Fata Verde

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Mi chiedo come può far successo una come la Lamborghini.
Vabbè, io non faccio testo praticamente non mi piace nessuno.
Sorrido della mia ruvidezza e, guardandomi allo specchio faccio spallucce.
L'immagine riflessa mi riporta a una realtà che non amo affatto, a questa me che, da quel noi, non è mai completamente uscita.
"Un po' di assenzio potrebbe servire." Penso, mentre mi dirigo in cucina.
Il rito è quello che mi piace di più, forse, anche più del bere.
Bicchiere, cucchiaio a foglia, zolletta.
Il liquido verde cola sullo zucchero, attraverso il vetro controllo di riempire per metà.
Accendo il fuoco, prende vita subito nutrito da zucchero e alcool.
La zolletta si caramella colando tra le fessure del cucchiaio.
La fata verde s'infiamma.
Lascio bruciare per un po', poi spengo la fiamma con acqua gelata .
Ne esce una bevanda di un colore opaco, dal forte profumo di anice.
Gusto il primo sorso a occhi chiusi.
Il rumore della notifica dei messaggi, mi distoglie dai miei pensieri.
Guardo l'ora 23.30.
"Che palle." Sono le parole che mi escono di bocca.
Lascio lì, non ho voglia di perdere tempo.
Mi siedo sullo sgabello alto, continuo a bere a piccoli sorsi.
Il tijuone sta facendo il suo effetto, i muscoli si rilassano, le spalle si decomprimono... fisso la fiamma della candela e la vedo sfocata.
Il led del cellulare lampeggia.
Cedo alla curiosità.
"Arrivo tra 10 minuti."
Cazzo, cazzo, cazzo mi sono completamente scordata che Enrico sarebbe passato stasera. Ho ancora il dispositivo in mano ed ecco, nuovamente una notifica.
"Apri, sono qui."
Passo veloce davanti allo specchio, il kimono nero di seta mi dona, i capelli sono arruffati ma non indecenti.
"Ciao."
"Ciao."
"Entra, ti aspettavo."
"Bugiarda, ti eri completamente scordata. Ti conosco."
"Dai, non stiamo a puntualizzare su queste sciocchezze. Ti ho aperto no?"
"Sì, però mi piacerebbe se tu fossi un po' più affettuosa."
"Perché mai dovrei essere affettuosa? Mica siamo fidanzati."
"No, non siamo fidanzati però ci vogliamo bene."
"Sì, te lo concedo, ma non per questo sto qui ad aspettare il tuo arrivo."
"Perché non cerchi almeno, di fingere di tenerci a me?"
"Perché fingere non mi piace e, comunque, non ho mai negato di tenere a te."
"Hai un modo strano di dimostrare il tuo affetto."
"Non è strano, è il mio."
L'effetto dell'alcol si inizia a far sentire e ora, aver qui Enrico non mi spiace affatto.
Mi dirigo nuovamente in cucina e lo prendo per mano perché mi segua.
Il bicchiere è praticamente vuoto.
Ripeto una a una le operazioni per la preparazione.
"Vuoi?"
"Sì, grazie."
Passandogli l'assenzio ci sfioriamo.
Ha mani grandi, curate, dita belle e affusolate.
Sposto lo sguardo e incontro quelle labbra morbide, carnose, invitanti.
Ha fatto la barba. I suoi enormi occhi nocciola gli addolciscono i lineamenti.
Il fisico strutturato ma non muscoloso, mi appare leggermente fuori fuoco.
Sono brilla.
Lo guardo appoggiare la bocca e sorseggiare.
Non ho voglia di lasciargli il tempo di ubriacarsi.
Mi sporgo e, le mie labbra, suggellano le sue.
L'odore dell'anice, si mischia con quello del l'alcool e del suo dopobarba.
Non essere completamente sobria altera le mie percezioni.
Sento crescere il desiderio ed espongo spudoratamente le mie voglie, lasciando cadere a terra quel velo di seta che copriva la pelle nuda.
I seni sfiorano il tavolo.
Sposto maldestramente il bicchiere che, rovesciandosi, fa colare l'assenzio sulla sua camicia.
"Monella, hai fatto un guaio, ora sono tutto imbrattato."
"Togli la camicia, quel che resta sulla pelle, se vuoi, lo pulisco io."
Lo guardo slacciare i bottoni uno a uno, togliere i gemelli.
Il petto, così esposto, enfatizza le forme di un corpo che adoro da sempre.
La lingua passa lì, dove il brillare della candela, mostra tracce di liquido.
Piccoli tocchi di punta, delicati, solleticano la sua pelle dal collo ai capezzoli, che prendo completamente tra le labbra, che succhio, che mordo.
Scendo.
Con le mani aggrappate ai suoi fianchi mi tengo in equilibrio.
Accovacciata all'altezza della vita sollevo lo sguardo.
"Tu mi fai impazzire."
"Lo so."
"Sai troppe cose."
"Quelle che servono."
E mentre pronuncio queste parole sfilo la cinta. Lascio scorrere il cuoio tra i passanti e poi sbottono i jeans.
L'erezione si lascia a fatica contenere. Appoggio la guancia alla stoffa dei boxer.
Sfugge un gemito sommesso dalla sua bocca.
Una piccola chiazza di liquido s'intravede quando d'improvviso s'accende la luce nella stanza.
Non mi scompongo.
Elena si avvicina a noi, indossa un Kimono simile al mio, color crema.
Si abbassa, mi bacia, mi guarda.
"Posso unirmi?"
"Per me sì."
Sorrido nel darle il consenso. Non credo si debba chiedere a Enrico l'approvazione.
I pantaloni alle caviglie sono presto raggiunti dai boxer, che sfiliamo contemporaneamente da ambo i lati, senza smettere per un solo attimo di far danzare le nostre lingue l'una nella bocca dell'altra.
Via le scarpe, via tutto.
A verga esposta, l'attenzione si concentra su quel membro turgido, che divide le nostre labbra, che si cercano abbracciandolo dalla punta alla base, massaggiandolo lungo tutta la sua lunghezza.
Un sapore leggermente salato si mischia con le nostre salive.
Lui, l'oggetto cui ogni gesto è rivolto, in realtà, è solo un giocattolo.
La nostra voracità è fame insaziabile di noi stesse.
Mi specchio negli occhi di Elena.
Lascio libero il cazzo per prendermi la sua bocca, le slaccio la cintura e la denudo per poterla ammirare, toccare, gustare.
Ha forme morbide come le mie, ben proporzionate.
Il culo pieno, il seno florido.
Con la mano alla nuca la attiro a me, salda nella mia certezza di sapere che è creta nelle mie mani.
L'altra mano le fruga tra le gambe. Si dischiude calda quell'umida fessura, che accoglie le mie dita subito irruente.
Le sfilo da lei, gliele infilo in bocca senza staccarmi e la bacio ancora.
È gustoso il suo sapore, sa di buono lo sento attaccarsi al palato, sale l'odore dei suoi umori e riempie le narici.
Mi libero dalla morsa che io stessa ho creato, per tornare al nostro gioco.
L'eccitazione non è scemata e, mentre prendo Elena per i capelli avvicinandola al glande di Enrico, a mano piena sostengo i testicoli, che porto alla mia bocca insieme.
"Apri bene. Fammi vedere quanto sei brava."
Lei mi sorride compiaciuta e poi spalanca le fauci.
La spingo con decisione.
Il cazzo la riempie fino a raggiungerle la gola.
Non le lascio spazio.
La tengo lì così e inizio a dettare il ritmo.
Non smetto, nemmeno quando i conati si fanno più vicini, non smetto, nemmeno quando le lacrime le rigano il viso.
Enrico è in estasi.
Quando la lascio respirare la saliva le cola lungo il mento, le lacrime scendono lungo le guance.
Le caccio due dita in bocca, le lecca con dovizia, le bagna copiosamente.
Ora sono seduta a gambe spalancate davanti a lei, mi masturbo fino a un attimo prima dell'orgasmo.
Di nuovo le afferro la nuca, la prendo e le spingo la faccia contro il mio sesso, mentre prendo in bocca quello di Enrico.
Mi succhia il clitoride come fosse un piccolo cazzo, solletica la parte esposta con la punta della lingua.
Riproduco ogni suo movimento, con dovizia di particolari, sul pene che accolgo.
Allo stesso ritmo, con la stessa intensità.
Succhio, lecco assaporo e quando le sue dita si fanno spazio dentro di me le mie entrano in lui spingendo a uncino verso la prostata.
Sento le sue gambe che si irrigidiscono, l'ano si chiude sulle falangi.
Un gemito sordo, di piacere, esce dalla sua bocca esattamente quando il mio piacere, esplode in quella di Elena.
Servizievole e compiacente, lei accoglie i miei umori non lesinando nella cura del raccogliere quanto è rimasto tra le cosce.
Sfilo le dita, gliele porgo così che non smette di fare il suo dovere.
La spingo piano con la schiena a terra, mi metto su di lei. Pelle a pelle, mi gusto un lungo, dolcissimo bacio.
Scivolo dal suo corpo.
Sono carponi, la schiena a C, le terga esposte.
Lei aperta davanti a me, completamente offerta.
Sento la saliva di Enrico colare lungo la fessura tra le natiche, il pollice la indirizza all'ano.
Mi abbasso piegando le braccia per dargli maggiore spazio, per ridurre il mio da quella succulenta pietanza che mi si pone davanti agli occhi.
La lingua, passa dal basso verso l'alto, fermandosi per insinuarsi tra le labbra di quella vulva calda, accogliente, profumata. Quella di Enrico scorre, seguendo su di me il percorso inverso, rotea attorno all'orifizio, lo viola delicatamente.
Restituisco il piacere che mi è stato donato prendendomi cura di lei, della sua intimità.
Sento il glande appoggiato all'ano, trattengo un attimo il fiato.
Inarco ulteriormente la schiena.
Mi focalizzo sulla fica di Elena mentre sento la carne che si dilata.
Spingo verso l'esterno, per agevolare l'ingresso, lo sento entrare centimetro dopo centimetro, fino a essermi completamente dentro.
Sospiro e allontano la sensazione di bruciore che sento.
Lui è immobile, in attesa che il mio corpo si rilassi, che accetti quell'intrusione.
Riparte la mia lingua a titillare il clitoride, mentre la mano di Enrico si sposta sul mio.
Si allarga lo sfintere nella masturbazione e inizia il gioco.
Ancora una volta si armonizzano i ritmi.
Sodomizzata da lui, immersa in lei, danzo nella lussuria con sinuosi movimenti e, godo di tanta pienezza.
L'orgasmo arriva impetuoso, incontrollabile all'unisono coi loro.
Una meravigliosa sincronia di piaceri che vibrano.
Ci accasciamo così, ammassati a terra l'uno sull'altra. Enrico è ancora dentro di me, lo sento pulsare. Elena inerme distesa, la mia testa appoggiata al suo ventre.
Restiamo lì, così, in silenzio per un po'.
Lui si sfila, lo vedo dirigersi verso il bagno.
Rotolo sulla schiena.
Elena si alza. Mi da un bacio a fior di labbra.
"Dorme qui?"
"Non lo so, glielo chiedo quando esce dalla doccia."
"Okay, io vado a letto. Se resta qui, digli di far piano domani che ho preso ferie e vorrei riposare."
"Va bene, tranquilla , chiuditi la porta comunque."
"Sarà fatto. Notte."
"Notte."
Mi alzo, pulisco dove ho fatto cadere l'assenzio. Mi infilo il kimono.
"Eva."
"Dimmi."
"Ti scoccia se resto a dormire? S'è fatto tardi."
"Resta pure, basta che domattina non fai rumore uscendo, che Elena è in ferie."
"Saró silenziosissimo."
"Bravo, Mi faccio la doccia anch'io, poi ti raggiungo a letto."
Entro in bagno con il cellulare in tasca, apro la doccia.
Il vapore riempie la stanza. Appendo il kimono al portabiti, lo guardo.
È stato il tuo ultimo regalo.
Mi infilo sotto l'acqua calda, lascio che si insinui ovunque.
Con il doccia schiuma massaggio bene tutto il corpo.
Ti penso.
Non riesco a lavarmiti si dosso.
Tolgo dalla pelle il suo odore, quasi volessi far riaffiorare il tuo.
Mi avvolgo nell'accappatoio di spugna.
Prendo il telefono.
La
Lucina delle notifiche lampeggia.
Apro telegram, leggo.
"Mi manchi."
Spengo il cellulare, lo metto in carica.
Mi infilo sotto alle coperte.
"Enrico, sei sveglio?"
"Sì, dimmi."
"Io ho ancora voglia."
"Ogni tuo desiderio è un ordine."
Mi perdo in quell'abbraccio vuoto, in quegli orgasmi di solo corpo perché, non riesco a trovare altra cura al mio volere solo te.

EDS3 La fine di un amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora