solo dove vai tu.

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parliamo di noi

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parliamo di noi. o meglio, parliamo di me e te.

ma parliamo soprattutto di te. di te, di te, di te, solo di te. voglio parlare solo di te.

tu parli solo di te, ti deve piacere che io parli di te. perché io non voglio parlare d'altro. di te e dei tuoi occhi, delle tue mani, dai palmi ampi alle dita nodose, il tuo naso piccolo con la punta come una perla, delle guance pronunciate e le labbra fini e screpolate, del collo stretto e le spalle ampie. voglio dirti cosa penso di te, cosa non riesco a sussurrarti, cosa voglio tu legga nei miei occhi, percepisca nei miei tocchi e immagini sulle le mie labbra.

voglio parlarti senza aprire bocca. quando respiri pesantemente vicino a me, voglio poterti non svegliare e dirti in sogno che un giorno ci prenderemo tutto. che il mondo sarà nostro, che sarà tuo, perché anche la mia parte di mondo apparterrà a te.

voglio sapere che ricorderai le cose che non t'ho mai detto, dalle stupidaggini sino alle confessioni più imbarazzanti.

come le nocche delle tue dita così sporgenti mi abbiano sempre preoccupato all'idea di dover, un giorno, comprare un anello e come, nonostante gli anni, le mie ginocchia ancora tremano quando mi sfiori.

parliamo di te, e parliamo di come racchiudi tutto in te. le mie città preferite, le citta che odio, le canzoni che mi ricordano l'infanzia e quelle che non sopporto, i libri che m'han lasciato un segno e quelli che vorrei bruciare.

racchiudi bello e brutto, simpatico e insopportabile, pulito e sporco, buono e cattivo, sacro e profano.

racchiudi i miei conforti e le mie paure, sono tutte in te.

parliamo della tua voce, parliamo del suo suono morbido, della sua pacatezza e del suo vizio di incrinarsi, come non avessi superato la pubertà. quel piccolo suono che emette la tua gola, che ti fa arrossire le orecchie e distogliere lo sguardo con imbarazzo, che mi fa fremere il petto.

tutte le cose che sussurrano le mie dita quando cerco le tue, seduti nell'ultimo vagone dell'ennesimo treno regionale malmesso, dimmi che le ricorderai.

voglio parlare di te e della tua mente, del tuo sapere così sconfinato, di come sei brillante. ma non dell'università, del tuo corso in scienze politiche, voglio parlare delle cose che ami davvero, dei libri che scegli, dei testi che mi consigli, delle tue analisi così approfondite ma ugualmente piacevoli e affascinanti di joyce, di morrison, della dickinson e di vonnegut.

voglio spendere ore a raccontare come ascolti. come detesti il surrealismo ma mi ascolti blaterare a ogni mostra nonostante io parli così grezzamente rispetto a te, come ricordi persino le date in cui i miei dipinti preferiti sono stati realizzati, non importa quanto disprezzi la corrente artistica a cui appartengono.

ti piace tanto parlare di te ma parli sempre delle cose sbagliate, non parli mai della luce nei tuoi occhi quando all'altoparlante annunciano che siamo arrivati a venezia, non parli mai della curva morbida della tua mano quando accarezzi un altro gatto che ti s'è avvicinato; non parli del movimento buffo dei tuoi fianchi quando, ignorando il tuo essere scoordinato, balli con me.

e parli troppo di me, quando parli di te. ma questo, forse, lo faccio anche io.

yoongi, sapessi quanto vorrei saper parlare di te senza parlare di me, senza pensare che sei troppo e questo mi fa tremare.

ho costruito un porto dove la città muore. taegiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora