Sesto (e caldo) Appuntamento

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Louis

Mi ripeti ancora quelle parole?

I suoi messaggi mi sorprendevano sempre. Era stato due giorni interi a chiedermi continuamente la stessa cosa, come se ancora non fosse possibile. Eppure, tutte le volte che lo pensavo o che semplicemente risentivo le mie stesse parole dentro alla testa rabbrividivo. Il mio cuore non avrebbe retto per molto ancora, ero diventato terribilmente molle. Mi ero sciolto del tutto, come un gelato al sole. Il fatto che continuasse a chiedermelo lo faceva apparire insicuro ai miei occhi, questo mi rendeva decisamente felice. Come se dipendesse dalle mie parole, come se fossero importanti, tanto importanti. Qualcosa mi esplose dentro quando le mi dita scivolarono lente sulla tastiera del cellulare fino a comporre un messaggio che aveva tutta l'aria di essere qualcosa di molto di più.

Ti piace così tanto che io ti dica ti amo?

E quando il messaggio venne inviato mi guardai allo specchio. Non avevo idea di che serata aveva organizzato, avevo anche paura in realtà. Era stato così evasivo, ma soprattutto il suo “ci metteremo un po' in ridicolo” della telefonata della sera prima mi aveva fatto sbattere le ciglia più volte come un deficiente. Ero preoccupato sul serio, ma mi fidavo. Dal suo tono di voce divertito dedussi che sì, probabilmente ci saremmo divertiti senza nessun tipo di problema. Mi leccai le labbra, il solito look poteva andare bene alla serata, no?

Suona bene detto da te....

Il suo messaggio mi lasciò un po' perplesso, forse un po' frastornato. I miei pensieri cominciarono a viaggiare lontani, su una sua possibile dichiarazione. Come sarebbero suonate dalle sue labbra? Come lo avrebbe detto? Ma soprattutto, lo avrebbe mai fatto? Mi mossi a disagio, forse quella maglia non andava bene col resto, né con i capelli né con i pantaloni chiari. Oh mio Dio, perché mi rendevo la vita così complicata per nulla? Buttai fuori l'aria, respirai nuovamente e mi guardai. Cosa avrei potuto rispondergli? Da lì a breve ci saremmo visti, lui sarebbe arrivato con la sua solita auto e il suo solito fascino, io sarei sceso con la mia solita ansia.

Ti amo.

Potevo trovare qualcosa di meglio? Probabilmente no e se quella era l'unica cosa che voleva sentirsi dire, allora glie l'avrei ripetuto all'infinito. Lo sentii ancora, il cuore a pulsare nervosamente dentro alla gabbia toracica, per l'ansia e l'amore traboccante per lui. Era assurdo il modo devastante con cui mi aveva colpito, con cui mi aveva portato ad annegare fra i sentimenti, fra l'amore potente. Assurdo che lo amassi ancora prima di conoscerlo, ancora prima di sapere qualcosa su di lui.

Puoi ripetermelo adesso?
Apri la porta.

Scossi la testa pesantemente quando mi resi conto del messaggio. Era qui, perciò respirai e mi diedi un'ultima sistemata ai capelli. Mi avviai alla porta e la solita ansia prese possesso del mio corpo. Perché doveva essere sempre così fra noi due? E adesso, a due giorni dal mio ti amo, come sarebbe stato? Imbarazzante? Meglio, peggio? Forse, rimuginarci sopra quando Harry era proprio dietro la porta non era la cosa più giusta da fare. Aprii semplicemente, trovandomelo bello come non mai. La prima cosa che notai furono le sue gambe lunghe strette in un paio di skinny jeans neri, gli stivaletti marroni ai piedi e infine una stramaledetta camicia nera aperta sul petto. Era così eccitate che non pensai nemmeno alla figura da deficiente che feci, probabilmente. Le labbra mi si schiusero senza volerlo, gli occhi mi uscirono fuori dalle orbite. Aveva tagliato i capelli, li aveva tirati su con del gel e quelle bellissime mani piene di anelli mi fecero pensare a molte cose, cose che non avrei dovuto proprio in quel momento. “Chiudi la bocca”, mi sussurrò avvicinandosi di qualche passo fino a sfiorarmi la spalle con la sua e la sua mano a chiudermi la bocca spingendo il mento verso l'alto. Scossi la testa, che figura da idiota! “Scusa” farfugliai imbarazzato. Mi guardò, mi richiusi la porta alle spalle e mi si avvicinò languido. Senza volerlo mi ritrovai con le spalle alla porta, le sue mani ai lati della mia testa e la sua inclinata verso destra. Il suo sorriso furbo, almeno tanto quanto lo sguardo che aveva, mi fece trattenere il respiro. Sarei anche potuto morire, ma in quel momento non m'importava. “Non ti scusare, mi lusinghi” si leccò le labbra, gesto che i miei occhi colsero attimo per attimo. Gesto che mi mandò fuori di testa. Fu istintivo, mi sbilanciai in avanti e gli morsi il labbro. Non sembrò sorprendersi per niente, l'unica cosa che fece fu chiudere gli occhi e abbandonarsi alle mie attenzioni. Non resistetti, quando lo vidi inclinare di poco la testa indietro, leccai la sua mascella fino ad arrivare alla carne bianca e calda del suo collo. Lo sentii mugolare soddisfatto, le mie mani si abbandonarono sulla sua schiena, sfiorandolo con dedizione, mentre le mie labbra corsero a lambire e succhiare la sua pelle. Nella mia testa vorticarono semplicemente delle immagini nostre a letto, delle immagini in cui il sesso non era più una cura al suo cuore spezzato ma semplicemente un piacere per entrambi, una nuova cura al mio di cuore. In cui il sesso era amore. Succhiai così tanto da sentire tutti i suoi muscoli tendersi, mi staccai di poco notando un grosso segno rosso sul suo collo. Era un marchio, un mio marchio. Era mio e lo dimostrava quel segno rosso. Aprì di scatto gli occhi portandosi una mano su collo, sfiorando appena il succhiotto poi si specchiò nei miei occhi. Per un solo secondo deglutii agitato. Avevo sbagliato? Non dovevo? Ma quando sentii le sue di labbra sul mio collo, i miei pensieri vennero spazzati e rimpiazzati da quel piacere perverso che sentii crescere dentro alla pancia. “Louis, sei bellissimo, maledizione” si lasciò scappare. Le sue mani non ebbero pace. Le sentii correre sulle mie guance, poi scendere verso le scapole, sulla schiena, sulle cosce alla fine si fermarono sul mio culo. Lo sentii stringere forte e quei grossi palmi sembravano fatti per me. Per contenermi. “Oh mio Dio”, mormorai sentendolo succhiare la mia pelle allo stesso modo. Senza volerlo, portai le mie mani a sfiorare il suo petto scoperto, infilando le mani al di sotto della sua camicia. Era così bello, eccitante. Gli sfiorai persino le vene in rilievo del collo, le scapole dure e la pelle morbida. “Fermami, per favore” mi sussurrò all'orecchio, con una disperazione tale da sentire le viscere contorcersi. Alzai lo sguardo su di lui, vedendo i suoi occhi più scuri, più liquidi del solito. Era terribilmente bello, le guance rosse, le labbra bagnate e gonfie. Come avrei anche potuto pensare di fermarlo? “E se non volessi?” chiesi mordendomi le labbra. “Non farlo, non morderti le labbra” e quando si spalmò molto di più sul mio corpo sentii un grosso principio di erezione sbattere contro la mia. Spostò le sue mani dal mio culo al muro, nella stessa identica posizione di prima. Mi guardò, con il respiro pesante, gli occhi ardenti di passione e il corpo caldo ad emanare sesso da ogni poro. Avrei tanto voluto togliergli di dosso quei maledetti vestiti. E sarebbe stato davvero molto facile, gli avrei strappato di dosso quella camicia facendo saltare ogni bottone, gli avrei lasciato addosso solamente quel foulard nero morbido al collo, solo per un mio perverso piacere personale. “Harry” provai a dirgli. Ma mi bloccò ancora una volta con un bacio a stampo. “Ascoltami, ricordi quello che ci siamo detti quando sono tornato?” annuii poco deciso. “Sì ma, insomma io ti ho fatto...” m bloccò ancora una volta. Il mio viso doveva essere un insieme di colori e vergogna. Perché sentii le mie guance accalorarsi, almeno tanto quanto il mio corpo a così stretto contatto col suo. “Lo so, ma non siamo andati oltre e.... vorrei davvero rispettare quel patto, voglio dimostrarti che ne sono capace” e fu come se stesse sfidando se stesso. Probabilmente era vero, non voleva dimostrare solamente a me certe cose, voleva dimostrare a se stesso di essere cambiato, di potercela fare senza nessun tipo di problema. “Lo capisci vero? Non ti sto rifiutando, oh Dio ti prenderei in questo momento contro questa porta ma...” lo bloccai semplicemente poggiandogli una mano sulle labbra. Mi guardò col respiro incastrato in gola, alla fine feci scivolare la mano sul suo petto e lo guardai. “Certo che lo capisco...” mugolai sistemandogli la camicia che avevo sgualcito nel momento esatto in cui ci avevo infilato le mani dentro. Mi morsi le labbra, sentendomi quasi come una mamma col proprio figlio. Le mie mani scivolarono sulle sue spalle sistemandolo con attenzione, spazzolando via le pieghe con dedizione. In realtà, tutto quello mi aiutò a distrarmi dalla voglia che avevo di lui. Finii persino ad immergere le dita fra i suoi capelli, lisciandoli all'indietro a più non posso. Il modo in cui tirai le ciocche gli fece chiudere una mano sul mio polso, lo guardai preoccupato di avergli fatto male. “Non farlo, mi eccita” e sentire la sua voce incrinata dall'eccitazione, roca e bassa mi fece districare la presa sui suoi capelli ed abbassarla contro i fianchi. Si morse le labbra guardandomi con gli occhi brillanti, di un verde così bello da annegarci dentro. “Mmh, quindi, dove andiamo?” cercai di recuperare. Era possibile farlo, no? Non era difficile, bastava solamente guardarlo negli occhi e pensare a quello che avremmo fatto quella sera. Il fatto che vedessi delle nostre immagini a rotolarci fra le lenzuola non aiutava, ma ero sicuro di poter eliminare quell'immagine. “So che stai provando a non pensarci, Louis, ma non sarà così facile” rise quasi sogghignando. Evidentemente divertito dalla situazione venutasi a creare. “E' colpa tua” m'imbronciai incrociando le braccia al petto. Proprio come un bambino piccolo. “Mi pare che la situazione piacesse anche a te” mi guardò con quel suo sguardo da predatore, il sorriso furbo e languido sulle labbra, le mani sui fianchi in una posizione quasi di attesa. Mi fece ridere poco, era così carino. “Non ti sbagli” a quel punto si allontanò scuotendo la testa. Probabilmente si aspettava da me una negazione, la risposta pronta gli era sicuramente rimasta incastrata in gola. “Che dici, andiamo?” fece alla fine, mi sorrise socchiudendo appena gli occhi allungandomi una mano. Inizialmente non capii, ma quando l'afferrai lo notai intrecciare le sue lunghe dita alle mie. Sbarrai gli occhi, sentendo il sangue defluire sulle guance, era un gesto inaspettato il suo. Evitai di sospirare come una ragazzina per evitare altre figure di merda, ma quando alzai lo sguardo su di lui lo scorsi ad osservare l'aggroviglio naturale delle nostre mani. Sembrava studiare con attenzione ogni più piccolo dettaglio, senza tralasciare assolutamente nulla di quel mix, che ai miei occhi parve perfetto. Potevano due mani appartenersi in quel modo? Forse ero io a vedere cose assurde, ma mi parve di sentire ogni cosa tornare al suo posto, come se quella stretta avesse riportato tutto nel verso giusto. Sorrisi mordendomi le labbra, impacciato ma felice. Mi sentii trascinare lungo il corridoio e senza commentare quel gesto, afferrai le chiavi di casa e il portafoglio mettendoli in tasca velocemente. Mi lasciai tirare giù per le scale, l'ascensore venne immediatamente scartato da lui stesso. Nessuno dei due parlò, si era appena venuto a creare una sorta di patto silenzioso, una sorta di accordo fra noi due. Solamente quel gesto e la sua improvvisa risata euforica. Sembrava finalmente dimostrare i suoi diciannove anni. Sembrava finalmente un ragazzino, uno della sua età. Sembrava finalmente essersi lasciato andare. Era ciò che volevo, vederlo ridere per nulla, spensierato come meritava di essere. Forse, tutta quella pesante situazione con la sua famiglia, la successiva con Liam e i sensi di colpa nei miei confronti lo avevano oppresso così tanto da sopperire quella sua parte fanciullesca. E quando mi bloccai di fronte la sua auto, con un sorriso a trentadue denti, mi fu addosso, facendomi rabbrividire. Mi baciò le labbra con dolcezza per poi lasciarmi andare e aggirare l'auto per poterci entrare dentro. Rimasi quasi scioccato. Tutto quello mi era improvvisamente parso il comportamento di una.... di una coppia. Il mio cuore scoppiò assieme al mio cervello a quel pensiero. Era troppo, troppo da credere e sopportare per me. Quando lo sentii battere due dita sul finestrino mi voltai e lo fissai, un sorriso bellissimo a fare capolino da dentro. Mi morsi le labbra ed entrai, semplicemente eccitato. Quella serata era diversa, c'era decisamente un'atmosfera diversa. Che il mio ti amo avesse portato delle novità? E probabilmente doveva essere successo davvero, perché non fece altro che ridere e poggiare la mano dal cambio al mio ginocchio. Parlò come uno della sua età, scherzò come se fosse ritornato ragazzino. E non riuscii a sentirmi più felice di così. Tutta quella situazione era incredibile. “Un pub?” chiesi stupito quando notai l'insegna. Mi parve di rivedere uno degli appuntamenti precedenti, e quando rise mi venne quasi la pelle d'oca. “Taci” fu tutto ciò che disse fino a che non posteggiò l'auto e mi trascinò mano nella mano, ancora, dentro al locale. Nessuno ci guardò, nessuno ci fece caso e mi sentii così bene da far scoppiare il cuore. Incredibile, sembravano due fidanzati. Poteva esserci sensazione migliore di quella? “Cosa vuoi da bere?” mi chiese una volta seduti. Guardai il menù posto sul tavolo e scrollai le spalle, “scegli tu” e sorrisi. Mi fece un occhiolino e scappò verso il piano bar. Mi guardai attorno riconoscendo quel posto, mi era capitato anni prima di passarci delle serate sporadiche. Ricordavo ancora le infinite band da quattro soldi ingaggiate solamente per tenere un po' il pubblico allegro, fallendo miseramente in ogni caso. “A te” l'improvvisa comparsa di Harry alle mie spalle mi spaventò. Mi poggiò il bicchiere davanti al muso rimanendo in piedi dietro di me. Mi poggiò i palmi sulle spalle lasciandomi un languido bacio appena sotto all'orecchio. “E' qualcosa di forte, vacci piano” mi morse il lobo per poi abbandonare la sua postazione. Si sedette di fronte sorridendomi calorosamente. Sentii uno strano freddo dentro non appena la sua presenza scomparve, tanto da rabbrividire. Un cameriere ci osservò da lontano e ad un gesto veloce e fulmineo di Harry scattò in avanti portandoci degli stuzzichini. Patatine, noccioline e chissà quanta altra roba. “Ti fidi di me?” se ne uscì improvvisamente, facendomi boccheggiare. Una patatina a sbriciolarsi sulle mie labbra. “Sì Harry, oh mio Dio perché?” gli chiesi, il mio era un misto di ansia, preoccupazione e curiosità. Perché no, anche eccitazione. “Farai quello che sto per fare io?” chiese ancora, si morse le labbra in un chiaro tentativo di sopperire la sua risata infame, fallendo. “Harry, devo preoccuparmi?” feci una smorfia seria che scambiò per qualcosa di divertente perché iniziò a ridere senza freno. Fu davvero difficile resistere al suono della sua risata, perciò mi lasciai andare anche io, senza un apparente motivo contro la sedia, ridendo come un cretino. “Forse, stai a guardare tesoro” e il mio mondo si fermò esattamente al suo nomignolo. Non mi accorsi di vederlo alzarsi, non mi accorsi di aver annuito, non mi accorsi che sì, quella sera ci saremmo messi in ridicolo per davvero.

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