Chapter five.

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Sabato sera. Will viene a prendermi al lavoro. Il sabato è il giorno in cui tutta Baltimora si ricorda che deve prendere appuntamento, spostare l'orario o disdire. Stanchissima, salgo in macchina e andiamo a casa.

Mentre mi metto a preparare la cena come sempre, Will va a farsi una doccia.

Decido anche di preparare una torta, perciò prendo tutti gli ingredienti e mi rimbocco le maniche. Rompo tre uova in una ciotola, e le sbatto insieme allo zucchero con una frusta elettrica. Squilla il telefono. Il miscuglio di uova e zucchero mi finisce in faccia e schizza dappertutto, per colpa della disagiata me maldestra intenta a trovare il bottone per spegnere quella macchina infernale.

Corro a rispondere quando finalmente ci riesco, tengo la cornetta con una mano e con l'altra cerco di pulirmi gli schizzi in faccia.

"Buonasera, parlo con William Hawkins?"

Mi lecco le dita sporche una ad una. "No, sono..-"

"È una cosa abbastanza urgente, posso riferire a lei?"

"Certo certo, mi dica, c'è bisogno che scrivo?"

"Chiamo dal ristorante ***, c'è stato un disguido per il prossimo mese. Il matrimonio che lei ha prenotato -spalanco gli occhi fissando ogni minima molecola d'aria- ..è stato fissato per il secondo sabato di Aprile, vero?" La voce metallica perde significato e mi ronza nelle orecchie. La lingua perde sensibilità e mi ricordo a malapena come si faccia a parlare.

"M-matrimonio? Di chi?"

Inghiotto la saliva che mi si accumula in cima alla gola, secchissima.

"Eh sì, mi risultano William Hawkins e Sarah Rolland ..scusi, non è casa Hawkins? .. -non parlo più e non so cosa succeda esattamente dentro la mia testa, ma ogni circuito improvvisamente funziona al contrario o va troppo veloce. - Signora..? Signora?" Forse è così che ci si sente in preda ad un raptus.

Prendo un pannozzo vicino al lavabo e me lo passo sul viso mentre le lacrime mi invadono gli occhi. Corro nella mia stanza, prendo la valigia che ho comprato, e il borsone con il quale sono arrivata qui, ci butto dentro tutto e cerco di sfogare la rabbia sui vestiti, evitando di farmi male o di essere impulsiva. Will esce dal bagno, percorre il corridoio e si affaccia alla mia porta, "Che fai..?". Stringo i denti, stringo i pugni, poi decido che ..Cazzo! Non ne vale la pena. Perché trattenere tutta questa rabbia? Perché 'evitare di fare casini'? È già tutto distrutto, cosa sto cercando di salvare? Cosa sto preservando dalla mia rabbia? Me ne vado, rispondo. Riprendo la mia corsa col destino. Cosa? Spiegami, dai.. che succede?, chiede e si avvicina a me posandomi le mani sulle spalle.

Mi libero dalla sua presa mi volto e gli mollo uno schiaffo in faccia, che il palmo si colora e prende a formicolare, e nelle orecchie suona e risuona ancora lo schiocco.

"SEI UN FOTTUTISSIMO STRONZO. Pensavi che non avrei mai saputo che ti saresti sposato, tra un mese? Fai quello che si preoccupa tanto per me, mi dai un lavoro, un posto dove stare, mi chiedi se.. cazzo. -le lacrime mi solcano il viso, e le urla rotte, spezzate, si frammentano ancora di più, trasformandomi in una formica schiacciata, e non ho nemmeno più la forza di parlare, tremo tutta e sforzo la gola, implorandolo- Mi chiedevi se ero felice.. e cazzo, lo ero. Credevo di essere finalmente felice. Avevo tutto, ma soprattutto avevo te. Perché non me ne hai parlato? Perché mi hai dato tutto, se tu avevi già il tuo 'qualcuno'? E.. con che coraggio mi hai tenuta nascosta per due mesi?"

Lui rimane in silenzio, vinto, vinto dai suoi stessi errori. Che stronzo. Chiudo la valigia, chiudo la borsa. Mi infilo il cappotto, mi metto il borsone a tracolla, prendo la valigia, prendo la mia chitarra e imbocco il corridoio e poi la porta d'ingresso.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 10, 2015 ⏰

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