02. Nessuno può impallare Dean Martin.

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«Bene ma non benissimo, John. Posso chiamarla John, per ora, sì? Anche se sappiamo entrambi che questo non è il suo vero nome.»
Mister White, gambe incrociate e piedi poggiati sul bordo della scrivania, le suole delle scarpe ancora bagnate, osservava l’uomo che gli sedeva di fronte, nello sguardo qualcosa di divertito.
Si stringeva con la mano il braccio sinistro, Mister White, una garza all’altezza della spalla, bianca e un po’ rossa, il rosso ce l’aveva messo lui, e dentro di sé pensava che in fondo gli era pure andata bene, anche se questo non l’avrebbe mai dato a vedere. Forse era il caso che la smettesse di fare certi giochetti. Forse la prossima volta se lo sarebbe ricordato.
L’uomo che aveva davanti, John per ora, ricambiava lo sguardo, fatta eccezione per il divertimento. La situazione gli era sfuggita di mano con una rapidità tale che quasi l’aveva buttato fuori dagli eventi, ormai si trattava soltanto di stare a vedere, per quanto quell’occhio gonfio e semi-chiuso potesse concedergli.

Il pugno non l’aveva nemmeno visto arrivare. Era lì, la pistola ancora stretta nella mano destra, il braccio alzato, l’indice a premere il grilletto fino in fondo, un odore acre nella stanza, il tintinnio del vetro rotto a rimbombargli nelle orecchie, a coprire il rumore di passi che veniva dal corridoio. Si era voltato, all’ultimo, e gli era sembrato che la faccia gli esplodesse.
«Cazzo fai?! Sei scemo?» si era sentito urlare contro quando doveva già essere per terra, attraverso la giacca iniziava a filtrare il bagnato.
«Cosa cazzo hai fatto?!» aveva ripetuto quello, il proprietario della mano che, chiusa su se stessa, doveva avergli fatto rientrare lo zigomo.
Poi, una risata.

L’uomo che abitava nella villetta era in piedi di fianco alla poltrona, dietro di lui Dean Martin cercava di battere il tremito alle mani e chiudere una sigaretta, con scarsi risultati. Non sembrava particolarmente stupito, il tizio, e forse non lo era nemmeno Mister Crocetti, in technicolor là sul televisore. Ma uno dei due avrebbe dovuto esserlo e il più papabile per il ruolo rimaneva quello tridimensionale, nonostante non sembrasse molto dell’idea. Stava guardando una pistola dalla parte sbagliata, eppure sorrideva.
L’indice sul grilletto iniziò pian piano ad aumentare la pressione.

L’acquario era esploso col rumore di un tuono, l’acqua venuta giù come una cascata, i pochi pesci si ritrovavano a saltellare sul pavimento, tra le gambe dei mobili, le pinne caudali a battere un ritmo tanto tribale quanto disperato, le bocche ad aprirsi e chiudersi sempre più frenetiche, finalmente un valido motivo per quella fissità attonita nello sguardo.
Dopo lo sparo, l’uomo era riuscito a guardarlo per un attimo brevissimo. Non sorrideva più. Sembrava stupito. Poi era caduto a terra, facendo un gran rumore e alzando un po’ di schizzi.
Lui, con la pistola in mano, faceva fatica a credere ai propri occhi.
«Oh, porca puttana… »
Aveva fatto un casino.
Anche se la colpa non era sua.
Aveva solo fatto quello che gli avevano detto, quello che Mister White gli aveva detto, aveva premuto quel cazzo di grilletto. E adesso la situazione gli stava sfuggendo di mano.
«Oh, porca puttana… »
Il corpo steso sul pavimento, quella macchia rossa che andava allargandosi, sull’acqua, acqua dappertutto, rumore di pesci, boccheggianti, eco dello sparo, del vetro che va in frantumi, dei frantumi che cascano a terra tintinnando. Gli sembrava di poter sentire persino il suono del legno dei mobili che assorbiva l’acqua, gonfiandosi. Gli sembrava di poter sentire anche il rumore del fumo che si alzava dalla canna della pistola. Gli sembrava di sentire rumore di passi, dal corridoio.
Si era voltato verso la porta, in ritardo, e la faccia era andata a sbattere contro una mano chiusa, proprio all’altezza dello zigomo sinistro.

Fu un attimo.
Era lì con il dito ben premuto sul grilletto, il grilletto stesso ormai prossimo a fine corsa, e quel tizio lo guardava sorridendo. Stava per morire, su questo non potevano esserci grossi dubbi, incertezze, le possibilità che potesse cavarsela rasentavano il nulla, ma lui sorrideva.
Allora capì. Capì e allentò la presa sulla pistola, rilassò l’indice. Sorrise a sua volta, nonostante quella situazione gli piacesse sempre meno, ormai fuori controllo.
«Mister White, suppongo.» disse abbassando il braccio che reggeva l’arma.
«Esattamente, John.» confermò l’altro, impallando Dean Martin.
John scosse la testa. «Non capisco.»
«Diciamo che ho fatto un investimento sulla sua perspicacia, John. E sembra essere andata bene.»
«Vuole farmi credere che questa pistola è realmente carica? Che avrei potuto ucciderla? Mi pare un investimento un po’ troppo rischioso, persino per lei.»
«Crede sia scarica, John?»
«Non è che lo credo, lo so, Mister White. Sarebbe da idiota avermi messo in mano una pistola carica.»
Dicendo così, John alzò di scatto il braccio e fece fuoco. Partì un colpo. L’acquario esplose. Mister White cadde a terra.
«Oh, porca puttana… »

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