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Il cielo tutt'ad un tratto si rabbuiò, e le nuvole non sembravano essere di passaggio, infatti cominciò a piovere all'istante. E non si trattava di una pioggerella leggera, ma di gocce pesanti che cadevano a terra fragorosamente, producendo il tipico rumore dello scroscio d'acqua. Ah, dannata me che non ascolto mai le previsioni del tempo. Persino a scuola tutti i miei compagni di classe si erano muniti di felpe e ombrelli, tanto che fino a pochi minuti fa li stavo ancora punzecchiando in modo scherzoso: "Guardate che c'è un sole che spacca le pietre!". Ed ora stavo correndo sul marciapiede con lo zaino in spalla, infradiciata da capo a piedi, e per di più avevo i sintomi dell'influenza.

Davvero una bella genialata, Lily. Scossi la testa per mandare via la voce nella mia mente -quella che si faceva viva solo quando combinavo qualcosa di deplorevole e miserabile- e le goccioline d'acqua piovana, che erano intrappolate nei capelli, finirono per infradiciarmi di più il collo, provocando una serie di brividi che mi attraversò tutta la spina dorsale. Subito dopo un fulmine balenò nel cielo, squarciando le nuvole, e il tuono che seguì mi fece accapponare la pelle.

Hai paura, Lily? Ancora quell'insulsa presenza dentro di me, non riuscivo ad ignorarla. Era come una vipera che iniettava veleno nei miei vasi sanguigni, le parole che mi rivolgeva erano provocanti e acide, tuttavia il più delle volte veritiere. Perché ero io a formularle, se pur involontariamente. Ero davanti ad uno specchio, e ogni azione che compivo si rifletteva su di me, anche se magari non era indirizzata alla mia persona nella realtà. Questo mi faceva sentire pulita nei miei stessi confronti, ero in grado di capire i miei sentimenti, i miei pensieri al meglio, ma a volte era come avere un mattone sul petto che mi toglieva il respiro.

Stai blaterando di nuovo, n'è vero? Sì, stavo parlottando di argomenti insipidi e banali, eppure complicati da esprimere, ed era proprio ciò a renderli senza capo né coda e incomprensibili agli occhi degli altri, di estranei.

Una macchina sfrecciò a tutta velocità sulla strada, e l'onda sollevata dagli pneumatici mi prese in pieno, nonostante cercai di evitarla; beh, poco importa, sarei comunque rimasta zuppa come un pulcino. Era l'una e un quarto, probabilmente il bus era già ripartito e avrei dovuto aspettare una decina di minuti per il prossimo; ma mi affrettai comunque per raggiungere il prima possibile la fermata.

Un altro lampo attraversò quel campo di pecorelle grigie che fluttuavano in aria, e il brontolio del tuono non tardò ad arrivare. Svoltai a destra in un vicolo, una scorciatoia abbastanza pratica, adatta a queste situazioni sgradevoli, visto che collegava la via principale al terminal. Era una discesa ripida, mi sarò fatta più lividi su quei sanpietrini che imparando ad andare in bicicletta. Malgrado ciò non rallentai, poiché non percepivo l'instabilità dei miei piedi sulle lisce mattonelle. Pessima scelta. Alzai di poco il mento verso la fine della viuzza, convinta dei miei movimenti, ma scivolai all'istante. Caddi su un fianco, e non ebbi il tempo di rendermi conto di ciò che era successo e di appoggiare le mani a terra, che sbattei la testa. Per pochi secondi vidi tutto nero davanti a me, poi bianco, poi di nuovo nero, e svenni.

***

"Povera ragazza"

"Sarà scivolata per colpa della pioggia"

"Cos'è successo?"

"Alzale le gambe; così, esatto"

"È svenuta?"

"Deve aver battuto la testa"

"Devo chiamare il pronto soccorso?"

"Dovrebbero arrivare tra pochi minuti"

"È ferita?"

"Qualcuna di voi ha a portata un po' d'acqua?"

"No"

𝘈𝘮𝘯𝘦𝘴𝘪𝘢 | 𝘓𝘪𝘭𝘪𝘣𝘦𝘵𝘩'𝘴 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘺Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora