Capitolo 8

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Soul POV

Soul appoggiò il cellulare sul letto, e trattenne le lacrime. Non è figo, si disse, piangere non è figo.
Nemmeno quel che era successo a sua sorella era figo, però. Affatto.
Si passò una mano tra i capelli candidi, cercando di riordinare i pensieri.
Perché dovevano capitare tutte ad Echo? Cos'aveva fatto, la sua adorata sorellina, per meritarsi tutto quello?
Ecco, di questo Soul non era sicuro.
Si alzò, fece avanti e indietro per la stanza, si risedette, si rialzò.
Bussarono alla porta, e il ragazzo interruppe il proprio via vai.
«Avanti.»
La porta si aprì con un lieve cigolio, e la testa di Maka, contornata da una criniera di spettinati capelli biondi, fece la sua comparsa. Aveva le occhiaie, e si stropicciava gli occhi con la mano.
«Soul? È successo qualcosa? Ti ho sentito parlare..»
Lui sospirò. «Non volevo svegliarti, Maka. Torna a dormire.»
Lei scosse la testa,entrò e chiuse la porta dietro di sé. Si sedette sul letto, a gambe incrociate, e Soul non poté fare a meno di sentirsi a disagio. Gli occhi verdi di Maka, fissi su di lui, lo costrinsero ad abbassare lo sguardo. Gli occhi gli si inumidirono, e il ragazzo si tirò uno schiaffo per riprendersi.
«Soul?» domandò Maka. Gli strinse la mano, e l'arma sentì che era congelata. Doveva avere freddo.
«Mettiti su una maglia, Maka. Poi ti spiego.»
La maestra d'armi, però, scosse ancora la testa.
«Dimmi tutto, Soul Eater Evans. So che c'è qualcosa che non va, ti conosco da abbastanza tempo per saperlo.»
Lui si appoggiò al bordo del letto e si passò le mani sul viso.
«Echo... è stata attaccata. Ancora.» Inspirò. Era difficile dirlo. «Mi ha chiamato Kid poco fa. Ha detto che Stein l'ha portata con sé al laboratorio. Domani mattina vado là.»
La guardò, quasi supplicandola, sapendo bene che non era figo.
Maka rimase in silenzio per un istante. Poi si alzò, scese dal letto e si avvicinò a lui.
Si chinò, e Soul sentì il suo profumo. Il cuore gli batteva, e lui non capiva. Non è per niente figo. Cosa... cos'è questa sensazione? Sentiva uno strano calore nel petto.
Maka lo abbracciò, e l'arma sentì le esili e comunque forti braccia della sua maestra d'armi stringerlo, come lo stringeva quando si trasformava. Il ragazzo si sentì in colpa, per tutto quello che aveva fatto passare alla ragazza, e, nonostante fosse lui quello che, in quel preciso momento e in quella precisa situazione, aveva bisogno di essere consolato, strinse Maka a sé, e, in un orecchio, le bisbigliò un rapido 'scusa', arrossendo lievemente subito dopo.
La ragazza alzò gli occhi, verdi come smeraldi e brillanti nonostante l'assenza di luce, e lo fissò. Si staccò piano da lui, e Soul la osservò mentre tornava a sedersi sul letto.
«Verrai con me, domattina?» domandò.
«Certamente.»
«Ora, mettiti su qualcosa, se non vuoi prenderti un malanno. Non vorrei dovermi preoccupare anche di te.»
Lei arrossì, e gonfiò le guance come una bambina.
«Va bene, va bene.» si lamentò. Prima che potesse uscire dalla porta, Soul la bloccò, chiamandola. Lei si voltò, pronta ad ascoltare.
Lui fece per parlare, ma le parole non gli uscirono e per qualche istante rimase lì, boccheggiante, a fissarla. Dopo un po', le corde vocali ripresero a funzionare.
«Dormiresti con me, stanotte?»
Silenzio. Poi Maka gli gridò contro: «Pervertito! Perché dovrei dormire con te?».
Perché ho bisogno di qualcuno, pensò Soul. Non lo disse.
L'espressione di Maka si addolcì, quasi gli avesse letto nel pensiero.
«Vado a prendere il cuscino.» disse. Ed uscì dalla stanza.
Soul Eater tirò un sospiro. Ringraziò i kami che la sua maestra d'armi fosse lei. Anche se la prendeva in giro, non avrebbe potuto desiderare qualcun'altra.
La ragazza tornò poco dopo. Appoggiò il cuscino sul letto, accanto a quello della sua arma, e lo congelò con lo sguardo.
«Tu prova a fare qualsiasi cosa, e io giuro che ti pianto un'enciclopedia in testa.» disse con fare minaccioso. Soul annuì, si distese e chiuse gli occhi, rivolgendo la schiena a Maka. Non aveva intenzione di fare niente. Né di prenderla in giro, né di infastidirla... voleva soltanto dormire, e cercare di dimenticare tutto ciò che era successo da quel maledetto giorno in cui Kid ed Echo erano stati attaccati, desiderando con tutto il cuore che sua sorella fosse rimasta a casa.
*
«Mm..» mormorò Soul, stiracchiandosi.
La sveglia che aveva impostato la sera prima gli stava suonando in un orecchio. La bloccò, si sedette.
Uscì dal letto e tirò su la persiana. La luce inondò la stanza, e un grugnito giunse dal letto. Soul si ricordò in quel momento di aver dormito con Maka, e andò a svegliarla.
La scosse, e lei si lamentò ancora. Poi, di scatto, si tirò su a sedere, rischiando di tirare una testata al ragazzo, che si spostò giusto in tempo.
«Dobbiamo andare da Echo, vero?» domandò lei. L'arma annuì.
«Passiamo da Kid, prima.» le disse. «Vai a cambiarti. Io preparo la colazione.»
Lo disse perché voleva fare un piacere a Maka -la ragazza non usciva MAI senza colazione- ma in realtà, lui sarebbe corso dalla sua sorellina in quel momento, in pigiama e scalzo com'era.
Si diresse perciò in cucina, e venne accolto da Blair, la strega-gatta che viveva con loro, che gli si strusciò contro la gamba.
«Souuul» chiamò lei. «Ho faaame.»
«Prenditi da mangiare. Ne sei capace.» rispose bruscamente lui, mettendo la caffettiera e un pentolino d'acqua a scaldare sul fuoco. Tirò fuori biscotti e fette biscottate, così Maka avrebbe potuto scegliere. Perché lui non aveva fame. Si sentiva lo stomaco in subbuglio, ed era sicuro che non sarebbe riuscito a tenere nulla dentro di esso.
Preparò due tazze, ed in una mise una bustina di tè ai frutti rossi. Conosceva ormai i gusti di Maka.
La ragazza in questione entrò pochi minuti dopo in cucina, vestita e pettinata, e si sedette davanti alla tazza di tè ancora fumante. Ci immerse un biscotto, poi un altro, e un altro ancora.
Soul si sedette davanti a lei, bevendo il suo caffè ma senza gustarlo veramente. Blair, intanto, che aveva capito che qualcosa non andava, si era versata una tazza di latte e ora lo beveva in silenzio. Finito il caffè, il ragazzo si recò in bagno, si cambiò e si guardò allo specchio. Aveva le occhiaie, dato che non aveva dormito poi molto. Si era rigirato nel letto per ore e ore, e quando finalmente era riuscito a prendere sonno, questo era stato agitato e costellato da incubi.
Questa nottata non è stata per niente figa. Andava tutto così bene, fino a pochi giorni fa. Poi Shinigami-sama ha deciso di mandare Echo e Kid in missione... e da lì è precipitato tutto.
Si lavò la faccia, per togliersi la stanchezza di dosso, e si passò una mano tra i capelli. Guardò l'ora.
Ora di andare.
Uscì dal bagno, afferrò la felpa appesa e chiamò Maka, che lo aspettava seduta a guardare fuori dalla finestra.
Uscirono. Maka camminava piano, mentre Soul si sarebbe messo a correre. Cosa diavolo era successo a sua sorella? Chi era stato? E soprattutto, perché proprio lei?
La strada verso casa di Kid non gli era mai sembrata così lunga. Allungò il passo, e in breve si ritrovò a correre per le strade di Death City.
«Soul! Rallenta!» esclamò Maka mentre cercava di tenere il passo con lui. Lui la ignorò, svoltò a destra e si fermò in scivolata davanti al cancello della villa di Death the Kid. Lo spalancò e corse dentro, aprendo la porta con un colpo.
Si fermò a riprendere fiato, poi chiamò: «Kid! Dove sei? Andiamo!»
Lo shinigami stava scendendo le scale.
«Soul. Maka.» salutò, serio in volto.
Il giovane Evans lo fissò, chiedendosi come potesse essere così calmo. Si sforzò di essere come lui, trasse un profondo respiro e incontrò lo sguardo di Kid.
Si scambiarono un cenno.
Il maestro d'armi scese le scale, chiamò Liz e Patty, sorrise a Maka, diede una pacca sulla spalla a Soul.
Questi lo seguì prima con gli occhi, poi si incamminò dietro di lui. Le due armi di Kid arrivarono poco dopo, e il gruppetto si diresse verso il laboratorio di Stein.
*
A Soul non era mai piaciuto il laboratorio del loro professore. Gli metteva inquietudine, e nonostante il Kishin ormai fosse stato sconfitto, lì dentro ancora si sentiva la presenza della follia, contrastata dall'onda benefica dell'anima di Marie. Lui, che la follia l'aveva sentita, l'aveva provata, sapeva bene quale sensazione assurda dava.
Entrando, anche quel giorno, la follia premette contro le porte della sua mente, costringendolo a tirarsi uno schiaffo per non sentirla.
Marie era seduta su un divanetto, e sfogliava le pagine di una rivista senza apparentemente prestarci molta attenzione. Li fissò con l'unico occhio visibile, e un mezzo sorriso si formò sul suo volto stanco.
«Ragazzi, benvenuti. Sono spiacente per l'atmosfera, ma immagino non vi interessi più di tanto. Volete vedere Echo, sì? Prego, da questa parte.»
Soul e i suoi compagni la seguirono lungo un corridoio e dentro una stanza. Vuota, ad una prima occhiata.
<< Franken, ci sono i ragazzi. >> disse la donna, e Soul si accorse allora del lettino posto nell'angolo più remoto della stanza, e dell'uomo indaffarato in piedi vicino ad esso. Stein sollevò lo sguardo e si ruoto la vite in testa, un'abitudine che aveva sempre fatto venire i brividi a Soul. Molto poco figo.
«Ah, ragazzi. Siete qui per Echo, immagino... su, venite, ma fate in silenzio. Si spaventa ad ogni minimo rumore.»
L'espressione del ragazzo-falce mutò da preoccupata a completamente disperata nell'istante in cui vide la sorella.
Echo, la sua adorata Echo, era distesa sul materasso coperto da lenzuola candide. Era pallida come un cadavere, aveva gli occhi spalancati e infossati, cerchiati di nero.
Nonostante si ripetesse continuamente che piangere non era figo, Soul non riuscì a trattenere le lacrime.
Una gli rigò la guancia, seguita da molte altre. Sentì una mano stringere la sua, e quando si girò si accorse che Maka era al suo fianco, anche lei con le lacrime agli occhi. Strano, pensò. Non l'aveva sentita avvicinarsi.
Allungò una mano, e sfiorò il volto della sorella. Ella si girò, e i loro occhi si incontrarono.
La bocca di lei si aprì, si richiuse e di nuovo si aprì. In un flebile sussurro, a malapena udibile, pronunciò il suo nome.
«Soul...»

-brotherhood-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora