Parte 5: Antefatto 1

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Il sole era già alto quel giorno in cui Pietro da Narni iniziava il consueto giro di controllo presso il cantiere delle nuove scuderie di S.E. Eraldo Moro.
I lavori avanzavano spediti e le soventi visite del committente facevano sperare che finalmente si decidesse a onorare i pagamenti per i lavori già fatti. Pietro da Narni era non poco irritato per i ritardi.
Quel giorno, in più, un demonietto ci mise la coda quando Pietro incontrò uno degli stallieri del Moro che conduceva un superbo cavallo al passo. " Magnifica bestia questa! " disse. "Magnifica sì ma meglio che finga di non averla vista..." rispose l'uomo.
"E perché mai? " L'uomo fece una smorfia maliziosa, " ...Che idiota..." pensò Pietro.
"Perché io questo cavallo lo conosco.... " " E ti credo! " "Voglio dire..., " avvicinandosi con fare complice a Pietro, "Che lo conosco da prima che arrivasse qui dato che l'ho potuto ammirare nelle scuderie di Messer Ubaldino d'Amelia qualche tempo fa; e, siccome quello non vende mai, e ne ho conferma da amici miei..., credo, non giudico, ma credo che sia arrivato qui per vie, come dire...traverse. Mi capite? "
" Certo, capito, nulla di nuovo. I cavalli cambiano spesso padrone in tal modo ma un giudice del tribunale..."
"Lasci stare, Pietro, dia retta a me. I giudici, quando svestono la toga, l'uniforme, sono uomini come noi e hanno i loro piccoli segreti..." " Sei dunque sicuro di quello che mi vai contando? " "Ahimè, sì. "
" Uhm, bene, interessante, ci sono due belle monete, in questa borsa per te. Io e te oggi non ci siamo incontrati e questa bestia io non l'ho mai vista. " Smorfia complice dell'uomo, un segretuccio per due monete: un buon affare.
Così principiò il ricatto a Sua Eccellenza che in un primo momento rischiò il colpo apoplettico poi si mise a ragionare e a guadagnare tempo sperando di vincerla con la furbizia dell'uomo di legge e le velate minacce di ritorsione. Il tempo passava e Pietro era sempre più aggressivo, ormai sembrava deciso a denunciare se non gli fosse stato corrisposto un "doppio onorario", uno scritto e uno sottobanco, per i lavori alle stalle.
Moro decise di mettere fine alla questione. Inviò un messaggero con un apparente, consueto invito da committente ad appaltatore. Questi si doveva presentare a casa sua una certa sera al termine dei lavori e quando il giudice fosse libero dagli impegni del suo ufficio. La soluzione era arrivata, la decisione presa, Pietro e Eraldo avrebbero avuto il dovuto quella sera.
Quello che nel messaggio non si diceva era che a quell'appuntamento avrebbe presenziato una terza persona. Un testimone e una garanzia per Moro: suo figlio e il di lui pugnale a vigilare sul padrone di casa per garantirsi la di lui riconoscenza. Non ci vuole molto a convincere Edoardo a partecipare all'incontro. Quei danari anziché nelle tasche di Pietro potevano finire nelle sue.
Edoardo, Era figlio unico di Domenico Moro e Luisella Deggiara figlia ed erede di un ricco proprietario terriero, allevatore e, bontà sua, di breve vita Ubaldo Deggiara.
Vissuto sempre all'ombra di cotanto padre soffrì molto per la perdita della madre morta di parto insieme al suo atteso fratello quando egli aveva appena otto anni.
Il padre, naturalmente lo avrebbe voluto uomo d'arme o di legge ma egli ebbe una idea migliore. Farsi mantenere da papà che era si parco nei consumi e divertirsi con gli amici era davvero una buona scelta. Nella sua vita mai uno scossone, un colpo gobbo, un qualsiasi momento di pentimento per le scelte fatte. C'era chi dava e c'era chi doveva prendere, ogni regalo era ben gradito d'altronde i padri debbono prendersi cura dei figli. È scritto. Non che egli stesso non fosse stato, accidentalmente padre, ma si sa, fuori dal matrimonio nulla è certo, tutto è opinabile. Con qualche moneta e qualche frustata le neomamme ritornavano alla ragione e alla casa del padre loro. La cerchia d'amicizia era piuttosto vasta e svariava in tanti generi della razza umana: ladri, farabutti, evasori, violentatori e profittatori di ogni risma ma tutto legati da una pseudo nobile origine che condonava peccati e accettava influenze ogni volta che ce ne fosse bisogno. Certo che una tale vita costava cara, ma si sa, la felicità o è spirituale o è materiale e in quanto a spirito egli conosceva solo quello dei buoni distillati dell'osteria. Venne un momento in cui il bisogno di denaro si fece pressante. Minacce di creditori e guardaroba scadente comportavano spese di gran lunga superiori a quanto l'amore di padre potesse finanziare. La stanchezza che gli veniva dal dover sempre chiedere lo condusse un giorno a fissarsi su un'idea. Una idea sinistra, una consapevole, atroce, proposizione di uccidere! Dalla morte di suo padre egli avrebbe ricavato ricchezza a sufficienza per almeno vent'anni di vita dissolta. Il problema era che uccidere un padre come quello non è come sgozzare una puttana in un vicolo, somiglia piuttosto alla uccisione di un drago a mano nude vista l' altezza alla quale si deve colpire. Ci voleva un' occasione!

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