Gabriele
Diverse ore prima
«Amico, chi stai immaginando al posto di quel sacco? Lo stai colpendo davvero molto forte» ironizza Leo.
Me stesso.
«Nessuno» mento.
Sferro un pugno dopo l'altro. Non posso fermarmi. È l'unico modo per non pensare a tutta questa merda di situazione che mi circonda.
Come se non bastasse, adesso ci si mette pure quella piccoletta.
Cazzo! Sento ancora la sua voce in testa.
"Spero che anche i ragazzi non siano niente male."
«Mmh... che c'è che non va, Lele? Ultimamente sei strano» si fa serio.
Perché proprio oggi ha deciso di rompermi le palle?
È il mio migliore amico, dovrebbe capire che non è proprio aria.
Ho già discusso con i miei, non voglio farlo anche con lui.
«Dammi un po' di tregua. Perché non vai di sopra? C'è una piscina idromassaggio che ti aspetta» provo a essere gentile, invitandolo a lasciare la piccola palestra che ho in casa.
Sì, ho una villa con piscina, sauna e palestra incorporate, tutte cose che ai miei genitori piace ostentare.
«Ci vado dopo. Voglio sapere cosa ti succede» continua.
«Porca puttana, lasciami in pace» ringhio, fermandomi.
«D'accordo, amico.» Fissa prima me, poi la porta. «Voglio solo aiutarti, ricordatelo. Mi trovi di là» dice sbattendosi la porta alle spalle.
Lo so, cazzo. Lo so. Oggi non ne va bene una.
Sembra di essere in un loop.
Ogni giornata è peggio della precedente.
I miei genitori mi stanno con il fiato sul collo, litighiamo in continuazione. Vorrebbero che io un giorno prendessi le redini dell'azienda di famiglia. Non si sono mai fermati a chiedersi che cosa volessi fare io.
Se non volessi prelevare l'azienda, se non mi sentissi tagliato per quel ruolo?
Non importa, è tutto un dovere, secondo loro. Delegano tutto a me con la scusa che mio fratello Dylan è troppo piccolo. Come se non bastasse vogliono che frequenti quelle oche delle figlie dei loro colleghi.
Quando per l'unica di cui mi importa veramente nemmeno esisto.
Vogliono anche che cambi compagnia. Contano solo i figli e le figlie degli architetti o dei loro clienti ricchi.
Io non sono come loro e mai lo sarò.
Mi annoio sempre alle cene di lavoro alle quali tutta la famiglia deve partecipare.
Non mi sono mai soffermato a pensare cosa volessi fare una volta terminata la scuola, mi piace la boxe e il marketing ma non so, e probabilmente significherebbe non vedere più lei, la mia Ludo.
Lasceremo tutti la Sicilia per studiare in alcune Università prestigiose, e ci perderemo di vista.
Non posso seguirla come un segugio nella città che sceglierà, anche se è quello che vorrei fare.
Se dovessi mai rilevare l'azienda di famiglia poi, sarei costretto ad abbandonare qualsiasi mio sogno e ritornare a casa, mentre i miei amici saranno in giro per il mondo ad affermare le loro identità.
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Il rischio di saper osare
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