1. Primo giorno

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Eleonora percorse il vialetto d'ingresso del centro sportivo con il cuore a mille per l'emozione. Milanello era bellissimo sotto i raggi di un caldo sole di fine estate e lei si sentiva come una scolaretta al suo primo giorno di scuola. In effetti era il suo primo giorno di lavoro come inviata al Milan, passata dalla serie B alla serie A e direttamente in una big del campionato. Non stava nella pelle, il coronamento di un sogno e la giusta ricompensa per il duro lavoro di quegli anni.

Scese dalla macchina stringendo tra le mani una cartellina con gli appunti che aveva preso la sera precedente e si diresse verso Ciro, il cameraman, che la aspettava davanti alla porta d'ingresso. Era solo il primo giorno e già doveva intervistare un giocatore. Uno di quelli arrivati da poco.

Mancavano ancora diverse ore all'inizio dell'allenamento e nel parcheggio stazionavano poche altre macchine oltre alla sua. Abbracciò l'uomo con il quale aveva già lavorato in passato. I capelli cominciavano a diventare bianchi e un accenno di pancetta si intravedeva sotto la maglietta blu scuro. Ciro le strinse affettuosamente le spalle.

«Eleonora, che bello rivederti.»

«È bello anche per me. Come stanno tua moglie e tuo figlio?»

«Benissimo, grazie. Matteo? Non lo vedo da un po'.»

Matteo era il suo fidanzato, nonché vecchio amico di Ciro. Si erano conosciuti diversi anni prima, quando Matteo era alle prime armi nel mondo del giornalismo sportivo, ed erano diventati subito amici. E quello era anche il motivo per il quale Eleonora aveva conosciuto la famiglia di Ciro.

«Bene» rispose sorridendo, tornando con la mente alla conversazione che avevano avuto quella mattina. L'aveva rassicurata usando le parole giuste. Conosceva meglio di chiunque altro la sua ansia e sapeva come farla scomparire. «Come sai, è a Roma; è pieno di lavoro in questo periodo. Forse verrà nel fine settimana. Organizziamo una cena, magari?»

«Molto volentieri.» Si sfregò le mani e le sorrise. «Sei pronta?»

Lei annuì ed entrarono. Ciro conosceva già bene la struttura e la guidò attraverso alcune stanze e corridoi fino a una saletta attrezzata per le interviste. Due sedie, distanti alcuni metri l'una dall'altra, faretti per illuminare la zona e supporti per le telecamere. Sullo sfondo la parete era uno schermo che proiettava i colori del Milan. Poggiò la borsa sul tavolo e prese i fogli dalla cartellina.

Ciro stava sistemando le luci e la telecamera quando la porta si aprì e fece il suo ingresso un calciatore, altissimo, con la tuta della squadra che aderiva sul petto tonico e sulle gambe muscolose, e un meraviglioso sorriso sulle labbra. Eleonora spalancò la bocca di fronte a quella visione e quando i loro occhi si incrociarono i fogli che aveva in mano si sparpagliarono sul pavimento. Per un attimo anche i lineamenti del calciatore mutarono in un'espressione di stupore.

Eleonora sentì il sangue affluire alle guance e si affrettò ad abbassarsi per raccogliere i fogli. Sentiva inspiegabilmente il cuore a mille. Olivier Giroud dal vivo era imponente e bellissimo.

«Buongiorno» disse lui quando si fu alzata di nuovo. «Sono Olivier, piacere.»

Lei strinse la mano che Olivier le stava tendendo. Quel contatto la riscaldò tutta e ancora una volta si trovò a rimanere senza parole, persa negli occhi di lui. Gli tenne la mano più a lungo di quanto avrebbe dovuto, fu riscossa da Ciro che di fronte a loro si schiarì la voce.

«Mi chiamo Eleonora», si affrettò a dire, mollando la presa sulla mano. Si passò una mano tra i capelli castani e lunghi.

«Posso sistemare il microfono?» chiese Ciro a Olivier.

Olivier Giroud era l'uomo più bello che avesse mai visto. Rimase fissa a guardarlo mentre Ciro armeggiava con il microfono e i vestiti di lui. Si accorse che anche Olivier la scrutava e sorrideva, un sorriso che sapeva di peccaminoso, che le smuoveva le viscere dal desiderio e le riempiva la testa di vergogna.

Dimmi che sei mia [Olivier Giroud]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora