Di colpo, la porta dell'ufficio colloqui si aprì. Ne uscì una ragazza sorridente, con una corta gonna nera e le unghie rosse, sicuramente fatte da poco, per l'occasione. Aveva in mano una cartellina e cinguettava rumorosamente con il dottore che la accompagnò fuori, nella sala d'attesa. L'anziano signore mi guardò e mi fece l'occhiolino. Mi persi in una risata candida.
Il dottore strinse la mano della ragazza e la salutò. ''La ricontatteremo sicuramente.'' le disse con un sorriso smagliante. Lei rispose al saluto e si allontanò, quasi saltellando.
''Non la guardi con invidia.'' L'anziano signore interruppe i miei pensieri. La stavo davvero invidiando? ''Secondo me sceglieranno te.'' mi disse, dandomi del tu.
''Signorina?'' Il dottore si rivolse a me. ''Tocca a lei, prego.''
''Devo... devo andare.'' dissi. Mi dispiaceva davvero lasciarlo lì, ad attendere. Aspettai qualche secondo. Non sapevo cosa dire.
''Vada!'' Mi disse lui. ''Non perda tempo, signorina.'' Mi rimproverò, mettendosi composto sulla sedia. Sorrisi ma dentro stavo male. Mi alzai guardandolo. Mi sistemai la camicetta e afferrai la borsa da terra. ''Io... è stato bello. Tutto questo, sì.'' balbettai. Il medico impietrito sulla porta continuava a sorridere. Non capii se stesse volutamente ignorando quell'anziano signore. Forse era abituato a vederlo lì. Forse era lo stesso dottore che gli aveva dato la notizia della sua imminente morte. Non trovai risposta alle mie domande. Il signore anziano si tolse il cappello e chinò il capo per salutarmi. Mi allontanai, dirigendomi verso l'ufficio dei colloqui. Il medico mi strinse la mano.''Prego.'' mi indicò la strada.
Entrai e la porta si chiuse alle mie spalle. Mi sedetti sulla elegante sedia di pelle e il medico si accomodò di fronte a me, la sua scrivania nel mezzo. Iniziò a parlare, io gli mostrai i miei riferimenti. Passò non so quanto tempo e io mi resi conto di aver passato il tempo a pensare all'anziano signore lì fuori, nella sala d'attesa. Sarebbe stato ancora lì appena fossi uscita? L'avrei ritrovato a osservare la finestra, ad aspettarmi? Pensai che sarei potuta andare al piano terra, dove c'era il bar. Pianificai di prendere una bevanda calda e qualche biscotto da portargli e continuare a parlare con lui. Sì, era una buona idea.
''Perfetto signorina'' disse il medico. Si alzò, sistemandosi la cravatta. ''Siamo lieti di aver ricevuto la sua candidatura.'' Non vedevo l'ora di alzarmi. Ci avvicinammo alla porta dell'ufficio. Il medico mi anticipò e con cortesia, l'aprì. Vidi una sala d'attesa, vuota. Cercai disperatamente l'anziano signore. Il mio sguardo si posò in ogni dove, anche se ero conscia che fosse impossibile trovarlo negli angoli del soffitto.
''Tutto bene, signorina?'' mi chiese il medico. Non si era mai tolto quel sorriso dal volto. Mi accorsi che stavo bloccando l'uscita. ''Si, mi scusi. Arrivederci! '' Mi avviai verso le scale. Guardai l'orologio. Erano già le undici. Cavolo, il colloquio era durato parecchio. Arrivai al piano terra, cercando con lo sguardo l'anziano signore. Se ne era andato da molto? Forse era in bagno o mi aveva anticipato ed era al bar. Non lo trovai. Rimasi un po' di tempo al bar a sorseggiare caffè amaro. Le undici e quaranta. Sentii un brivido percorrermi la schiena. Avevo passato la mattina in un ospedale per un colloquio. Avevo passato più di mezz'ora davanti a un caffè. E se fosse tardi? E se fosse morto?
Uscì dall'ospedale. Nei giardini all'esterno i passerotti continuavano a cinguettare, scaldati dai raggi del sole di Marzo. Persone camminavano avanti e indietro, entravano e uscivano dagli edifici, correndo o semplicemente passeggiando. Altri leggevano scartoffie seduti sulle panchine. Mi sembrò di vedere l'anziano signore passeggiare vicino alla fontana. Mi avvicinai a passo spedito per poi scoprire che si trattava di un'altra persona. Mi accorsi di avere in mano il mio bicchiere di caffè ormai quasi finito, e un altro bicchiere in mano, chiuso con un tappo di plastica, con dentro una bevanda ancora bollente.
Ripensai alle parole dell'anziano signore. Sentii il loro effetto spandersi dentro di me. Guardai l'orologio cercando di non rovesciare nessuna delle due bevande. Alzai di nuovo lo sguardo. In mezzo alla folla di fronte a me vidi una signora. Non credo avesse più di cinquant'anni a giudicare dal viso, marcato da qualche ruga ma liscio, pulito. Il telefono iniziò a vibrare. Appoggiai i bicchieri sulla panchina più vicina. Presi il telefono dalla tasca. Era una telefonata.
''Pronto.'' risposi. ''Hey! Che fine hai fatto? Un colloquio lungo una vita intera!'' Sospirai. ''Speriamo sia di buon auspicio! Senti, che ne dici se pranziamo insieme? Ti aspetto a casa, così finalmente dopo stu-dia-mo!'' Rise sonoramente.
Ero bloccata. Non colsi l'ironia e il mio silenzio la insospettì. ''Tutto bene?'' mi chiese. ''Oh, si certo! Scusami. Senti, ti richiamo tra poco ok? Sto uscendo ora dall'ospedale e c'è confusione. Non ti sento bene.'' Cercai di essere più spontanea possibile. '' Ti richiamo tra poco.'' Sperai che fosse riuscita a percepire il mio sorriso. ''D'accordo. '' rispose. '' A tra poco!'' ridacchiò. Misi il telefono nella borsa e alzai lo sguardo. La signora era ancora lì. Qualcosa stava attirando la sua attenzione verso terra, sulla strada cementata. Mi dette l'idea di aver appena ricevuto qualche cattiva notizia. Senza pensarci troppo afferrai i due bicchieri e mi avvicinai.
''Posso?'' le chiesi, indicando il posto libero a fianco a lei sulla panchina. Sembrava che l'avessi svegliata da un sogno. ''Oh.. certo, prego, si sieda!'' mi disse. Avevo ragione, non avrà avuto più di cinquant'anni. La osservai mettersi composta e riporre il foglio che aveva in mano nella busta stracciata con il timbro dell'ospedale inciso sopra. La guardai intensamente e sul volto vidi una timida lacrima scendere. La asciugò prontamente.
Guardai l'orologio. Quasi mezzogiorno. Il tempo stava volando e ripensai alla domanda dell'anziano signore a cui avevo risposto con il silenzio. Socchiusi gli occhi e respirai il calore dell'aria primaverile. Posai la borsa vicino a me. Aprì gli occhi. Sapevo cosa rispondere. Sapevo cosa fare.
Afferrai il bicchiere bollente e lo allungai sotto il naso della signora. ''Caffè?''
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La prospettiva di Kant
Povídky''Ha mai pensato alla vita nella sua interezza?'' mi chiese. Non sapevo rispondere. Voglio dire, chi non l'ha mai fatto? Chi risponderebbe di no? Tutti lo facciamo, tutti ci pensiamo. Ma in quel momento una domanda così semplice e banale mi spiazzò...