9. 𝖆𝖒𝖆𝖗𝖘𝖎

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«Vi rendete conto di ciò che avete fatto?» chiese serio il mister, rivolgendosi ai numeri 14 e 18 della nazionale, che fissavano le loro scarpe con le teste chine, probabilmente delusi da se stessi per ciò che fosse accaduto. Dopo esserci preparati negli spogliatoi, io e Federico raggiugnemmo correndo il pullman dove ci aspettavano tutti, ricevendo oltre che uno sguardo inceneritore da Mancini -il quale però non disse nulla, almeno non lì- anche altri sguardi confusi dai vari componenti della squadra.

Arrivati all'albergo inglese, poi, gli altri si recarono immediatamente al ristorante, sotto ordine del coach, mentre io, Federico e Nicolò venimmo convocati nella palestra dell'albergo, sicuramente per ricevere una bella ramanzina dal commissario tecnico, come fosse giusto accadesse e ci aspettassimo. I due ragazzi avevano disobbedito al fair play, tra l'altro nella propria squadra, ed io pensai subito al peggio: li avrebbe sicuramente messi in panchina fino alla fine dell'europeo, non facendoli giocare e penalizzandoli, pensai tra me e me.

Nonostante quel provvedimento mi spaventasse parecchio per la reazione di Federico, che avrebbe perso una bellissima ed unica opportunità alla quale teneva moltissimo, sapevo -a malincuore- che fosse giusto farlo e non potessi oppormi o convincere Roberto Mancini a fargli cambiare idea.
«Sapete cosa vi meritate voi due?» il coach iniziò ad alzare il tono di voce, facendomi sussultare come se si stesse rivolgendo proprio a me, mentre i due ragazzi, seduti su due piccole sedie di fronte all'uomo, continuavano a tenere la testa china, non avendo il coraggio di guardare quest'ultimo negli occhi.

Io mi trovavo dietro a Federico, come se avessi potuto sostenerlo solo con la mia presenza alle sue spalle, non potendo di certo sfiorarlo e consolarlo con il mio tocco, col capo che ci fissava di fronte a noi. In realtà, sapevo che nessuno dei due ragazzi fosse poi così dispiaciuto per ciò che fosse accaduto, ma sicuramente lo erano per averlo fatto davanti ai compagni di squadra e in quel contesto, in presenza del loro mister.

In quel momento, era come se potessi sentire e provare tutto ciò che stesse passando Federico, come se le nostre anime fossero collegate con un filo invisibile. Sapevo che stesse male per aver deluso così tanto il mister. Proprio lui, che era sempre stato così perfezionista e attento a risultare impeccabile sia in campo che non.

«Lo sapete?» ripeté Mancini, non avendo ricevuto una misera risposta da nessuno dei due «vi meritate solo di stare in panchina e non giocare fino alla fine dell'europeo! » concluse, mentre tirava fuori dalla tasca la sua mano destra che puntava il dito ad entrambi, come se fossero stati colpevoli di qualcosa di imperdonabile.
«Mi dispiace, mister» fu proprio il ragazzo dagli occhioni color nocciola e la voce incrinata, per star trattenendo un pianto liberatorio, a pronunciare quelle parole.

«Scusi, mister» il ragazzo biondino lo seguì, ma con tono più scocciato e meno in ansia rispetto al giocatore juventino, che aveva decisamente più paura del provvedimento a cui si sarebbe sottoposto.
«Mi spiegate cos'è successo e chi ha iniziato dei due?» l'uomo dai capelli brizzolati prese un lungo respiro e cercò di calmarsi, abbassando il tono di voce e prendendo un'altra piccola sedia per posizionarsi di fronte ai suoi giocatori.

«Ho iniziato io» prese coraggio Federico, alzando anche la testa per guardare Mancini negli occhi. Non potevo vederlo, ma lo immaginai con gli occhi lucidi e uno sguardo dispiaciuto, tanto che il mio stomaco si chiuse in una morsa e il cuore rischiò di esplodere per la tenerezza che mi donava quella visione. In ogni caso, mi sentii fiera per il suo essersi preso le responsabilità, anche se la reazione del ct mi spaventasse più che mai.

«Perché?» vidi il coach rilassarsi un po' sulla sedia, probabilmente anche lui era felice che Chiesa si fosse fatto avanti e che quindi lui non avesse dovuto togliere le parole di bocca a uno dei due, ma giustamente voleva sapere sempre e ancora di più.
«Non c'entra con la partita o il calcio» rispose frettolosamente Barella al posto di Federico, leggermente in ansia che Chiesa avesse potuto rivelare il fatto che mi avesse praticamente tradito con la sua ragazza, pensando ingenuamente che io ancora non lo sapessi.

Rewind ||Federico Chiesa||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora