2. Resta... per favore resta

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Ludovica

«Costa, è il primo giorno e già hai una ragazza intorno» sghignazza uno studente che non conosco.

«Che vuoi farci, quando hai il mio fascino» gli dà corda lui.

Gli scocco una gomitata sul fianco, provando a liberarmi dalla sua presa, ma mi stringe a sé e saluta velocemente il tizio, liquidandolo.

«Idiota presuntuoso» lo addito, ma lui mi ignora.

Saliamo le scale al ritmo del suo passo, con il braccio ancora sulle mie spalle mi trascina dietro di sé con nonchalance, come se avessimo tutto il tempo del mondo per entrare in classe. Ma noi non abbiamo tempo. C'è un problema a cui non avevo pensato a causa dell'ansia che mi aveva paralizzata.

È risaputo che il primo giorno di scuola devi entrare in anticipo in aula, in modo tale da avere il tempo di scegliere il posto migliore, senza dover fare a gara con i tuoi compagni di classe.
E ogni anno finisce sempre allo stesso modo, un ammasso di alunni che corrono per i corridoi, spintonandosi per accaparrarsi gli ultimi banchi per l'intero anno.

Non appena varchiamo la soglia dell'aula, mi maledico mentalmente. Tutti i banchi migliori sono già occupati. «Ecco, lo sapevo, hanno preso tutti i banchi vicino alle ragazze» sbuffo.

«Aspetta, dietro di loro c'è solo Matteo e un posto libero.»

Quell'odioso di Matteo è il secchione della classe, ma non in senso buono. È il classico tipo che si sente superiore a tutti solo perché prende voti alti e che non perde occasione per fare il lecchino con i professori.

Clara e Dalila hanno preso posto nei due banchi della fila laterale destra, accanto alla finestra.

«Tranquilla, lascia fare a me.»

Lele marcia spedito verso i tavoli dietro le ragazze. Con il sorriso più falso che può mostrare si appoggia con i gomiti sul legno, lanciando uno sguardo intimidatorio a Matteo. Invitandolo tacitamente a levarsi dai piedi.

Grazie alla sua popolarità, tutti vogliono entrare nelle sue grazie, perciò è raro che qualcuno lo contraddica, a parte noi; anche se ha un carattere autoritario che ti porta a seguirlo ovunque vada. Poi in questi anni la sua bellezza è cresciuta a dismisura. Cosa che non fa altro che aumentare il suo ego già spropositato. Ha il suo fascino è vero, è espansivo, ma anche sicuro di sé e un po' diffidente. Matteo sembra cogliere il suo messaggio e dopo aver portato gli occhi al cielo sgombera il banco.

«Lele, sei il mio eroe» lo ringrazio, mentre lui mi sorride allegro.

«Troverò qualcosa con cui potrai sdebitarti» commenta con una sottile malizia.

È sempre il solito.

Non mi lascia replicare. Mi spinge verso il lato interno, proprio sotto la finestra, e si accomoda sulla sedia accanto a me, allungando le gambe in avanti e portando le braccia piegate dietro al collo con noncuranza. Pensavo che sarebbe andato a sedersi in un banco insieme a Leo, il quale si è seduto a destra dei nostri, proprio a fianco a Lele.

«Che fai?» gli chiedo stranita.

«Mi siedo» dice come se fosse la cosa più naturale del mondo.

«Genio, lo vedo da sola! Perché qui e non con Leo o le tue ammiratrici?»

È sempre stato propenso ad avere le attenzioni di quel gruppo di gatte morte della classe.
Un pizzico di fastidio mi pervade. Un'alzata di spalle è la sua risposta e io lo guardo confusa.

«Sicura di stare bene? Hai una faccia un po' strana. Sembri un incrocio tra una foca e un tricheco» mi deride.

Il mio sguardo si tramuta subito in un ammonimento. Ma quanto è simpatico. Si diverte proprio a prendermi in giro.

Il rischio di saper osareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora