jack era un ragazzo che avevo conosciuto per caso alla fine del terzo anno davanti ai distributori della scuola. Tra scambi di like su instagram e amici in comune, ci eravamo frequentati per tutta l'estate. Eravamo diventati amici quasi senza accorgercene, e insieme stavamo davvero bene, legati com'eravamo da una complicità unica, quasi inimitabile. Tutti credevano che tra di noi ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia, ma posso assicurarvi che non era affatto così. Per me Jack era come un fratello, e sapevo valesse lo stesso anche per lui.

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