Cap.01

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23 Maggio 2022

Sono seduto sulla mia scrivania a scrivere, come un idiota, le pagine del mio diario. Dove dentro c'è davvero ogni frammento della mia vita. I miei pensieri, i miei segreti. Tutto quello che non riesco a dirgli guardandolo negli occhi.

Oggi è il primo anno che non sei con me, il primo anno che non spegniamo le candeline insieme. Siamo nati lo stesso giorno, siamo cresciuti insieme. In ogni mio passo, ho sempre avuto te al mio fianco e oggi, mi guardo intorno, guardo le mura della nostra casa e non ci sei.

C'è silenzio, c'è troppo silenzio...

Maledico quel giorno, quella notte che ha rovinato tutto. Non volevo succedesse, non avrei voluto che accadesse, ma la mia carne è stata debole.
Io con te, sono un debole.
Sono caduto in trappola.
Mi sono perso nei tuoi occhi, senza capire più niente.
Sei l'unico che ha questo potere su di me.
Sei parte della mia vita, sei la mia famiglia, il mio eroe.
Quello che mi proteggeva da piccolo, quando dei bulli di turno, mi prendevano in giro per il mio corpo. Sempre pronto a prendere pugni al mio posto, invece di pensare a se stesso. Mi ricordo ancora la frase che pronunciava, dopo ogni rissa, mentre si reggeva a malapena sulle sue gambe, per i colpi presi:
"Ti hanno fatto male?" "Non sei ferito, vero?
Ed ogni volta piangevo, come uno scemo, guardando il suo viso gonfio e arrossato a causa mia, mentre lui cercava di tranquillizzarmi e rincuorami.
Inaspettatamente con quei piccoli gesti, a poco a poco, il mio cuore si è arreso a lui. Innamorandomi perdutamente...

Di quella notte, non ricorda nulla, troppo alcool in corpo, per avere qualche frammento di lucidità, mentre io, mi attorciglio dentro, provando a dimenticare. Per continuare a guardarlo come un tempo, per continuare a sorridergli come prima.
Dimenticare? Vorrei davvero riuscirci. Premere il tasto reset, per azzerare tutto e  tornare indietro.

Io, quella notte ho perso tutto.
Ho smarrito me stesso.
La ragione. Il controllo.
Tutto quello che per anni ho cercato di tenere incastonato nel mio cuore, in una notte ho pensato bene di distruggere con le mie stesse mani.

Rischio di compromettere ogni cosa.
La tua vita, la mia vita.
La nostra bellissima amicizia.
Non ho il coraggio di ammettere la verità. Ho superato il limite e non sai quanto sono deluso da me stesso.

Porca puttana.

Adesso come un deficiente, guardo la torta al tiramisù, la nostra preferita. E, più la guardo e più le lacrime continuano a scendere da sole.

Mi manchi.
Mi manchi da pazzi.
Manca il mio amico, manca tutto di te.

Ma ho dovuto allontanarmi da te, l'ho dovuto fare per la tua felicità. Basta solo questo per me. Ho visto i tuoi occhi smarriti quella sera, quando ti sei svegliato nudo sul mio letto. E giuro, non voglio più vederti in quello stato. Vorrei confessarti ogni cosa, liberarmi di questo peso assurdo, ma ho mentito ancora.
Ancora una volta.
A te, a me stesso, al mio cuore.

Per lui è stata solo una notte di brio, dove ha alzato un po' il gomito, vomitando per tutta casa ed io ho dovuto ripulirlo per bene, rimboccandogli le coperte, come farebbe una brava mamma...
Invece, per me è stata la notte più bella e più brutta di sempre.
Notte che mi tormenta da 2 mesi. Da due fottutissimi mesi.
E, quando mi ha informato, una settimana dopo, che andava a convivere con una nuova ragazza, mi è sembrata una scorciatoia per sopravvivere..
Ma, come sempre, mi sbagliavo.
Ero in errore.

Non è servito ad un cazzo allontanarmi da te.
Non c'è più la nostra quotidianità.
La casa è vuota. Silenziosa, non c'è più chi la ravviva.

La tua risata. Cazzo quanto mi manca.
Non sentirla giorno e notte è la cosa che più mi fa diventare matto.
Ci sentiamo per telefono. Messaggiamo. Usciamo insieme di sera. Tuttavia, mancano dei pezzi di vita. Qualcosa si è rotto, lo sento. Non riesco ad essere sciolto. Sereno. Quando ti guardo, il mio cuore si sente in colpa. A disagio.

Io ti amo, purtroppo.
Ti amo e non posso urlarlo da nessuna parte. Lascio queste mie parole solo sulle pagine di questo diario, che tu stesso mi hai regalato, per il nostro quattordicesimo compleanno.

Non posso dimenticare il sapore delle tue labbra. Il calore della tua bocca. Come il mio corpo bruciava al tocco delle tue mani, come il mio viso diventava sempre più rosso ad ogni tuo bacio. Non eri tu, ma eri tu. Non eri in te, ma guardando i tuoi occhi speravo, il mio cuore sperava, che in quella luce ci fosse un briciolo di lucidità. Che fossi tu a baciarmi, che lo volessi davvero e non solo per quel fottuto alcool in corpo. Sei crollato. Sei svenuto sul mio corpo, mentre mi sentivo completamente rotto dentro. Volevo di più, ho desiderato di averti tutto per me. Di essere tuo, anche solo per una fottuta sera. Volevo amarti, volevo sentirti dentro il mio corpo. Bruciare completamente, abbandonandomi al tuo fuoco.
Maledico questi pensieri, maledico me stesso per averli fatti, anche solo per un breve istante. Ti ho tenuto stretto per una notte, solo per una notte ed avidamente ho desiderato che il tempo si fermasse in quel preciso momento. 
Poi, al risveglio vedere i suoi occhi scioccati, ha fatto un male atroce. Ho ingoiato il groppo in gola e ho sorriso come sempre, mettendo su la mia solita maschera, sul viso.
Quando, invece, avrei voluto piangere come un disperato.

Tutto è rilegato dentro il mio cuore, dentro la pelle e fa male percepirlo ancora adesso, a distanza di mesi perché so, so che per te non è stato niente.
Non è mai esistito.
Quella serata, quella bellissima, maledetta notte, la rivivo solamente io e mi torturo l'anima, mordendomi la lingua, per non gridare disperato, al mondo, quello che provo per lui .
Va bene così, mi sforzo di pensarlo.
Va bene essere solo il tuo caro amico d'infanzia.
Sono solo un tuo amico, niente di più.

Sbuffo, sentendo il mio cellulare suonare incessantemente da stamattina. Mi butto sul letto, fissando lo schermo luminoso, senza un briciolo di voglia in corpo.
Sblocco, ritrovandomi la chat intasata da messaggi di auguri e sprofondo con la testa sul cuscino, provando a non farmi venire una crisi isterica.
Poco dopo, squilla ancora e butto giù un urlo esasperato.

Zitto! Basta non rompermi più il cazzo. Zitto!

Prendo il cellulare, spazientito, a volerlo tirare da qualche parte, per farlo ammutolire di botto.

Shhh! Silenzio. Fai silenzio! Lasciatemi in pace!

Però, appena si illumina, per l'ennesima volta, intravedo il suo nome, leggo quel nome e mi blocco all'istante. Sento gli occhi pizzicare, le mani tremare e il mio respiro si ferma di botto, non riuscendo a capire più niente. Rimando a fissare lo schermo, in silenzio, fino a quando non prendo fiato, vedendo scritto: Chiamata persa.

Sprofondando nello sconforto più totale, con le lacrime agli occhi...

Lo richiamo?
Si? No?
Mi richiamerà lui?
Che cazzo faccio? Perché mi ha chiamato? Che voleva dirmi? Forse per farmi gli auguri?

Ok, sto decisamente impazzando.
Calmati. Riprendi fiato.
Così, quando provo a tranquillizzarmi, suonano alla porta.
Tempismo perfetto, direi!

Sbuffo e mi guardo due secondi allo specchio per rendermi conto del mio stato.
Faccio schifo.
Ho gli occhi gonfi e rossi. Ma fanculo! Non devo fare colpo su nessuno. Sarà la mia vicina di ottant'anni, sicuramente.
Così striscio con le mie pantofole a forma di unicorno e svogliatamente apro la porta.

"Signora Gisella, non si preoccupi stavo per spegnere la radi-.." dico, bloccandomi come uno stocca fisso, appena incrocio gli occhi più belli del mondo.

"Ma tu... tu... che.." balbetto come uno scemo..

Eh no! Calmati, respira Coglione!

"No, non sono la Signora Gisella!"

"Decisamente no..." mormoro scioccato, sbattendo le palpebre.

È un sogno.
Sto sognando.

"Posso entrare a casa mia oppure mi farai stare ancora per molto davanti la porta?" Mi domanda, con quel suo sorrisino provocante, da farmi girare la testa.

"No, Ecco... puoi entrare!" Affermo, lasciandolo accomodare e solo dopo qualche secondo, noto le valigie che tiene tra le mani.

Valigie?
Perché ha con sé le sue valigie?

Oh cazzo...!

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