Il ringraziamento

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Era la mattina della partenza, sarei andata con Zac a Portland da sua madre, il suo compagno e figli de suo compagno.

Ero nervosissima anche perché mi sentivo di troppo; per la madre di Zac era la prima volta che incontrava i figli del suo compagno, e io ero li ad assistere.

Prima di salire sulla macchina mi era quasi preso un attacco di panico e non volevo assolutamente partire.

Ovviamente Zac con tutta la sua gentilezza, aveva minacciato di lasciarmi li da sola nel cortile di casa senza chiavi e andarsene.

Non volevo rimanere da sola a San Francisco e per di più fuori casa, quindi mi feci passare a forza l'attacco di panico e salii sulla sua maledetta jeep.

Zac mi aveva già avvisata, dicendomi che il viaggio sarebbe stato lungo...aveva ragione da vendere.

Quelle che passammo in quell'auto mi sembravano ore interminabili, infatti solo dopo 6 estenuanti ore, abbiamo raggiunto la nostra meta.

La casa in cui era cresciuto Zac a parer mio era stupenda.

Emanava un certo calore, quello che dovrebbe emanare una casa abitata da una famiglia, non come la villa immensa e fredda in cui abitavo io a Washington. Non l'avevo mai considerata "casa", ma semplicemente un posto in cui tornare a dormire la sera.

Il fuori della casa dei Whitmann  era fatto di mattoni rossi  e dava un tono rustico alla casa, mi piaceva.

Doveva essere stato un gran bel posto dove passare la propria infanzia, da quello che si è lasciato scappare Zac, mi aveva accennato al fatto che i suoi erano separati e che quando stavano ancora insieme, a casa non si respirava un aria troppo armoniosa.

Del resto, chi meglio di me poteva sapere cosa voleva dire avere un'infanzia complicata?

Ci presentammo davanti alla porta di legno massiccio verniciata a mano con un bellissimo colore blu, e  Zac suonò il campanello.

La mamma del mio coinquilino venne ad aprirci la porta con un sorriso che andava da un'orecchio all'atro, si vedeva subito che era contenta di vedere il proprio figlio.

Mi accolse come se fossi stata anche io figlia sua, e questo mi fece scoppiare il cuore di felicità, mi chiedevo per quale motivo una persona che mi vedeva per la prima volta doveva essere così cordiale e accogliente con me. Non faticai a trovare la risposta, che alla fine dei conti era solo una: non tutti erano mia madre, per fortuna.

Mi trovai completamente disorientata di fronte a tutto quell'affetto, dato che non ero solita riceverlo.

Zac mi guardava stranito.

«Che c'è?» chiesi notando che mi stava osservando.

«Nulla, solo che sei molto più silenziosa del solito e mi chiedevo come mai.» 

Come al solito me lo chiese scherzando, ma questa volta nel tono della sua voce c'era ben oltre la sua solita ironia.

Decisi di aiutare la mamma di Zac ad apparecchiare la tavola per la cena, ero super emozionata poiché era passato molto tempo dall'ultima volta che ero stata ad una cena di famiglia, con persone che tengono davvero l'una all'altra e si vogliono bene.

Quando c'era papà e Denise era tutto diverso, mamma era diversa.

Con loro se ne è andata anche la parte amorevole di mia mamma.

Avrebbe voluto stare con il marito per sempre, lo amava da impazzire. Io e Denise eravamo sempre in secondo piano, lo aveva sempre esplicitato, ma a noi andava bene così, perché l'importante era vederli felici.

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