Capitolo 1.1 Margareth Effect

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Il giardino d’inverno era una serra in metallo e vetro progettata per coltivare agrumi inglesi ma di fatto convertita in sala ricevimenti durante l’epoca d’oro della famiglia Shepherd, che l’aveva fatta abbellire rialzando il soffitto e ampliando le vetrate per regalare agli amici spettacoli pirotecnici memorabili. Era accessibile da ogni punto dell’edificio ma per semplificarsi la vita gli organizzatori del matrimonio avevano deciso di convogliare gli ospiti attraverso l’ingresso est della villa che seppur privo della sontuosità del celebre omonimo ad ovest, per l’occasione si era preso una straordinaria rivincita rivalendosi per sessant’anni di anonimato.

Solo il passaggio di una famigerata mezza dozzina di invitati di cui assistettero l’entrata in casa da lontano, che comprendeva entrambi i loro padri e una delle due sorelle della sposa con marito e figlie minorenni al seguito, ne guastò per alcuni istanti l’atmosfera fiabesca.

“Se un leone attaccasse quel gruppo non saprei chi salvare”, disse Thomas.

“Io salverei il leone.” “Guarda chi è arrivata.”

Un’auto inglese di grossa cilindrata si era fermata davanti alla villa per permettere ad un’anziana passeggiera di scendere. La signora piantò il suo bastone a tre piedi sul ghiaietto e quando uno dei suoi quattro prestanti accompagnatori le sfiorò la pelliccia di volpe nera che bordava la sua mantella scarlatta, si vendicò dispensando legnate indiscriminate a tutto il quartetto.

“Osserva i colori dei suoi abiti”, mormorò George. “Rosso, nero e bianco.” “Sembra la copertina di un compendio sull’ascesa del nazismo.”

Ci sarà da ridere, metà dei cognomi sulla lista degli invitati è di origine ebraica.”

“La zia ci ha visto”. “Cerca di non provocarla”.

D’accordo.” Thomas mostrò il dito medio alla signora che lo minacciò brandendo in aria il bastone da passeggio. “Vecchia megera.”

“Complimenti, adesso verrà qui.”

“Non siamo vaccinati contro la peste.”

“Una considerazione tardiva.”

Saettando occhiate indispettite ad un uomo con la kippah sul capo che le tagliò la strada, la donna zoppicò verso il nipote.

“Senti la puzza, George?”

“Sono le rose che hanno ammorbato l’aria”, le spiegò il nipote fingendo di non capire il sotto testo antisemita del commento.

“Ogni mattina accendo una candela per il tuo bambino in cielo”. “Più ci penso e più mi convinco che dovremmo trovare il coraggio di seguire i nostri morti nella tomba.”

“Non posso che essere in sintonia con te.” George sentì Thomas schiarirsi la voce. “Però c’è anche chi ha un’opinione diversa dalla nostra.” “Zia, rammenti il figlio di Carlo?”

“Chi potrebbe scordare il distruttore della propria famiglia?” La signora Shepherd tese il braccio verso Thomas. “Baciami la mano, sgorbio.”

“Baciami il culo, stronza”.

“Dov’è mia nipote?”

“Al sicuro, quindi lontano da voi.”

“Quando tua madre ti ha partorito le ho consigliato di annegarti nel lago.” “Italiani deboli e traditori.”

“Nostalgia del tuo amico Adolf? Solo che lui aveva meno baffi di te.”

Immigrant”, imprecò la zia in tedesco.

“Immigrato io? Sei tu quella che è nata in Inghilterra e adesso vive a Chicago.” “Cittadinanza inglese che hai pure rischiato di perdere quando sei scappata in Germania da quel mezzo ufficiale della Wehrmacht con cui ti scrivevi.”

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