I nostri peccati

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8. I NOSTRI PECCATI

Il giorno dopo
Yana stava dormendo quando udì dei forti colpi provenire dal primo piano. Si alzò di scatto e trovò Clara che dormiva col peluche. Hunter russava come al solito. La camera di Astrid era vuota, il letto era intonso e le sue scarpe mancavano. Scese di corsa di sotto col timore che fosse successo qualcosa ad Astrid.
“Yana, stai indietro.” Le ordinò Remy.
Alla porta c’erano Daryl e Aaron, entrambi armati e anche piuttosto arrabbiati.
“Dobbiamo interrogare Iris per volere del Consiglio.” Disse Aaron.
Iris guardò prima i due uomini e poi Remy, ma sua moglie non ricambiò lo sguardo.
“Perché? Io sono innocente. Non ho fatto niente!”
“Lo deciderà il Consiglio se sei innocente. Forza, andiamo.” Insistette Aaron.
“Remy, dì qualcosa! questa è una ingiustizia!” gridò Iris.
Remy rimase impassibile. Alzò gli occhi sulla moglie e fece spallucce.
“Perché ti agiti tanto? Se non hai fatto niente non hai nulla da temere.”
“Remy…” mormorò Yana, scioccata.
“Ti portiamo via con le buone o con le cattive?” la minacciò Daryl.
Iris stava piangendo in silenzio, eppure a Remy non sembrava importare.
“D’accordo.”
Daryl agguantò Iris per il gomito e la scortò fuori di casa. Prima di allontanarsi, si voltò e scambiò un cenno della testa con Remy. Quando la porta si chiuse, Yana si mise le mani fra i lunghi capelli neri.
“Che diamine fai, Remy? Portano via tua moglie come fosse una criminale e tu non batti ciglio!”
Remy si girò con la carrozzina e fece di nuovo spallucce, però nel suo guardo c’era una tristezza amara.
“Ho fame. Cosa vuoi per colazione?”
Yana emise un gridolino e tornò di sopra in fretta. Non avrebbe passato un altro minuto di più a sopportare quella ingiustizia.
“Hunter! Hun, svegliati!”
Il ragazzo mugugnò e nascose la testa rasata sotto al cuscino; era troppo presto per lui.
“Hunter, dai!”
Yana salì sul letto e lo scrollò tanto forte da farlo uscire allo scoperto. Hunter le bloccò le mani e sorrise ad occhi chiusi.
“Basta, basta. Che vuoi?”
“Hanno arrestato Iris. Vogliono interrogarla.”
Adesso Hunter si svegliò del tutto. Si mise seduto e si ritrovò ad un palmo da Yana che era in ginocchio sul materasso. Una setosa ciocca nera le ricadeva sul viso e lui dovette reprimere l’impulso di spostarla.
“Yana, le cose sono complicate negli ultimi tempi. Non mi sorprende che Iris sia stata arrestata.”
“In che senso?”
“Logan e Iris sono diversi. Astrid ha cacciato Logan di casa perché lui sta dando di matto. E poi c’è una cosa strana che mi è capitata due giorni fa…”
Yana inclinò la testa e strinse le coperte con le dita, sapeva che stava per ricevere una brutta notizia.
“Cosa?”
“Ho visto Iris che di notte usciva per andare alla torre del ripetitore.”
“Voleva comunicare con qualcuno.” Rifletté Yana.
“Esatto. Ma se tutta la sua famiglia è qui, allora con chi doveva comunicare? E’ strano.”
“Hun, dobbiamo dirlo a Daryl. E’ una cosa troppo grande per tenerla segreta.”
 
Daryl si muoveva come un animale selvaggio. Carol lo osservava dalla cucina mentre sorseggiava una tazza di tè. L’amico era nervoso ed era preoccupato da quando Astrid aveva lasciato la città. Né lei né Negan si erano fatti sentire via radio. Tutto quel silenzio lo stava uccidendo.
“Buongiorno, brontolone.”
Daryl fece un cenno della testa senza smettere di contare le frecce. La sua balestra si era inceppata perché una punta di freccia era stata intaccata. Quei lavori manuali riuscivano a calmarlo un poco.
“Gabriel mi ha chiesto di interrogare Logan.”
“Te la senti? Suppongo che tu voglia strozzarlo.” Disse Carol.
“C’è qualcosa che non va. Ci sfugge qualche dettaglio importante. Devo farlo parlare anche a costo di fargli scoppiare un polmone.”
“Vacci piano. Astrid tiene ancora a Logan.”
Daryl emise un verso disgustato. Pensare ad Astrid lo faceva innervosire ancora di più.
“Astrid dovrebbe già essere tornata. Sono ventiquattro ore che è lì fuori.”
“C’è Negan con lei.” Precisò Carol.
“Da quando ci fidiamo di Negan?”
“Da quando Logan e Iris sembrano più loschi di lui.”
Daryl ghignò, almeno c’era la sua migliore amica a mantenere alto il morale.
“Secondo te Astrid mi perdonerà?”
Carol si sedette accanto a lui sul dondolo, il tè che fumava emanando una dolce fragranza di limone.
“Certo che ti perdonerà. Devi solo essere sincero con lei su quello che provi.”
“Non sono bravo con queste cose.” Disse Daryl.
“Per lei dovresti fare uno sforzo. Se ci tieni davvero non sarà difficile.”
 
Logan sobbalzò quando la porta della cella si aprì. Scattò in piedi e si avvicinò alle sbarre. Daryl e Gabriel richiusero a chiave la stanza e accesero la luce. Daryl stringeva in mano un coltello.
“Avete intenzione di uccidermi?”
“Se parli e ci dici tutto, forse ti lasceremo in vita.” disse Daryl.
“Non c’è bisogno di essere crudeli. Devi solo dire la verità.” Disse Gabriel.
Logan sospirò e si appoggiò alle sbarre con la fronte. I suoi occhi verdi erano scuri, tendevano al color petrolio per via della stanchezza.
“Sappiate solo che non era mia intenzione ferire Astrid.”
“Parla.” Lo intimò Daryl.
“E’ iniziato tutto quel giorno al centro commerciale. Io e gli altri della Guardia siamo andati là per fare provviste come capitava ogni settimana. Ryan e Astrid sono rimasti al primo piano per cercare i medicinali. Io, Iris ed Ella siamo saliti per prendere vestiti, coperte e altro. Ad un certo punto dal magazzino è venuta fuori un’orda di vaganti ed è scoppiato il caos. Abbiamo ucciso i vaganti e siamo scappati, ma Astrid e gli altri erano già andati via. Abbiamo aspettato un paio di ore nella speranza che tornassero a prenderci. Poco dopo sono arrivate delle persone a bordo di un furgone e ci hanno presi.”
 
Tre anni prima
Logan aveva paura. Sentiva gli occhi bruciare perché le lacrime volevano uscire, ma si obbligò a non piangere. Lui, Iris ed Ella erano stati caricati su un furgoncino nero da una decina di persone. L’interno del vano era buio e puzzolente, c’era odore di sangue putrefatto e sudore.
“Moriremo? Queste persone ci uccideranno?” sussurrò Iris.
“Sta tranquilla. Facciamo come ci dicono e cerchiamo di sopravvivere.” Rispose Ella.
Ella, la madre di Remy e Astrid, era una donna sveglia e pragmatica. Malgrado tutto, Logan era sollevato di trovarsi in quella brutta situazione con lei.
Dopo un tempo che parve infinito smisero di muoversi. Le porte del furgoncino si spalancarono e loro tre furono gettati per terra.
“Benvenuti ad Austell.” Disse un uomo ridendo.
“Che cosa volete da noi?” domandò Ella.
La folla di persone che si era riunita attorno a loro si diradò per far passare un uomo alto e snello, capelli bianchi legati in un codino e un sorriso meschino.
“Dottor Stein!” esclamò Iris, sbigottita.
“Salve, mia cara. Sono felice che ti ricordi di me. Sono un uomo che lascia il segno, eh.”
“Conosci questo tipo?” chiese Logan.
“Lui è Frank Stein, capo del settore ricerche del Centro Controllo Malattie.” Spiegò Iris.
“E sono anche il vostro salvatore. Austell è un vero paradiso!” disse Frank.
Logan fu attraversato da un brivido viscido. Il modo in cui Frank camminava, come parlava e come sorrideva erano per lui validi mezzi per conoscerlo. Essere uno psicologo aveva i suoi vantaggi.
“Che cosa ci facciamo qui? Dobbiamo essere utili se vi siete presi la briga di salvarci dai vaganti.”
Frank sorrise e annuì, tutto in lui era misurato e ostentava sicurezza.
“Siete qui perché stiamo lavorando ad una cura. Iris era la genetista migliore del Centro, anche più brava di Jenner. Ci serve lei per produrre la cura.”
“Ma avete rapito anche me e il ragazzo.” Gli fece notare Ella.
“Rapire non è il verbo che userei. Piuttosto vi stiamo offrendo una possibilità. Se resterete con noi potrete contribuire a salvare l’umanità.”
“Mia moglie è una biochimica strabiliante. Lei può aiutarci!” disse Iris.
Frank le diede una pacca amichevole sulla spalla, sebbene il suo sorriso ora fosse più forzato.
“Conosco Remy Williams e le nostre opinioni divergono. Non è la persona adatta per questo compito.”
Logan capì che Remy era troppo imprevedibile per Frank. Lei non si sarebbe mai piegata senza fare domande, avrebbe fatto di testa sua e questo non era compreso nei piani del dottor Stein.
“Ti serve qualcuno che esegua i tuoi ordini.” Disse Logan.
“Mi serve qualcuno disposto a tutto.” Replicò Frank.
 
“… quello fu l’inizio della fine per noi. Austell ha un laboratorio e Iris è stata confinata là insieme al team di Frank. Io ed Ella siamo stati gettati in prigione, sorvegliati notte e giorno dalle guardie e con pochissimo cibo a disposizione.”
“Frank è riuscito a manipolare Iris?” volle sapere Daryl.
Logan si buttò sulla brandina della cella, si mise le mani fra i ricci sporchi e sospirò.
“Lei credeva nella causa. Era convinta che Frank avesse ragione, che solo loro potevano trovare la cura. Le hanno fatto il lavaggio del cervello. Remy non è stata presa perché non potevano controllarla. Iris è più facile da manipolare.”
“Tu ed Ella che facevate? Stavate solo in prigione?” continuò Daryl.
“La situazione è precipitata ad un certo punto. Io ho fatto… ho dovuto fare delle cose di cui non vado fiero.”
 
Due anni prima
Logan non ne poteva più di quella puzza che infestava la prigione. Ogni settimana Frank ordinava l’arresto di qualcuno. Chiunque si opponeva a lui veniva gettato in cella e dimenticato. Alcuni erano morti di freddo e di fame, altri invece erano morti letteralmente di paura.
“Logan, dobbiamo trovare una via di fuga. Non possiamo restare.” Bisbigliò Ella.
Somigliava a Remy per via dei capelli color cioccolato e in naso all’insù, ma il suo carattere forte era uguale a quello di Astrid. Quanto gli mancava Astrid!
“Non c’è via di scampo. Austell è controllata dagli uomini di Frank, la prigione è sorvegliata e noi siamo troppo deboli per combattere.”
“Oppure una via c’è, benché sia sgradevole.” Esordì la voce di Frank.
Era sbucato dal nulla con la sua solita aria altezzosa e il sorriso finto. Logan credeva che ci fossero delle telecamere in prigione.
“Quale sarebbe?”
“Io e Iris stiamo avviando la fase di sperimentazione. Abbiamo creato un siero e dobbiamo testarlo. Ci servono dei volontari.”
“Ti servono delle cavie.” Lo corresse Ella.
Frank la liquidò con un gesto della mano, a lui non importava la parte sentimentale della faccenda.
“Ho una proposta per voi: sarete liberi, potrete abitare in un appartamento in città e avrete gli stessi comfort degli altri abitanti. In cambio voi dovete portarmi delle cavie. Sapete, le cavie tendono a morire troppo presto e l’esperimento fallisce subito.”
“Assolutamente no! Non saremo parte del tuo folle piano!” obiettò Ella.
Logan, però, ci stava riflettendo sul serio. Era stufo di quella prigione, del cibo avariato e del sudiciume della pelle. Voleva un letto comodo, un bagno pulito e voleva mangiare.
“Accetto.”
“No! Logan, non farlo! E’ una pazzia!” strillò Ella.
Frank sorrise e aprì la cella con la chiave appesa al collo. Allungò la mano e aiutò il ragazzo a mettersi in piedi.
“Abbiamo un vincitore. Logan, adesso sei un cittadino effettivo di Austell.”
 
“… io e altre due persone uscivano ogni giorno e cercavamo persone da poter usare come cavie. Quando gli esperimenti fallivano, seppellivamo i cadaveri in un campo di grano fuori città. Per due anni questa è stata la mia vita: davo la caccia alle persone e poi le seppellivo.”
Gabriel si portò una mano sulla croce di legno che portava in tasca, un promemoria per non abbandonare la fede.
“Ella come è morta?”
Logan scoppiò a piangere. Si era rannicchiato in posizione fetale sulla brandina, tremava come in preda alle convulsioni.
“Ella. Parlaci di lei.” Tuonò Daryl.
“Astrid mi odierà a vita per questo.”

Parabellum 2 || Daryl Dixon Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora