" 2 - Difficoltà "

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Angst. Erwin è frustrato e demoralizzato dopo la perdita del suo braccio destro.
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Erwin pensò che fosse strano. All'inizio, era come se l'adrenalina di essersi avvicinato pericolosamente a verità sopite avesse impedito che la realizzazione di avere un braccio in meno lo travolgesse come acqua ghiacciata; eppure, ora che era stato rispedito al quartier generale, l'adrenalina aveva un po' smesso di fare il suo lavoro.

Si era ritrovato a singhiozzare davanti ad innumerevoli pezzi di carta, nella luce fioca e confortevole del proprio ufficio, incapace di riconoscere il tratto tremolante e quasi impercettibile che la sua mano sinistra era in grado di offrirgli. L'inchiostro nero strisciava disordinato lungo i fogli, macchiandoli di incertezza ed instabilità. Un paio di volte aveva anche tentato di usare semplicemente la destra, come era solito fare, ed il terrore indescrivibile che aveva provato quando si accorse di non poterlo semplicemente fare, lo portò a sgranare gli occhi.

Si era trovato a singhiozzare di nuovo quando, dopo essersi convinto di poter pensare a compilare quei dannati documenti più tardi, si alzò dalla sedia e si rese conto che era complicato perfino mantenersi in equilibrio; che un braccio normalmente ha il peso necessario a non farti inciampiare e cadere sui tuoi stessi passi.

E ancora, si era trovato a trattenere i singhiozzi più tardi, nella solitudine dei bagni comuni sul fare della sera. Il braccio era lì, pesante. Gli faceva male e mai in vita sua aveva provato un dolore tanto acuto e palpabile; lo torturava al punto di torcergli lo stomaco sottosopra, al punto di fargli scendere lacrime pungenti. Stanco, si teneva in piedi con la schiena lungo muro freddo e bagnato. L'acqua scorreva fredda sulla sua pelle, in un tentativo quasi disperato alla ricerca di pace dal dolore che dal braccio si irradiava in tutto il resto del corpo. Non si accorse di quanto il suo respiro fosse pesante; di come, senza volerlo, dei lamenti cercassero una via d'uscita dai denti serrati.
Ringraziò mentalmente la propria solitudine, sollevato di non aver dovuto mostrare certe debolezze ai suoi soldati; allo stesso tempo, però, percepiva dentro di sé quella parte che voleva battersi per chiedere aiuto.

Superata la straziante fatica della doccia, Erwin si era ritrovato – ancora una volta, l'ennesima di quel giorno grigio e solo – a singhiozzare senza ritegno nella propria stanza. Da solo non ce l'avrebbe fatta. Aveva soffiato via la fiamma della candela qualche minuto prima e a fargli compagnia c'era solamente la luce flebile della luna, lontana e un po' nascosta dalle nuvole. Non aveva più le forze di piangere, il petto era pesante a ogni respiro e la pelle del suo viso tirava a ogni movimento. Ormai le lacrime avevano lasciato spazio ad un dolore che il Comandante non poteva più piangere.
Un rumore secco alla porta lo distrasse – qualcuno che bussava. Levi entrò nella stanza prima che Erwin avesse il tempo di reagire.

« Non pensavo di trovarti già pronto per andare a dormire a quest'ora. »

La luce chiara che filtrava dalla finestra permise a Levi di scorgere appena il volto di Erwin da dove era seduto sul proprio letto.

« Ho immaginato che un po' di riposo in più non mi avrebbe fatto del male. »

I passi del corvino erano leggeri sul pavimento di legno, anche se qualche tavola scricchiolò acuta sotto ai suoi piedi. Era poco distante da Erwin e lo guardava dall'alto della sua postura. Per un attimo, il Comandante parve quasi piccolo e minuto agli occhi del Capitano; era accartocciato su di sé e rifiutava di volgere lo sguardo in direzione di Levi.

« Erwin? », cercò di richiamare la sua attenzione.
Non rispose a voce, non riuscì a fidarsi del proprio autocontrollo; girò il capo in direzione della luna fuori, allontanandosi ancora dagli occhi attenti di Levi. Un tch e percepì il materasso sprofondare sotto al peso dell'altro alla sua sinistra.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 28 ⏰

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