Passo mezza giornata rannicchiato sotto al divano non avendo il coraggio di mettere il naso fuori da qui. Sento, però, di avere le zampe indolenzite, urge quindi una camminata veloce veloce per sgranchirle. Affaccio cauto la mia testolina e resto in ascolto. Sento Ranmaru canticchiare e un rumore metallico mi a capire che sta armeggiando con le pentole in cucina; sarà sicuramente ora di cena e, adesso che ci penso, ho davvero una gran fame dato che ho saltato il pranzo. Ignoro il mio stomaco che brontola, intenzionato più che mai a stare alla larga dalla furia in rosa, ed esco con passo felpato da sotto il divano. Un vantaggio dell'essere gatto? Avere il silenzioso alle zampe.
Zampetto per il salotto guardando le tende logore con un certo piacere, finché la mia attenzione viene attirata dalle buste che Ranmaru ha portato a casa verso mezzogiorno. Sento l'impellente bisogno di ficcanasare, è più forte di me, non resisto e mi avvicino annusandole una ad una. Non contento, mi sporgo sue due zampe infilando il muso in ogni busta finché, improvvisamente, una rotola di lato facendo un gran baccano.
"Merda!" Salto in aria girandomi giusto in tempo per veder sbucare Ranmaru dalla cucina.
«Sapevo che saresti uscito, prima o poi.» Dice assottigliando lo sguardo e poggiando le mani ai fianchi. Lo guardo dalla testa ai piedi appiattendo le orecchie sulla testa. Se non fossi così spaventato potrei benissimo ridere del suo ridicolo grembiule da cucina rosa con gli unicorni.
Lo vedo avvicinarsi e, con uno scatto, provo a infilarmi nuovamente sotto al divano, ma lui si piazza velocemente davanti a me abbassandosi per afferrarmi. Freno di colpo e cambio direzione, raggirandolo, correndo da una parte all'altra del salotto. I miei magnifici sensi felini mi fanno evitare di andare a sbattere contro ogni superficie che mi si para davanti.
Ranmaru non molla e mi insegue arrivando più volte a pochi passi da me. Devio in cucina e mi nascondo tra le gambe del tavolo e delle sedie. Ho il fiatone per la corsa e il cuore mi batte così forte che rischia di schizzare via dalla gabbia toracica. Lo vedo accovacciarsi e guardarmi divertito.
«Non puoi scappare in eterno.» Ridacchia allungando il braccio verso di me. Indietreggio fino a trovarmi nuovamente fuori dalla protezione del tavolo, vedo Ranmaru rimettersi in piedi e fare un passo nella mia direzione. Ne approfitto e mi lancio verso la porta, ma il suo è stato solo un bluff e così, con uno scatto, riesce a prendermi con fare compiaciuto.
«Ti ho preso, finalmente!» Dice tenendomi a pochi centimetri dal suo volto. «Ti sei comportato veramente male, Masaki. Io ti ho accolto in casa mia e questo è il ringraziamento? La prossima volta ti rispedisco in mezzo alla strada.» Continua, fissandomi severo.
Miagolo piano in segno di scuse. Non è da me, ma ci tengo ad avere un tetto sulla testa: conciato così non vado proprio da nessuna parte. Si addolcisce appena e mi tiene tra le braccia poggiandomi la guancia sulla testa. Comincio a fare le fuse involontariamente, è più forte di me.
«Non farlo mai più, intesi?» Sussurra per poi inchiodare i suoi occhi color del cielo nei miei. Miagolo ancora una volta e, senza pensarci su due volte, gli lecco una guancia. Quando realizzo ciò che ho appena fatto, giro la testa di lato sentendo l'imbarazzo montarmi dentro con prepotenza. Per la prima volta, ringrazio il fatto di essere un gatto e di non poter arrossire violentemente.
"Cosa diavolo mi è preso? In teoria ho appena dato un bacio sulla guancia a... a Ranmaru! Non sto bene, per niente."
«Oh, ora che ci penso: oggi ti ho comprato delle cose, ma poi mi hai fatto arrabbiare e mi è passato completamente dalla testa.» Dice portandomi nel salotto e cominciando a tirare fuori dalle buste una cuccia morbida, una lettiera e altre cose per me.
«E questo bel collarino turchese lo mettiamo al collo, così posso capire dove te ne vai a combinare guai.» Dice, infine, mettendomi un collare con tanto di campanella attorno alla gola.
"Ooooh, andiamo! Così non posso più sgattaiolare indisturbato!" Con la zampa di dietro mi gratto con forza proprio sotto al mento cercando di togliere questo dannato coso, invano. Sconsolato, comincio inspiegabilmente a farmi le pulizie - ho già detto che è una cosa più forte di me? - al petto quando, ad un tratto, resto incastrato con la mascella al collare. Comincio a dimenarmi come un pazzo dalla paura e dal fastidio, facendo spaventare Ranmaru. Lo sento afferrarmi deciso e armeggiare con la chiusura dell'oggetto incriminato finché non riesce a liberarmi.
«Sei veramente un pericolo ambulante!» Dice stringendo un po' di più il collarino attorno al mio collo, nemmeno fosse un cappio.
Miagolo infastidito e scappo dalle sue grinfie per poi trotterellare, con il rumore insopportabile della campanella nelle orecchie, fino al frigo per fargli capire che ho fame. Dopo essermi riempito la pancia a dovere, mi stiracchio e sbadiglio, ho veramente tanto sonno. In fondo, sono rimasto tutto il giorno in allerta per evitare di essere preso a tradimento dal "Gran Coniglio Rosa".
Ranmaru mi segue a ruota sbadigliando sonoramente e stropicciandosi gli occhi azzurri, deve essere molto stanco anche lui dato che stamani è uscito di casa presto.
«Hai sonno anche tu, eh Masaki?» Chiede sorridendomi.
Continuo a chiedermi come possa essere così rincitrullito; sono un gatto, per Diana! Non posso rispondere alle sue inutili domande. Sbadiglio di nuovo e mi manca per un attimo il fiato quando Ranmaru mi afferra sollevandomi da terra: non mi abituerò mai all'effetto che fa sentirsi mancare il terreno da sotto i piedi.
"Ehi, aspetta un attimo. Io NON MI CI DEVO ABITUARE, tanto tornerò normale. Vero?!" Mi deprimo un po' all'idea che potrei rimanere per sempre così, tanto che non mi accorgo di essere arrivato nella stanza del confetto.
Mi mette giù ed io mi aggiro osservando ed annusando tutto, lentamente. Ha una bella stanza sui toni dell'arancio al cui centro troneggia un ampio letto a una piazza e mezza. Mi chiedo perché mi abbia portato qui, e quando poggia a terra - proprio ai piedi di quel giaciglio così grande per una sola persona - la cuccia morbida che ha comprato per me, capisco le sue intenzioni.
«Da stasera dormirai qui con me, così non combini niente che possa mettere a repentaglio la tua vita o quella dei miei amati mobili.» Dice serio.
Storco appena il naso e mi giro ignorandolo per poi riprendere la mia perlustrazione. Quando finisco, e mi giro nuovamente a guardarlo, resto basito: si è appena tolto la maglietta mettendo in mostra il petto scolpito. Quando poi toglie anche i pantaloni, restando solo in boxer, sento che potrei diventare rosso come un pomodoro e ringrazio, ancora una volta, di essere un gatto che non può arrossire o mostrare imbarazzanti emozioni. Provo a guardare da un'altra parte, ma non c'è niente da fare. Il mio sguardo si sposta, quasi fosse attratto da una calamita, continuamente su di lui scrutando ogni particolare del suo corpo perfetto.
"Quanto ben di D- No, no, NO. Masaki smettila di guardare Miss Codini del mondo come se volessi saltargli addosso da un momento all'altro."
Anche quando mette il pigiama, i miei occhi non possono fare a meno di studiare le sue gambe lunghe lasciate scoperte dai pantaloncini troppo corti. Si scioglie i capelli, lasciandoli liberi dai codini, e si butta a pancia in giù sul letto mormorando un "Buonanotte" verso la mia direzione e piombando subito dopo nel sonno. Resto ancora un po' a guardarlo da lontano, beandomi di quella visione, finché non mi riprendo dalla trance in cui sono caduto e, maledicendomi in tutte le lingue che conosco per aver guardato Ranmaru in quel modo, mi appallottolo nella cuccia e mi addormento subito.
STAI LEGGENDO
Vita da gatti || Inazuma Eleven GO
Fanfiction[RanMasa con accenni alla RanTaku] Masaki Kariya, ragazzo appena ventenne e dal carattere scontroso e schivo, entrerà nella tenda di uno sciamano con l'intento di deriderlo e metterlo nel sacco in quanto pensa che egli sia solo un ciarlatano. Tuttav...