Il racconto del greco

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Nacqui sub Iulio nel tempo dei caffè falsi e bugiardi, ma nel mezzo del cammin della mia vita mi incamminai per mille porti avversi fino a giunger su la trista riviera di Mar Rosso, ove un vecchio, bianco per antico pelo, che m'avea di paura il cor compunto mi spiegò che era la mala lavorazione del caffè la cagion che l'mondo ha fatto reo. "Miserere di me!" urlai colpito da cotesta affermazione, ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte. Io non so ben ridir com'ei sapesse l'nome mio, ma cotesto vecchio mocho (ché veniva dalla Mocha) mi condusse per altra via ad un legno più legger che aromatizzasse l'caffè: l'alòe. Non feci per viltade il gran rifiuto e con li occhi vergognosi e bassi infino alla meta del parlarmi trassi. Buio d'inferno e di notte tenebrata vide meco l'vecchio con occhi di bragia che l'omero m'offerse perch'io non mi smarrissi o dessi di cozzo in pianta che molesti o forse ancida. Io sentia voci e l'morso della fame, ma perla vista che s'avvalorava in me guardando l'semplice chicco sembiante che parea vivo nel lume ch'io mirava. "Oh abbondante grazia ond'io presunsi ficcar lo viso per la luce etterna, tanto che la veduta vi consunsi!" pensai ritornando più volte vòlto avvicinandomi all'amor che move il sole e l'altre stelle. Il vecchio demonio, a me accennando mi batte col bastone. "Pàrtiti da cotesto chicco, non sei degno" mi dicea col baston battendomi. "Vecchio mocho, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare" diss'io facendo perdere al dimonio la speranza de l'altezza. L'vecchio cadde come corpo morto cade, disfecesi Mar Rosso. "Ahi serva Citera, di Ottomani ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!" pensai tenendo in man l'amor ch'al cor gentil ratto s'apprende. Per correr a miglior acque tornai in Italia sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso ed aprii una locanda alzando le vele della navicella del mio ingegno; tornai a riveder le stelle per la gloria di colui che tutto move facendomi un caffè col chicco sacro: esso entrò nel petto mio e spirò sue; così de l'atto suo, per la gola infuso ne l'imagine mia, il mio si fece, e fissi li occhi al sole oltre nostr'uso.

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