Il fascino dello sconosciuto

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‘Caspita sono solo le dieci!’ Esclamai appoggiando la testa alla scrivania  stroppiando le scartoffie impigliate sotto le mie guancie. Ormai era sabato e non aspettavo altro da tutta la settimana, cosa c’è di meglio del sabato dopo una settimana di lavoro? Ah per la cronaca. Mi chiamo Kagome Higurashi, quando mio nonno è passato a miglior vita mi ha lasciato in eredità il tempio scintoista della famiglia,  dopo gli studi io e mio fratello Sota ce ne prendiamo cura, è stato trasformato in una metà turistica per poterne ricavare da vivere e quel sabato mattina avevo il compito di analizzare documenti per rendere tutto in regola e per essere aperto al pubblico senza problemi di crolli o cose simili, il che era una noia mortale.

 Il mio cellulare squillò, lessi nel display il nome della mia migliore amica. ‘Sango, vieni a salvarmi..’ risposi, ‘Kagome non temere, io e Miroku andiamo a una festa del suo capo sta sera e vorremo che venissi con noi.’ Chiese Sango, a grazie a Dio qualcosa da fare. ‘ Si Sango, ci sarò.’ Esultai. ‘ Bene tesoro mi raccomando, ti voglio sexy.’ Disse chiudendo la telefonata. Scattai in piedi rovesciando la sedia. Missione serata. Dovevo essere bellissima. Corsi verso l’uscita inciampando su mio fratello che si stava occupando di portare dentro degli scatoloni pieni di oggetti ‘fragili’ da quel che diceva la scritta sopra di esse, naturalmente combinai un casino, tutto a terra. Tagliai la corda prima che Sota potesse avere il tempo di urlarmi contro. Avevo tutto il tempo di andare a fare shopping. Mi aggiustai i lunghi capelli corvini ormai lunghi fino al sedere e mi passai un filo di trucco su i miei occhioni castani. Pronta. Parcheggiai la macchina davanti alla boutique più bella di tutta Tokyo, scesi richiudendo la mia Smart nera lucida alle mie spalle. Appena entrata la mia mente venne  inebriata da colori, gonne, maglie super attillate e vestiti diciamo, non proprio da brava ragazza. Camminando senza guardare davanti andai a sbattere sulla schiena di un ragazzo, alto e muscoloso, lui non si mosse di un centimetro mentre il completo intimo insieme al vestito che stavo per comprare caddero a terra.

‘Mi scusi..’ supplicai cercando il suo sguardo.

 ‘Ma guarda dove vai ragazzina.’ Rispose una voce scorbutica e arrogante.

 Ragazzina? Ragazzina a me? Lui che mi aveva già dato le spalle da tempo se ne fregava di avermi offesa. Gli andai dietro pronta a urlarli contro le peggio parole. Mentre lui era alla cassa e ormai l’avevo raggiunto lo toccai leggermente sulla schiena in modo che si potesse girare verso di me. Nulla, nemmeno una reazione. Mi stava ignorando. Riprovai questa volta con più forza. ‘Ehi tu! Pretendo le tue scuse!’, l’unico suono che ricevetti come risposta un una sorta di grugnito e poi un ‘ Tzè’.

Tre, due, uno…

‘Senti non ti permettere mai più di chiamarmi ragazzina, come minimo ho\ la tua età, sei solo un cafone deficiente.’ Ora potevo affermare di essermi sfogata, gli diedi le spalle fiera delle mie parole. Ad un tratto sentì due mani forti nelle mie spalle che mi costringevano a girarmi verso di lui, solo quando lo guardai bene in viso notai quegli occhi, ambrati e seducenti, un sorriso beffardo e un viso assurdo, tutto il complesso insieme al suo vestito dall’aria scioccosa lo rendeva un mix perfetto  di arroganza e fascino.

‘Come mi hai chiamato?’ chiese lui infuriato. Io mi ripresi dallo shock del primo momento, feci l’espressione più arrabbiata che era presente nel mio repertorio e gli urlai contro.’ DEFICIENTE, DE –FI- CI -ENTE! ‘  Il suo sguardo sbalordito mi rimase in presso nella mente, ‘come ti permetti piccola stupida!’ Io ormai non ce la facevo più, rossa in viso  per la rabbia lo spinsi via. ‘ Non mi toccare, cafone’ mi chinai a raccogliere i miei indumenti e le commesse che fino a quel momento erano state ad osservare il battibecco si decisero a intervenire ma non come avevo immaginato. ‘Signorina sta disturbando il Signor Inuyasha, le chiediamo gentilmente di smetterla, pagare gli articoli di sua scelta e uscire di qui.’

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