Intro

232 10 2
                                    

Dafne


Ero davvero stanca di dover sopportare l'ennesima ramanzina per colpa di qualcun altro. Non era la prima volta che succedeva nell'arco di una settimana, ed anche se avevo una pazienza infinita, mi ripromisi che avrei fatto qualcosa per evitarle in futuro. Mi guardai di sfuggita al riflesso di una finestra del corridoio constatando che il mio aspetto era impeccabile come sempre. Prima di bussare con decisione all'enorme porta di noce laccata, chiusi per un attimo gli occhi e presi un respiro bello profondo per evitare di soccombere allo sguardo freddo e arrabbiato che mi aspettava.

"Avanti" la sua voce dura mi fece stringere la mascella, abbassai la maniglia ed entrai a testa alta nel suo ufficio ormai famigliare. L'odore di tabacco mi fece storcere il naso ed il mio sguardo vagò velocemente sulle pareti troppo spoglie, la scrivania che padroneggiava al centro della stanza ed infine su di lui. Tolse il sigaro dalle labbra, poggiandolo nel posacenere in vetro spesso accanto ai documenti che stava leggendo, per poi far incastrare i suoi occhi grigi dentro i miei molto simili, solo con qualche sfumatura più chiara.

"Cos'è successo?" chiese semplicemente, indicandomi la sedia di fronte a lui per farmi accomodare. Obbedì subito senza storie, restando seduta con la schiena dritta e pronta alla sua sfuriata.

"Ci sono arrivare delle lamentele da parte di più clienti" cominciai a spiegare cercando di non distogliere lo sguardo quando lui assottigliò il suo, mostrando delle rughe intorno ad esso "sono stata avvisata di una festa non autorizzata in una suite al penultimo piano" deglutì rumorosamente.

"E chi alloggia in questa suite?" chiese passandosi una mano sull'accenno di barba che sicuramente avrebbe subito rasato.

"Nessuno, è una stanza libera" scossi la testa "è stato.." prima che potessi finire, lui alzò una mano per fermarmi.

"Ettore" terminò per me, poggiando la schiena alla sedia girevole "tuo fratello è ancora troppo immaturo per capire che facendo così rovina la reputazione di tutta la famiglia e di conseguenza della nostra catena di alberghi" incrociò le mani tra di loro.

"Ha quasi trentadue anni, non dovrebbe esserlo" ribbattei guadagnandomi un'occhiataccia da parte sua. Aaaah, guai toccare il suo  primo ed unico figlio maschio.

"Ho una soluzione migliore per farlo crescere" il suo sorrisetto non mi tranquillizzò per niente. Incrociai le braccia, aspettando che continuasse a parlare cercando di mostrarmi tranquilla. Si alzò in modo lento, mi diede le spalle guardando fuori dall'enorme finestra da cui si vedeva tutto il centro di Roma. Mise le mani dentro le tasche dei pantaloni del completo gessato che indossava, i suoi capelli brizzolati più mossi del solito "andrai via di qua" aggiunse. Aggrottai le sopracciglia.

"Cosa?" chiesi confusa. Perché se il problema era lui, dovevo essere io ad andare via?

"Tuo fratello ha bisogno di più responsabilità, quindi prenderà il tuo posto in questo albergo" si girò per incrociare il mio sguardo.

"Non puoi farlo" mi alzai di scatto, sbattendo le mani sopra la scrivania per poi poggiarmici "ho lavorato sodo per essere dove sono ora!" mi lamentai. Avevo quasi trent'anni, ed era da quando ne avevo venti che cercavo di farmi valere in questo albergo. Ed ora che ci ero riuscita, venivo mandata via per colpa di mio fratello?

"Lo so. Per questo meriti qualcosa di più di un semplice posto da responsabile" si avvicinò nuovamente alla sua scrivania, prese la cartellina che stava leggendo e me la porse. Mi raddrizzai, assottigliando gli occhi scettica e l'afferrai aprendola subito per leggere il contenuto. Alzai un sopracciglio scorrendo lo sguardo su quelle parole nere.

The Babylon Hotel - Guè PequenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora