35. Al cuor non si comanda

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Erano trascorsi diversi giorni dalla sera in cui Eleonora e Olivier avevano parlato l'ultima volta e lei cercava di fare del suo meglio per non pensare alle sue ultime parole. Erano state parole d'amore, parole che in minima parte l'avevano fatta sentire meno in colpa nei confronti di se stessa.

Non era stata poi così stupida a lasciarsi andare e a gettare tutta la sua vita all'aria per Olivier. I sentimenti erano stati veri anche da parte di lui, non era stata solo una sua mera illusione. Ma restava ferma sulla decisione di non volergli dire nulla del bambino.

Matteo era arrivato a casa sua da qualche ora. Era stato piuttosto strano i primi dieci minuti. Eleonora aveva giocherellato con i bordi del cuscino sul divano, alzando gli occhi su di lui a tratti, fino a quando Matteo non le aveva tolto il cuscino dalle mani e si era avvicinato per baciarla. Allora lei si era sciolta un poco, aggrappandosi alle sue labbra e alla speranza che tutto sarebbe andato bene. Matteo l'aveva abbracciata forte e baciata ancora ed erano rimasti a lungo a parlare di loro due e dei momenti più importanti della loro storia.

Si era rasserenata, ma non aveva smesso di pensare a Olivier e al bambino che portava in grembo. Era suo figlio e lui probabilmente non lo avrebbe mai saputo.

***

«Ele?»

Matteo uscì dal bagno nel quale si stava preparando per la serata ed entrò in camera da letto, dove c'era Eleonora intenta a infilarsi un paio di orecchini.

Indossava un vestito di velluto nero lungo fino ai piedi, con uno spacco sul lato destro e cuciture d'argento scintillante lungo i bordi.

«Che c'è?»

Lui rimase fermo sulla soglia a fissarla con la bocca leggermente aperta. Lei sorrise e si avvicinò. «Hai bisogno di qualcosa?»

Lui batté velocemente le palpebre. «Sì, il nodo... potresti farmi il nodo alla cravatta?»

Eleonora prese la cravatta che Matteo aveva in mano, alzò il colletto della camicia e la fece passare intorno. Armeggiò con il tessuto, curvandolo e intrecciandolo fino a formare un nodo perfetto. Piegò il colletto sulla cravatta e sorrise, soddisfatta.

Matteo le prese il viso tra le mani, accarezzando le gote truccate di rosa scuro. «Sei bellissima.» Le mani scivolarono sulle spalle e poi lungo le braccia. «Avevo pensato di farlo stasera dopo la festa, ma ora o dopo che cambia?»

«Fare cosa?» chiese lei, con gli occhi che cercavano quelli di Matteo per capire di cosa stesse parlando.

La prese per le mani e le sorrise. Il volto era teso e le dita tremavano un poco contro quelle di Eleonora. Si inginocchiò, e a quel punto il cuore le si fermò e la gola divenne secca.

«Che stai facendo?»

Matteo tirò fuori dalla tasca una scatolina scura e la aprì. Dentro c'era un anello con una pietra di diamante luminosa e bellissima. Lui sollevò gli occhi su di lei.

«Eleonora, mi vuoi sposare?»

Eleonora restò qualche secondo sbigottita, poi si portò entrambe le mani davanti alla bocca e scoppiò in lacrime.

***

Matteo la stringeva a sé mentre camminavano verso l'hotel che avrebbe ospitato l'evento per celebrare l'anniversario della nascita del Milan. Rabbrividì sotto al freddo pungente di Milano. Se avesse potuto, avrebbe evitato quella serata, avrebbe evitato di trascorrere del tempo nella stessa stanza in cui ci sarebbero stati Olivier e sua moglie. Voleva illudersi di stare bene, di poterlo dimenticare completamente, di non sentire più niente ogni volta che il suo volto si affacciava nella sua mente.

Dimmi che sei mia [Olivier Giroud]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora