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-Wow. Non sapevo possedessi anche un'utilitaria- disse Evan, fermandosi davanti l'anonima automobile che, aveva appena appreso, essere di proprietà del fratello.

-Girare per Skid Row in limousine stava rischiando di diventare un pericolo per la mia vita e quella di John- spiegò Jeffrey, indicando con un cenno del capo il suo autista, mentre quello gli apriva la portiera per farlo entrare in auto.
Evan scosse la testa e seguì il fratello dentro l'abitacolo.

-Keith?- gli chiese Jeffrey e lui si strinse nelle spalle.
-Aveva un appuntamento improrogabile, mi ha detto- gli rispose Evan, effettivamente infastidito dall'assenza del marito. Tuttavia, proprio come aveva riferito all'altro, Keith non era lì perché, a quanto pareva, aveva qualcosa di "più importante" da sbrigare – anche se non aveva voluto dirgli cosa. Eppure Evan percepiva un fastidioso prurito tra le scapole, che gli suscitava la sensazione di doversi preoccupare per l'assenza del compagno a quell'incontro.

"Cosa può esserci più importante di questo?" si domandò e subito gli balearono tra i pensieri un paio di risposte che non gli piacquero per niente, perciò preferì mettere da parte la propria curiosità a riguardo.

I due avevano ricevuto un messaggio da parte di Jeffrey poco dopo pranzo, ma Keith era stato già pronto per uscire e aveva deciso di non cambiare i propri programmi, mandando il marito da solo a quell'incontro.

Da ciò che aveva detto loro suo fratello, avrebbero dovuto incontrare e parlare soltanto con Lily e Nate, di nuovo, quindi Evan poteva provare a giustificare il marito, anche se gli fu davvero difficile accettare di trovarsi da solo in quella situazione specifica.

Arrivarono a Skid Row che il cielo sopra le loro teste si era tinto di colori sgargianti, di una patina sottile arancione che pareva avere inglobato in sé ogni più piccola particella di celeste. Faceva caldo per essere il primo dell'anno, ma anche quella non era una novità per Los Angeles: l'aria era diventata di colpo pesante, piena di terra sottile in grado di seccare la pelle, facendola tirare sui muscoli come se fosse in procinto di spaccarsi. Era una conseguenza climatica dovuta alla vicinanza con il deserto e che impediva alla Contea di vivere un clima più mitigato pure durante i mesi invernali.

Evan indossò gli occhiali da sole per evitare che le polveri sottili gli finissero dentro gli occhi e scese dall'auto, trovandosi davanti un residence che conteneva diverse roulotte. Davanti la cancellata di rete, sormontata da filo spinato, videro Nate, intento ad aspettarli. L'uomo gli sorrise e andò loro incontro. Diede una pacca su una spalla di Evan, come a volergli trasmettere positività, ma lui si sentiva troppo teso per poter ricambiare l'entusiasmo dell'amico. Si sforzò di sorridergli lo stesso e lo seguì, mentre Jeffrey iniziava a chiacchierare con Nate di cose che Evan non riuscì ad afferrare, troppo distratto dal paesaggio desolato che lo circondava.

Auto abbandonate, finestre sbarrate, edifici grigi e fatiscenti che si opponevano alle roulotte rendendole agli occhi quasi piacevoli rispetto al resto. Eppure non era neppure ciò la parte peggiore, dato che fu la visione delle persone sparse per la strada a stringere il cuore di Evan in una morsa dolorosa: un paio di uomini sedevano sul marciapiede intenti a scambiarsi oggetti che lui preferì ignorare di riconoscere. Una ragazza stava in piedi vicino a un lampione, vestita con abiti troppo pesanti per le temperature miti di quel giorno, eppure stringeva con forza le braccia intorno al busto esile, gli occhi bassi, fissando un punto imprecisato sull'asfalto. C'era un altro uomo, poco più in là rispetto l'ingresso del residence, che aveva fatto di una porzione del marciapiede e un pezzo di cartone il proprio letto improvvisato. Due donne giravano con dei carelli della spesa, frugando dentro i cassonetti dell'immondizia, chiacchierando amabilmente tra di loro, rendendo la scena ancora più grottesca ai suoi occhi.

AND THENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora