Un'ora più tardi, dopo averla ascoltata mettermi in guardia sui pericoli legati a feste e ragazzi- con un linguaggio che fa sentire piuttosto a disagio me e Finn, provenendo da lei - finalmente accenna ad andarsene. Nel suo solito stile, un rapido abbraccio e un bacio, esce dalla stanza dicendo a Finn che lo aspetterà in macchina.
"Mi mancherà averti accanto tutti i giorni",
afferma lui abbracciandomi. Respiro il suo profumo, quello che gli ho regalato per due
Natali di fila e sospiro. Dopo qualche ora l'aroma si è attenuato, e mi
rendo conto che avrò nostalgia di quell'odore familiare e confortante, anche se me ne lamentavo sempre.
"Anche tu mi mancherai, ma possiamo telefonarci ogni giorno",
sussurro stringendolo più forte e posandogli il viso sul collo.
"Vorrei che fossi qui quest'anno."
Finn è più alto di me di pochi centimetri, ma mi piace così. Mia madre mi ha sempre detto che un uomo cresce di tre centimetri con ogni bugia che dice. Mio padre era alto, perciò
non posso darle torto. Le labbra di Finn sfiorano le mie... e in quel momento sento strombazzare un clacson nel parcheggio. Finn scoppia a ridere e si separa da me.
«Tua madre è tenace. Ti chiamo stasera!»
Mi bacia sulla guancia e si affretta a uscire. Rimasta sola, inizio a disfare i bagagli. Di lì a poco, metà dei miei vestiti è ben ripiegata in una delle piccole cassettiere e l'altra metà è appesa nell'armadio. Rabbrividisco alla vista della pelle e dei tessuti leopardati che riempiono l'altro armadio. Ma la curiosità ha la meglio:
accarezzo un abito che sembra fatto di metallo e un altro così sottile
da essere quasi impalpabile.Inizio a sentirmi un po' stanca, mi sdraio sul letto. Una strana so litudine si sta già facendo strada in me e il fatto che la mia compagna di stanza sia uscita, per quanto i suoi amici mi mettano a disagio, non aiuta. Ho la sensazione che la vedrò di rado, o - peggio ancora - che avrà ospiti molto spesso. Perché non mi è toccata una compagna che ama leggere e studiare? Ma forse è meglio così, perché avrò la stanza tutta per me: però ho un pessimo presentimento. Finora il college non somiglia affatto a quello che sognavo o mi aspettavo.
Ma sono qui da poche ore. Domani andrà meglio. Per forza. Prendo l'agenda e i libri di testo, trascrivo l'orario del primo semestre e le date degli incontri del club letterario al quale penso di iscrivermi: sono ancora indecisa, ma ho letto dei commenti di altri studenti e voglio provare. Voglio trovare persone con cui ho qualcosa in comune. Non mi aspetto di farmi molti amici, giusto il minimo indispensabile per non mangiare sempre da sola.
Domani andrò a comprare altre cose per la stanza: non ho intenzione di riempire di roba la mia metà come quella di Octavia, ma vorrei aggiungere qualcosa di mio per sentirmi più a casa. Il fatto di non avere ancora una macchina mi complicherà la vita. Prima me ne procuro una, meglio è. Ho soldi a sufficienza, tra i regali per il diploma e i risparmi accumulati durante l'estate lavorando in libreria. D'altra parte, però, non sono così sicura di volermi sobbarcare lo stress di avere un'auto. Vivendo al campus posso benissimo usare i mezzi pubblici. Mi addormento con l'agenda ancora in mano, e sogno orari delle lezioni, ragazze dai capelli rossi e ragazzi scorbutici pieni di tatuaggi.
La mattina dopo, Octavia non è nel suo letto. Vorrei conoscerla meglio, ma sarà difficile se non c'è mai. Forse uno di quei due ragazzi è il suo fidanzato? Per il suo bene spero che sia quello biondo.
Prendo il beauty e vado in sala docce. Ho già capito che una delle cose peggiori del college saranno le docce comuni: è imbarazzante, preferirei che ogni stanza avesse il suo bagno. Spero almeno che non siano unisex.
Invece, sulla porta vedo due sagome disegnate, una femminile e una maschile. Sono inorridita. Come ho fatto a non scoprirlo durante le mie ricerche sull'università?
Vedo una doccia libera, mi faccio strada rapidamente tra ragazzi e ragazze seminudi, tiro la tenda e mi spoglio lì dentro. L'acqua ci mette un secolo a scaldarsi, e per tutto il tempo ho il terrore che qualcuno scosti la tenda. A parte me, la cosa non sembra impensierire nessun altro. Finora la vita al college è davvero strana, ed è solo il secondo giorno.
La doccia è minuscola, con un attaccapanni e spazio a malapena per distendere le braccia davanti a me. Mi metto a pensare a Finn e a casa. Distratta, mi giro e colpisco l'attaccapanni con il gomito: i vestiti cadono sul pavimento, proprio sotto il soffione della doccia.
«È uno scherzo, vero?»
borbotto tra me, mentre chiudo l'acqua e mi avvolgo nell'asciugamano. Recupero i vestiti zuppi e corro in camera sperando che nessuno mi veda. Quando richiudo la porta della mia stanza, mi rilasso all'istante. Finché mi giro e vedo la ragazza arrogante, tatuata, castana, stravaccata sul letto di Octavia.