Capitolo II: Sun

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The Universe Began With Our Eyes Closed
Capitolo II: Sun

'With golden string
our universe was clothed in light.
Pulling at the seams,
our once barren world now brims with life;
that we may fall in love
every time we open up our eyes.
I guess space, and time,
takes violent things, angry things
and makes them kind.'
(Sun - Sleeping At Last)

Giorno 4

Harry alza gli occhi al cielo, lascia che la pioggia gli bagni il viso.
Quella sera non dovrà fare da guida. I telescopi sono inutilizzabili, il centro di Osservazione è definitivamente chiuso. Dovrebbe tornare a casa.
Ma non riesce a tornarci; ormai è abituato a stare sveglio fino a tardi, a dormire poco e bere troppo, troppo caffè. E poi Harry ha questa sensazione strana nello stomaco, una sensazione che non gli permette di stare tranquillo e andarsene a casa sua, magari prendere un tè e leggere il suo libro in pace. Perché Harry aspetta, e non sa neanche il perché. 
Vedere quel ragazzo – Louis – è stato come vedere il cielo attraverso le lenti del telescopio per la prima volta; una vista meravigliosa, una di quelle che ti smuovono qualcosa dentro, che ti ribaltano, che ti fanno sentire come se avessi i piedi tra le nuvole e la testa vicina al terreno – una vista di cui non puoi più fare a meno.
E gli occhi di Harry non vogliono più fare a meno dello spettacolo negli occhi di quel ragazzo – Louis.
Il problema è che di lui conosce solo il nome. Non ha avuto il coraggio di chiedergli niente, perché lui è Harry Styles, e potrebbe dirti a memoria le masse di ogni pianeta del Sistema Solare, ma con le persone, con le persone è un disastro.
Harry torna dentro e si siede di fronte al braccio di un telescopio. Si guarda intorno, inizia a scuotere nervosamente una gamba. Sbuffa.
Ha bisogno di fare qualcosa, se no impazzirà.
Prende il suo libro dalla cartella e lo apre, iniziando a leggere. Hawking riesce sempre a calmarlo.
Immaginiamo però ora che la luce viaggi a una velocità finita. In questo caso, noi vedremmo le eclissi con un certo ritardo rispetto al momento in cui sono avvenute, ritardo che dipenderebbe dalla velocità della luce e dalla distanza tra Giove e Terra. Se la distanza tra i due pianeti restasse invariata, anche il ritardo sarebbe lo stesso per ogni eclisse. Di fatto, però, in alcuni periodi Giove si avvicina alla Terra; durante questi avvicinamenti, il segnale di ogni successiva eclisse deve percorrere una distanza via via minore per arrivare fino alla Terra e, di conseguenza, impiega sempre meno tempo. Analogamente, quando Giove si allontana dal nostro pianeta, vediamo l'intervallo tra un'eclisse e l'altra farsi progressivamente più lungo. L'effettiva entità di questi anticipi (o ritardi) dipende dalla velocità della luce e-
“Harry?”
Harry alza la testa di scatto e: ti prego, fa' che sia Louis, ti prego.
E non è che Harry abbia qualcosa da pregare, se non il caso, perché Dio e il Destino sono cose in cui non crede e in cui non crederà mai.
“Niall.”
Non è Louis.
“Ehi, Haz! Volevo solo farti un saluto.”
Harry guarda la sua testa bionda e il suo sorriso luminoso, carismatico, e ogni tanto vorrebbe essere come lui.
“Nialler!” dice, a mo' di saluto. “Come facevi a sapere dove fossi?”
“Forse perché passi più tempo qui che a casa tua? Immaginavo che non avessi niente da fare, vista la pioggia che c'è fuori.”
“Infatti.” Harry alza il libro che ha in mano, mostrandolo all'amico. Niall sorride, come se non fosse assolutamente sorpreso. Si conoscono da troppo tempo perché Harry riesca a farlo.
“Hai delle novità?” chiede, appoggiandosi con una spalla al muro.
“Niente di che.” risponde Harry, sperando che Niall non capisca la verità. La verità è che non ci sono novità, non per davvero, perché ha appena incontrato questo ragazzo e non sa niente di lui, però Harry aspetta, lo aspetta.
“Bene, ci sono novità. Dimmi, un ragazzo?”
Harry rimane a bocca aperta.
“Niall, ma cosa-”
“Harry?”
Una testa castana fa capolino dalla porta. Occhi dello stesso colore di Nettuno – o forse neanche Nettuno è così bello-, occhi di cui non vedi la fine – occhi che contengono l'Universo intero.
“Louis.” sussurra Harry, perché lo aspettava, lo aspettava da tre giorni.
“Ehi, scusami, non volevo disturbarti. Pensavo potessimo continuare la nostra lezione di Astronomia, se non sei impegnato.” dice Louis, guardando Niall. Tiene in mano due bicchieri di carta, e Harry vorrebbe esplodere.
“No, non è impegnato!” si affretta a dire Niall, mentre si avvicina alla porta. “Io stavo giusto andando via! Ciao, amico di Harry!”
“Ciao, altro amico di Harry!” dice Louis, e il suo sorriso è splendente, splendente.
Appena si volta, Niall fa una faccia strana e mima a Harry un: “Dopo mi racconti tutto!” silenzioso.
Appena la porta si chiude, Harry torna a guardare Louis e non ci può credere. Non riesce a credere che sia davvero lì, che abbia la possibilità di vederlo un'altra volta. Harry non ci sa fare con le persone; ci sa fare con i numeri e gli integrali e le derivate, ma non con le persone.
“Ti ho portato un tè. Non so neanche se ti piaccia – ma vorrei tanto, davvero tanto, sentirti parlare di nuovo dell'universo. È un problema?”
Harry prende il tè e ne sente il calore sulle dita, e vorrebbe dire no, non è un problema, ti ho aspettato per giorni. Invece dice:
“Di cosa vuoi parlare, esattamente?”
Louis sorride, un piccolo sorriso che illumina il mondo. “Della prima cosa che ti ha lasciato davvero a bocca aperta. Quello che ti ha sorpreso, che ti ha fatto vedere il mondo con occhi diversi.”
Harry sorride.

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