5. Match

1.1K 31 2
                                    

«Quindi mi stai ricattando?» Lydia aveva le braccia incrociate ed un velo di fastidio nel suo sguardo.
«Non proprio. Dico solo che se tu verrai alla partita di questa sera, io verrò al ballo d'inverno» lei sospirò e, rassegnata, fece cenno di sì con la testa. Evvai.
Quella sera, la squadra di lacrosse avrebbe disputato la prima partita di campionato, e Stiles voleva assicurarsi la presenza di capelli rosso-fragola.

La campanella suonò, così ci dirigemmo verso l'aula di matematica. Odiavo questa materia, tant'è che i voti non superavano la F. Ero una frana, e Stiles si era proposto di aiutarmi.
«Ciao ragazzi, pronti per questa sera?» Scott era concentrato a fissare Kira raccogliere una penna caduta a terra, mentre il magrolino fece cenno a Lydia di sedersi vicino a lui: «Va bene, tolgo il disturbo» sbuffai, e mi sedetti vicino a Malia. Alcune volte mi sentivo di troppo, come se le persone intorno a me non vedessero la "parte normale", ma solamente quella da licantropo.

Malia era una ragazza molto simpatica ed iperattiva, e da quanto gli altri mi raccontarono, aveva vissuto per molti anni rinchiusa nel corpo di un coyote. Era per questo che amava il cervo.
Aveva da poco scoperto di essere cugina di Derek Hale, in quanto suo padre era Peter, e questa cosa l'aveva destabilizzata.
Da quello che mi raccontò Lydia, per un po' fu fidanzata con Stiles, ma la storia finì quasi subito perché non erano completamente presi l'uno dall'altra.

«Buongiorno ragazzi» il professore poggiò la borsa marrone sulla cattedra: «Oggi verifica a sorpresa». Perfetto.
Malia non era la miglior suggeritrice se si trattava di matematica; anche lei aveva il mio stesso problema.

L'ora di matematica fu la più difficile, ed appena la campanella suonò la fine delle lezioni, consegnai il foglio bianco e lasciai l'aula. Non aveva senso spremere le meningi per qualcosa che non avrei saputo fare.
«Dove vai?» sentii una mano famigliare poggiarsi sulla mia spalla, così mi girai di scatto. Liam.
«Possiamo parlare?» era imbarazzato, tant'è che passò la sua mano dietro la nuca, come faceva spesso. Poggiai il peso su una gamba e incrociai le braccia: «..Fuori».

Quando trovammo una panchina libera, ci sedemmo entrambi ed un silenzio imbarazzante calò tra di noi. Ero nervosa ed agitata, e sapevo che lui poteva sentirlo.
«Mi dispiace» disse: «Mio papà aveva ottenuto un lavoro qui, ed io volevo andarmene da quella scuola» mi guardò negli occhi: «Tu sai il motivo». Sì, non era riuscito ad evitare l'espulsione: «Non ho voluto dirlo a nessuno perché volevo cominciare una nuova vita, lontano da tutti e senza giudizi» sembrava quasi che volesse piangere: «La cosa più difficile è stata lasciarti sola. Non riuscivo a perdonarmelo ed ancora oggi fatico a guardarti».
Sapeva cosa stava succedendo nella mia vita, sapeva che i miei genitori si stavano separando ed aveva scoperto del tradimento: «Poi Scott mi ha trasformato in un licantropo, e mi vergognavo» poggió le braccia sulle ginocchia e si prese il viso tra le mani: «Sono una persona orribile».

Nonostante volessi odiarlo, provavo pena per lui. Non disprezzo, ma tristezza. I suoi genitori erano separati da tanti anni, e avrebbe potuto aiutarmi a superare il momento con qualche consiglio. Ma questo non avvenne. Avevamo evitato entrambi i problemi, volendo scappare dalla realtà: «Peace and cheese?» sorrisi, e vidi lui sollevare la testa. Era il nostro modo di fare pace fin da quando eravamo piccoli.
«Non te ne sei dimenticata» rise, ed io lo seguii. Mi mancava, ma le cose non sarebbero mai tornate come prima. Il nostro castello di amicizia si era distrutto e ci voleva tempo per ricomporlo.

«Mi raccomando, questa sera gioca bene» mi alzai dalla panchina: «Ci si vede, Liam». Lo lasciai lì, solo, a riflettere su tutto: il tradimento, la separazione dei miei e la sua scomparsa. Ero sfinita.

Quando arrivai a casa, mi feci una doccia e restai un po' di tempo con mio padre. Sembrava passata un'eternità dal nostro arrivo a Beacon Hills, ma lui si era adattato benissimo. In città lo conoscevano ormai tutti, ed era diventato amico dello Sceriffo Stilinski, nonchè padre di Stiles.
Purtroppo, gli avevo tenuta nascosta la mia nuova identità; non ero ancora pronta a dirglielo. Solitamente non avevo segreti con lui, ma ero impaurita dal fatto che potesse vergognarsi di me e del mio aspetto orribile.

«Questa sera il mio capo mi ha invitato a casa sua, dato che voi sarete alla partita» stava mescolando le carte da gioco, felice dell'ennesima vittoria a poker. Io lo guardai, contenta che la sua vita stesse migliorando di giorno in giorno: «Mi raccomando, per le undici di sera dovrai essere a casa» risi, seguita da lui.

Lydia mi mandò un messaggio, così io salutai mio padre con un abbraccio e corsi fuori dal portone.
«Ciao» salutai, e mi sedetti al posto del passeggero: «Ciao Chloe» sbuffò: «Forza, andiamo alla partita» urlò sarcastica.
Sapevo che non aveva voglia di stare seduta sugli spalti, ed apprezzai il suo gesto.
«Tu sai contro chi giocano?» chiesi, non sapendolo.

«Devenford Prep» rabbrividii. La mia ex scuola, capitanata dal mio ex ragazzo. Oh no.
Lydia parcheggiò ed insieme abbandonammo l'auto per trovare posto tra gli spalti. Kira e Malia non erano ancora arrivate, così scegliemmo di posizionarci in seconda fila.
Stiles fu il primo ad accorgersi della nostra presenza, e sfoderò il miglior sorriso che si potesse vedere. Era per Lydia e ciò mi dava un cenno di fastidio. Scott, poi, si avvicinò alla staccionata, così lo raggiungemmo: «Liam non riesce a controllarsi». Anche per lui si trattava dell'ex scuola.

Seguii il capo branco negli spogliatoi e trovai il mio amico accovacciato a terra, sotto il getto freddo della doccia: «Liam. So che mi senti. Controllati».
«Stammi lontana, Chloe» ululò, e mi strinse le braccia: «Lui c'è». Il mio cuore mancò un battito. Lui c'era. Non sapevo dove, ma c'era, ed io volevo scappare.
«Liam, ascoltami. Non mi importa. Devi giocare, tu ami questo sport». Odiava quel ragazzo. Era stato preso in giro da lui per tutto il periodo scolastico, e non riusciva a difendersi: «Devi solo giocare».
Il mio amico lasciò la presa e mi guardò: «Non posso».

Si sentiva in colpa, lo vedevo dai suoi occhi gialli. Voleva proteggermi, vendicarsi e non riusciva a gestire la rabbia.
Mi allontanai di qualche passo da Liam ed abbracciai Scott; avevo bisogno di conforto. Il capo branco mi strinse a se e per qualche secondo restammo uniti: «Ci penso io a lui».
La sua stretta era così solida che in me scattò qualcosa di strano, mai provato prima; sentii gli artigli uscirmi dalle dita, così mi scostai, lo ringraziai e tornai sugli spalti.

Non volevo vedere il mio ex, non ero pronta: mi aveva tradita.
«Tutto bene?» Lydia mi passò un bicchiere di bibita gassata, ed io annuii, sorridendole: non avevo voglia di parlarne.

Poi, lo vidi. Mi stava fissando. Il petto senza maglietta, perfetto come lo ricordavo. I pantaloncini verdi che gli risaltavano le gambe. La racchetta dietro al collo, sorretta da entrambe le braccia. Il viso spento e affascinante di sempre.
«Il capitano dell'altra squadra ti sta fissando» la mia amica mi fece l'occhiolino: «Hai fatto colpo, cara!» sorrise.
«Peccato che mi ha rovinata» dissi solo.

Brett Talbot, mi hai rovinata.

SHE IS A TEEN WOLFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora