Margot

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QUELLE TESTE DI MINCHIA DEI MIEI FRATELLI AVEVANO ORGANIZZATO UNA FESTA.Luci colorate, musica a palla e ragazze che si strusciavano su dei ragazzi. Tutto ciò era estremamente cringe. Peró ora dobbiamo focalizzarci su di me, avevo i capelli disordinati, indossavo solo un top corto, (molto corto) grigio e dei pantaloncini  che mi erano stretti. Che figura di merda. Cercai disperatamente Jacemes, vidi che stava parlando con un ragazzo. Mi avvicinai e notai che quel ragazzo era colui che mi aveva buttato l'acqua addosso stamani " Dobbiamo parlare" dissi incazzata a mio fratello " Goditi la festa sorella per una volta " rispose James " ma c'è la fai, è mezzanotte e ora la mamma torna, se vede tutto questo casino siamo nei guai " risposi nera " Fra un'ora finisce tutto, divertiti " continuó lui ubriaco, ok dovevo parlare con Derek. Nel frattempo c'era il ragazzo di stamattina che continuava a fissarmi il seno " Tesoro la mia faccia è qua " dissi seria, mi dava fastidio il suo sguardo su di me. " Si ma sta calma " dichiaró il ritardato. Me ne andai avevano tutti rotto le palle in un modo assurdo. Tornai in camera mia, chiusi la porta e mi buttai sul letto. Presi il mio MacBook e inizia a scrivere. Dopo un po' non ero più comoda sul letto quindi decisi di uscire in terrazza, mi sdraiai su un divanetto. Le AirPods stavano riproducendo " Stone Cold " di Demi Lovato, ammiravo ammagliata il paesaggio e le parole mi vennero automatiche

"Guardava quei frammenti di vetro,fragili ma taglienti. Osservava il suo manto, ferito ma resistente. Ammirava se stessa, morta ma viva come non lo era mai stata. Si chiedeva quale fosse il senso della vita. Si domandava il perché dell'universo. Collassava psicologicamente alla ricerca estenuante del perché. Quel perché che accompagnava anaforicamente molte domande. Perché io ? Perché questo ? Perché noi ?
Non si diede mai una risposta perché una risposta non c'era. Il vento infrangeva aggressivamente la sua persona, era come una lama affilata che veniva forgiata sul suo volto. Ammirava il mare cobalto in tempesta. Le onde si insinuavano impetuosamente nel contesto naturale. E lei era ancora la, stesa, aveva 7 minuti. "Bastano 7 minuti per chiarire tutti i miei dubbi" si domandava. Anche a questo quesito non diede mai una risposta. I dubbi sono solo piccoli pensieri accumulati nel tempo, che diventano grandi domande.Assomigliava al fiore innocuo, invece era il serpente sotto di esso.
Passarono i secondi, i minuti e le ore. Lei se ne andò. " perché " si chiedevano. Non lo so, pensai. La volevo con me. Se ne andò nell'ignoto e arrivò consapevole della vita. Il peso del silenzio era estenuante, mi chiese " perché ", le risposi " non lo so " . Sapevo solo che era arrivata l'ora di smettere di mettere virgole dove avrei dovuto mettere punti. Non ebbe più dubbi e per la prima volta era libera dalla sua coscienza"
Mi piace scrivere di argomenti random, non cerco mai di strutturare una vera e propria storia. Dalla terrazza notai molti ragazzi che uscivano di casa, finalmente se ne stavano andando. Poggiai il computer e scesi dai miei fratelli, i quali stavano ripulendo tutto il disordine. Con loro vidi anche un ragazzo girato di spalle. " Mamma mi ha scritto che sta sera dorme da Matthew, perché ha fatto tardi " urlai dalla cucina, nel mentre mi bevetti un bel bicchiere di spremuta d'arancia. " Ah beh allora Josh puoi rimanere da noi " continuó James. "Chi è Josh" chiesi ad alta voce, il ragazzo incappucciato si giró. Era perfetto, occhi ghiaccio, capelli ricci mori. Li stava aiutando a pulire " Piacere Josh, Josh Taylor " mi disse, rimasi ipnotizzata dai suoi occhi. Rimasi ad ammirarlo per 5 minuti, cercavo di individuare tutti i dettagli più nascosti. " Oh Tori sei fra di noi " domandó Derek " Uhm si scusa eccomi, va bene si Josh rimani ti mostro la camera " dichiarai io salendo le scale " Ah ma tranquilla non preoccuparti io dormo anche sul divano" comunico imbarazzato Josh "No dai vieni ti accompagno" continuai io, mi seguí al piano di sopra, attraversammo un lungo corridoio buio, arrivammo in una grande camera, nel centro era posizionato un letto matrimoniale. La stanza aveva le pareti bianche, il parquet chiaro, due finestre, una scrivania ed era ben arredata. Era la camera di Margot, mia sorella maggiore che venne a mancare due anni fa a causa di un incidente stradale, ogni giorno mi manca sempre un po' di più. Ricordo i suoi abbracci e i nostri litigi, tutte le passeggiate che facevamo e tutti i bei momenti che abbiamo vissuto. Entrare in questa camera era come vivere un pezzo di lei ancora per una volta. " Entra" dissi fredda, invasa da migliaia di brividi " Che bella stanza" rispose lui toccando le soffici coperte " Notte Josh" continuai uscendo dalla camera " Notte Vitto" finí il ragazzo

Honey, I don't need a sugar daddy, cause I'm my own sugar daddyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora