3. tre domande

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"Molto piacere Levi."
"Avevi detto che se ti dicevo il mio nome tu stavi zitto, ma non mi sembra che tu stia rispettando i patti" si lamentò lui.
"È naturale, ora che so come ti chiami posso passare alla domanda successiva. A proposito sei di qui? Hai un accento un po' strano." Iniziai a torturarlo io.
"Ma cosa cazzo ho fatto di male nella mia vita?!" Imprecò spazientito. Ammetto che mi divertivo molto ad infastidito e credo che avrei continuato così per tuuutto il tragitto.
"Dai che ti costa rispondere" lo implorai io.
"Se avessi saputo quanto parlavi avrei fatto la coda molto volentieri" disse più a se stesso che a me "e comunque sì, non sono giapponese, io vengo dalla Francia" continuò poi.
Non ebbi neanche il tempo di rispondere che tutt'un tratto la seggiovia si fermò.
"Perchè si è fermata?!" Chiesi tutto spaventato all'uomo di fianco a me.
"Credo che ci siano dei problemi, ma sono sicuro che ripartiremo presto."
Un po' quelle parole mi rassicurarono, ma dopo dieci minuti che non si muoveva ancora niente posso dire che persi qualsiasi traccia di calma.
"Levi secondo me siamo veramente bloccati" gli confidai la mia preoccupazione.
"Per prima cosa non devi mai più chiamarmi per nome perché non abbiamo confidenza, seconda cosa è possibile, d'altronde questa seggiovia è provvisoria."
"Ma non aveva mai dato problemi!" Mi lamentai.
"Ma cosa vuoi che ne sappia io!"
Mi sa che stavamo per litigare.

Ormai era un quarto d'ora che non ci muovevamo ed io, ovviamente, non avevo portato il telefono. Penso che anche il mio 'compagno di avventura' non avesse alcun apparecchio per contattare una qualsiasi forma di vita.
"Senti moccioso, noi da qui non possiamo fare niente se non stare qui e aspettare."
"Ok?" Risposi non capendo il motivo di quell'affermazione.
"Ti sto chiedendo implicitamente di trovare un accordo per non darci fastidio a vicenda"
"Lasciami dire che sei un vero schifo a comunicare le tue intenzioni, e comunque non ne vedo il motivo."
Senti, hai passato un quarto d'ora a fissarmi, non provare a dirmi che non dovrei sentirmi infastidito."
Arrossii parecchio a quell'affermazione, anche perchè mi aveva colto sul fatto.
"Moccioso stai arrossendo, non dirmi che sei gay" mi disse con un ghigno in volto.
"Ma certo che no! Che cazzate escono dalla tua bocca?! Io sono assolutamente etero" mi affrettai a smentirlo.
"Comunque torniamo a parlare di quell'accordo." Provai immediatamente a cambiare argomento, non volendo che la conversazione degenerasse.
"Va bene, io propongo questo: tu puoi farmi al massimo due domande, a cui io sono tenuto a rispondere, e dopo queste domande tu chiudi la bocca e mi lasci in pace."
"Frena frena frena, due domande mi sembrano un po' poco per il mio silenzio." Ed era vero, per me è già un impresa stare zitto e non avrei di certo fatto lo sforzo per due misere risposte.
"Tre è il massimo a cui posso spingermi."
"Accetto" dissi tutto contento.
"Allora, come prima cosa voglio sapere precisamente quanto sei alto."
Sta volta ero io quello con un malefico ghigno in faccia. Per un momento è riuscito a mettermi in difficoltà con il fatto dell'omosessualità, ma non mi sarei fatto sopraffare nuovamente.
"Infame" disse in un sussurro, al che il mio ghigno si allargò.
"Allora?" Lo instigai.
"1.60, bastardo."
Mi sembrava proprio di parlare con Jean, l'unica differenza era che Levi manteneva sempre un'aria composta.
"Beh dai non sei così basso."
Non passò nemmeno un secondo che un dolore lancinante allo stomaco si diffuse su tutto il mio corpo mozzandomi il respiro.
Quello stronzo aveva allargato il braccio fino a colpirmi.
"Prova a dire di nuovo una cosa del genere e ti prometto che morirai quì."
Il suo tono era minaccioso e non potei fare a meno di constatare che aveva proprio un bel tono di voce.
"V-va bene, s-scusa" dissi ansante, non riuscendo a respirare bene.
"Va già molto meglio" aggiunse compiaciuto.
Dopo questa specie di attacco da parte sua provai a stare zitto, anche perchè ero parecchio imbarazzato.

Neanche due minuti dopo ero già a fare la seconda domanda.
"Quanti anni hai?"
"25, li compio a Natale." Mi rispose lui.
"Ma come siamo loquaci adesso" lo continuai a punzecchiare io.
"Ah ah ah, sei troppo divertente. Dai fammi l'ultima domanda e poi vedi quanto sono loquace."
"Sono veramente stupito, penso che tu non abbia mai articolato una frase così complessa"
"Ma riesci a stare un po' zitto..." si fermò di colpo "emh..."
"Non ti ricordi come mi chiamo?" Gli chiesi io.
"Certo che me lo ricordo, solo che chiamarti per nome suonerebbe troppo amichevole. Volevo chiederti qual'è il tuo cognome"
"Ahhhhh quindi è questo il problema, comunque io sono Eren Jaeger."
"Perfetto Jaeger, ti stilo una lista delle cose da fare: usare la tua ultima domanda, ascoltare la mia risposta, ed infine chiudere la bocca e non rompere più i coglioni fino a quando non saremo scesi."
"Va bene, crego di potercela fare."
"Davvero?" Vidi che i suoi occhi si illuminarono e la sua voce prese una piega speranzosa. Non vedevo l'ora di contemplare la sua faccia quando avrei stroncato tutte le sue speranze.
"Certo, ma diciamo che la cosa verà ritardata un pochino. Secondo i patti, infatti, finché io non esaurisco le domande posso parlare quanto mi pare."
Come immaginavo, l'espressione sul suo volto era impagabile, d'altronde si era legato con le sue stesse mani.
"Jaeger non fare scherzi, io non ho intenzione si sopportarti un minuto di più."
"Buona fortuna allora."

Non conoscevo molto di quell'uomo, ma una cosa era certa: ADORAVO infastidirlo, e avrei sicuramente sfruttato bene la mia ultima domanda.

Angolo autrice
Teoricamente questo doveva essere tutto il capitolo due, ma sarebbe venuto troppo lungo e quindi ho deciso di dividerlo.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a lasciare una stella e a commentare.
(La foto è una delle mie preferite)

in pista moccioso//ereri//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora