Washington

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Il viaggio non fu per nulla piacevole.

Continuavo ad agitarmi e preoccuparmi per mia madre.

La cosa brutta era che avevo sperato sin dalla morte di Papà e Denise, che le succedere qualcosa di simile, poiché mi rendeva la vita impossibile. Ora che si trovava veramente in quella situazione mi sentivo incredibilmente egoista.

Non pensavo mai al fatto che anche lei avesse perso un marito e una figlia, pensavo solo a quanto mi trattasse male e a quanto il suo comportamento fosse ingiusto nei miei confronti.

Non ci trovavo una ragione, mi chiedevo sempre: perché, perché non mi volesse come ne voleva a Denise e a Papà.

Anche io avevo perso le persone più importanti della mia vita, eppure non ero cambiata, almeno non credevo di essere cambiata.

È vero, ho sempre detto che mia madre mi aveva sempre voluta in un certo modo, sfruttando la mia infanzia eccetera, eccetera, ma le cosa cambiarono assai in peggio dopo l'incidente.





Quando atterrai all'aeroporto di Washington il peso che avevo allo stomaco si ingigantiva sempre di più.

Chiamai un taxi per raggiungere l'ospedale.

Non riuscivo a stare ferma e di conseguenza non riuscivo nemmeno a calmare il battito del mio cuore che impazziva di paura.
Mi trovai in giro di pochi minuti, di fronte all'imminente facciata dell'ospedale principale della città.
Feci un respiro profondo e mi decisi ad entrare.
Mi precipitai alla reception, chiedendo di mia madre.
«Mi scusi, chiedo per mia madre. Chris Rogers.»

La ragazza seduta davanti al computer era molto giovane, si mise a cercare il nome di mia madre tra i pazienti presenti nella struttura e mi comunicò che non si era mai presentata una donna con quel nome.

Bella sorpresa.

Iniziai a collegare tutti i fili, e capii che lo aveva fatto per avermi a casa per il suo stupidissimo gala.

Negli ultimi anni aveva fatto pazzie, ma far credere alla propria figlia di essere finita in ospedale, per farla partecipare ad un gala...beh, questo era proprio da matti.

Ero incazzata nera.

Richiamai quello stupido taxi, andai a casa di mia madre.

Ero pronta a tirare fuori le unghie se fosse stato necessario.

Per la prima volta dopo tanto mi sentivo a casa, e come sempre mia madre ha avuto il coraggio di rovinarmi la giornata.

Non appena il tassista mi lasciò davanti casa di mia madre, ebbi subito come una sensazione di nausea irrefrenabile, mia madre mi faceva ribrezzo.

Non ero ancora riuscita a digerire tutto quello che mi era successo in quella casa, e il mio piano era di non tornarci mai più.

Invece per l'ennesima volta aveva vinto la vipera, era riuscita nel suo intento, rovinarmi la giornata per migliorare la sua. Che figura ci avrebbe fatto se al suo importantissimo gala per super ricchi, non si fosse presentata la figlioletta modello che di solito era sempre presente per il buon volere della madre?

Ma non si doveva preoccupare, perché da quel momento in poi sarei stata brutalmente sincera con lei.

Attraversai il dialetto ben curato, poi una volta arrivata davanti alla porta tinteggiata di rosso suonai il campanello, senza ricevere alcuna risposta.

Suonai un'altra volta.

Sapevo benissimo che mia madre era in casa. A quell'ora doveva essere sommersa da una lista lunghissima di decorazioni da appendere stuzzichini da approvare.

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