Andrew.

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Appoggio lo sguardo su Andrew, mentre si sistema il suo ciuffo biondo tenendo lo sguardo rivolto verso il pavimento fluttuando tra i suoi mille pensieri. Vedo che si sistema il giacchino in jeans e sospira pesantemente giocando con l'elastico che porta sul suo polso, per abbandonare lo stress nel suo corpo.
«Andrew? Te la senti di continuare tu?» lo guardo scrutando ogni suo movimento, alza i suoi occhi verdognoli sui miei castani, noto una certa stanchezza nel suo volto, probabilmente sarà per via della mancanza di sonno. Guarda qualche secondo fuori e poi annuisce come segno di inizio del racconto.
«Vado.»

2 anni fa.

«Andrew!» mi sento richiamare dal mio professore di scienze, così mi strofino gli occhi stanco perché non sono riuscito a dormire tanto stanotte. Sono stato via tutta la notte e sono tornato alle cinque di mattina, mentre avevo la sveglia alle sette. Un fottuto inferno.
«Mh?» lo guardo con aria di sfida, poi riabbasso lo sguardo e sbuffo pesantemente giocando con la matita appoggiata sul mio libro.
«Quest'anno hai il diploma e tu ti permetti di distrarti così facilmente e quasi di addormentarti in classe. Dove hai la testa?» si avvicina al mio banco, cerco di trattenermi contando fino a dieci chiudendo gli occhi tirando su con il naso.
«Ho capito, mi lasci per i fatti miei.» esclamo guardandolo negli occhi con rabbia, stringo i pugni, mentre le mie noche si pitturano di un rosso.
«Come scusa?» inclina la testa battendo le mani sul mio banco tenendo il contatto visivo con me, però io mi alzo e gli do una spallata guardandolo di merda, per poi uscire dalla classe.
«Fila dal preside.» urla, così io faccio segno con la mano di lasciarlo parlare.

Qualche ora dopo torno a casa, vedo mio padre bere una birra davanti al suo amato televisore, mentre vedo mia madre cucinare come una matta. Butto a terra lo zaino e appoggio la giacca nel suo solito posto dell'attaccapanni.
«Oh ma ciao eh.» mia madre mi guarda incrociando le braccia aggrottando la fronte «Sei tornato a casa tardi stanotte.» mi rimprovera, mentre io sbuffo roteando gli occhi verso il soffitto.
«Allora, parla no?» dice mio padre dall'altra parte della casa.
«Tu stai zitto che non c'entri nulla con il discorso.» esclamo passandomi una mano sul viso.
«Non parlare così con tuo padre.» mi rimprovera nuovamente la donna che mi ha messo al mondo, sfortunatamente. A volte mi domando come sarebbe andata avanti la relazione tra mia madre e mio padre se io non fossi mai nato, probabilmente si sarebbero amati veramente, non come ora che solo a guardarsi si maledicono a vicenda.
«Ed io invece faccio quel cazzo che mi pare.» esclamo guardando mia madre con rabbia, stringo i pugni lungo i miei fianchi e chiudo gli occhi cercando di calmarmi.
«Fila immediatamente in camera tua e non tornare fino a ora di cena.» mi si avvicina mia madre innervosita per il tono che ho utilizzato finora. Così prendo le mie cose e salgo le scale con passo pesante.

Mi passo le mani tra i capelli scompigliati e guardo il mio riflesso nello specchio, scuoto la testa tenendo una smorfia di dolore e rabbia. Pochi attimo dopo mi squilla il telefono, lascio passare qualche secondo e, successivamente, decido di rispondere notando il nome di Marcus, un mio grande amico, sul mio schermo.
«Ciao bello!» sento pronunciare in tono allegro dall'altra parte dello schermo.
«Hey Marcus!» sorrido appena continuando a tenere i miei occhi nello stesso punto dello specchio in cui mi ero lasciato.
«Ascolta bello, stasera sei invitato alla mia festa! I miei sono via per il week end e quindi ho casa libera.» mi passo una mano sul braccio per segnare la mia insicurezza riguardo tale invito.
«Non so Marcus, ho avuto dei problemi con i miei genitori e non credo che mi facciano uscire.» roteo gli occhi verso il soffitto della mia stanza.
«E da quando ti importa dei tuoi? Fregatene. Vieni qui e divertiti, so che hai bisogno di quella roba.» ridacchia maliziosamente, strizzo gli occhi e stringo la mano al mio cellulare.
«No.» cerco di convincermi, nonostante sia la cosa più dura da fare.
«Andrew, non ti credo nemmeno se ti metti in ginocchio. Sei un fottuto cocainomane, non mentire a te stesso.» altera il tono della voce e tossicchio strofinando il mio indice contro la punta del mio naso, scuoto la testa continuamente per una manciata di secondi.
«Dai bello mio, a casa mia per le otto. Ci sarà anche tanta gente simpatica.» ho iniziato a farmi gli spinelli un anno fa, all'insaputa dei miei genitori, invece da pochi mesi ho iniziato a farmi di cocaina. La situazione in casa stava sfuggendo di mano. Mia madre che urla in continuazione a mio padre, quasi esasperata, senza mai arrivare ad una conclusione. Mio padre, invece, quelle poche volte che è a casa si ritrova a fare il pantofolaio sul divano a bere litri di birra come se fosse acqua. In tutta questa situazione, addossano a me tutta la colpa di questa situazione di merda, allora ho iniziato a fare il cosiddetto "drogato" con una compagnia dove circolano alcol e droghe di ogni entità.

𝐒 𝐄 𝐕 𝐄 𝐍 » MJDove le storie prendono vita. Scoprilo ora