31. Promessa

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Eleonora osservò la porta chiudersi e lasciare fuori la persona che le aveva frantumato il cuore in meno di un minuto.

Come erano potuti passare dal festeggiare una vittoria importante per Olivier a quello? Si stropicciò gli occhi appannati dalle lacrime e andò in bagno a lavarsi la faccia. Non avrebbe pianto, Olivier non meritava niente di lei.

Le parole pungevano ancora contro il cuore e le agitavano lo stomaco. Si asciugò il viso e si guardò allo specchio.

«Non ti azzardare a versare neanche più una lacrima per quello stronzo.»

Annuì a sé stessa, dopo aver preso un respiro profondo, per suggellare quel patto.

Tornò in cucina e gettò nella spazzatura il cibo che stava preparando per lui, pulì velocemente e accese il computer, pronta ad eliminare tutto il lavoro che aveva fatto per il libro di Olivier. Non voleva avere più niente a che fare con lui, non voleva vederlo mai più.

L'aveva fatta sentire una sgualdrina, era stata davvero stupida a pensare che almeno la rispettasse. Tutte quelle attenzioni, i regali... per ultimo quel bacio veloce in campo, davanti a migliaia di spettatori e tutte le telecamere puntate addosso. Erano coperti dai compagni, certo, ma il rischio era stato alto e lui lo aveva corso senza la minima esitazione. Tutto per cosa? Non per lei. Non perché provava qualcosa verso di lei. Era stato fatto solo per se stesso, per saziare il suo ego.

Il cuore le batteva forte mentre fissava la cartella con tutti i file audio e molti appunti. C'era anche la prima bozza. C'era tutto, anche buona parte del suo futuro. Aveva voglia di urlare e spaccare il computer contro il muro.

Eleonora lo sapeva che non avrebbe mai lasciato la moglie, ma sentirselo dire in quel modo era stato quanto di più doloroso e umiliante avesse mai provato in vita sua.

Che diavolo voleva ancora? Non si era stancato di umiliarla? Andò verso la porta solo perché voleva urlargli in faccia che il messaggio era stato ricevuto e poteva andarsene a fanculo.

Non era preparata alla persona che si trovò davanti.

«Matteo!» urlò per la sorpresa.

«So che è tardi, ma speravo di trovarti ancora sveglia...» lui la fissò con un misto di ansia e nostalgia.

Le parole restavano bloccate in gola, compresse da un'improvvisa emozione. Proprio nel momento in cui aveva iniziato a pentirsi della scelta fatta, lui era apparso come a ricordarle che poteva ancora recuperare.

Matteo scambiò il suo silenzio per fastidio.

«Scusa, non sarei dovuto venire. Ero... suppongo che volessi soddisfare la mia morbosa curiosità e vedere se eri con qualcuno. Sono patetico...»

«Sono sola», riuscì a dire, fermando il momento di imbarazzo di Matteo. «Entra.»

Lui annuì, oltrepassando la soglia. «Stai bene? Hai gli occhi rossi.»

«No, no... ho solo gli occhi un po' stanchi.»

«Non voglio rubarti troppo tempo, volevo dirti che mi dispiace per come mi sono comportato ieri.»

Fece un gesto con la mano. «Non scusarti, Matteo. Avevi le tue ragioni.»

«Avevo le mie ragioni, sì, ma mi ha fatto piacere che sei venuta a salutarmi. In quel momento non volevo la tua pietà, ecco tutto. Sto bene anche se mi manchi.»

Eleonora represse la voglia di scomparire tra le sue braccia. Desiderava sentirsi al sicuro, desiderava qualcuno che la riscaldasse proprio dentro al cuore, dove sentiva più freddo. Ma Matteo non era lì per farla sentire meno sola dopo la ferita che le aveva procurato Olivier. Non era lì per curarla.

Dimmi che sei mia [Olivier Giroud]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora