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-In che senso?- chiese Jeffrey, domandandosi se i fumi che percepiva annebbiargli la ragione fossero dovuti al sonno, alla stanchezza o a Evan stesso.

Suo fratello si strinse nelle spalle e impiegò qualche secondo prima di rispondergli, sorseggiando il suo caffè con aria indecifrabile.

-A Keith piacciono molto i bambini. Era una cosa che penso mi aspettassi, prima o poi, anche se mi è arrivata come una richiesta a cui non ero preparato-
-Una richiesta?-
-Più o meno. Ha preso l'argomento molto alla larga, ma il punto è questo: gli piacerebbe avere dei figli-
-Uhm- fece Jeffrey e, quella volta, toccò a lui restare in silenzio.

"Avere dei figli" era una cosa che Jeffrey non aveva mai contemplato per sé – un po' come aveva scartato a priori il matrimonio. Era cresciuto all'interno di un ambiente sterile di sentimenti, dove si "producevano" figli, con obiettivi poco nobili. Lui sarebbe dovuto essere l'erede dei Major e suo padre, da bravo borghese con mentalità d'altri tempi, aveva fatto di tutto per crescerlo e plasmarlo affinché diventasse l'immagine di orgoglio e perfezione della loro famiglia.

Jeffrey Senior non era riuscito nei propri intenti: aveva scartato il figlio, esattamente come se fosse un prodotto di fabbrica mal riuscito, e si era concentrato su Evan. Aveva fallito pure con lui e allora si era trovato una nuova moglie, aveva avuto un altro figlio e, da ciò che aveva appreso l'ultima volta in cui si erano incontrati – un anno e mezzo prima, proprio al matrimonio di Evan e Keith – era nuovamente impegnato nella costruzione dell'immagine del suo nuovo erede.

Era un "sistema familiare" che Jeffrey trovava malato, antidiluviano e insensato.

Non era stupido, quindi sapeva che il problema della loro famiglia era suo padre – anche se sua madre non faceva assolutamente nulla per essere migliore di lui –, ma crescere con un uomo così aveva spento in Jeffrey ogni desiderio di "famiglia" – intesa in senso canonico.

Preferiva di gran lunga la famiglia che si era costruito nel tempo, con Daniel, Evan e tutti gli altri amici. E immaginava che Evan nutrisse riguardo ciò dei pensieri molto simili ai suoi. 

-Avete approfondito l'argomento? Non è che stai scappando dal confronto con tuo marito, vero?- gli chiese e l'altro sorrise imbarazzato.
-Nessuna fuga. Gli ho chiesto un po' di tempo per riflettere sulla cosa. Non mi ci vedo come papà, ma Keith mi ama e vede in me cose che io... Beh, cose che io credo di non avere-
-Per questo sei qui?-
Evan annuì.

-Tu mi conosci da sempre, in pratica. Avevi... undici anni? quando siamo diventati fratelli?-
-Dieci e tu quindici-
-Mi ci vedi a fare il papà?-
Jeffrey si strinse nelle spalle.

-Ti aspetti che smonti tutti i castelli di Keith e che ti dica che saresti un pessimo padre perché noi non ne abbiamo avuto neanche il più piccolo buon esempio... o qualcosa del genere?-
Evan aggrottò la fronte e lo fissò stranito.

-Perché mi stai attaccando?- gli chiese, stupito dalla reazione dell'altro.
Jeffrey tornò ad accarezzarsi il labbro inferiore con un pollice, distogliendo lo sguardo da lui.

-Perché... detesto che lui abbia ancora tutto questo potere su di noi. L'hai invitato al tuo matrimonio, anche se ti aveva già disconosciuto. E oggi sei qui a chiedermi se saresti all'altezza di crescere un figlio. Sai quanto bene ti voglio, la stima che ho nei tuoi confronti. Dovresti smetterla di ripeterti mentalmente tutte le accuse di Senior-
-Non lo sto facendo...-

-Com'è che ci diceva sempre?- lo interruppe Jeffrey ed Evan si irrigidì, capendo immediatamente a cosa si stava riferendo. -Che non eravamo buoni neanche come arredi. Incapaci, stupidi, brutti, sgraziati. E non dimentichiamoci la sua accusa preferita: affatto virili-
-"Non c'è nulla in voi che possa salvarvi dall'essere schiavi della società"-
Jeffrey rise con amarezza.

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