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Di prove non ne avevano trovate molte e Olivia sperava che quelle trovate sarebbero bastate allo scopo. Era impaziente di sapere cosa si stessero dicendo. Aveva troppa adrenalina in corpo per riuscire a stare ferma, così faceva avanti e indietro mordicchiandosi le unghie in preda al nervosismo. Le suole delle sue scarpe da tennis stridevano sul linoleum consumato e quel rumore infastidiva Mya, seduta a poca distanza.
La cheerleader sbuffò e spostò lo sguardo dagli agenti seduti dietro le loro scrivanie a Olivia: la guardò stizzita.
- Perché non ne hai parlato prima? - le chiese infine, sperando che ciò bastasse a farla stare ferma.
Quella domanda risvegliò Olivia dai suoi pensieri. Abbassò lo sguardo sulla ragazza che le sedeva davanti.
Si trovavano nella stazione di polizia di Forks: stavano aspettando Lydia che, entrata nell'ufficio dello sceriffo, tentava di convincerlo a seguire la loro pista.
Dalla finestra che si affacciava sull'ufficio dello sceriffo, Olivia vedeva solo sua madre e lo sceriffo che parlottavano, ma non riusciva a capire cosa si stessero dicendo.
- Come facevo? -
Mya stava seduta su una delle sedie in plastica dedicate a chi attendeva di essere ascoltato, dondolava il piede: anche lei era agitata, ma tentava di nasconderlo. Alzò le spalle.
- Quindi è per questo che non hai un cellulare? - le chiese curiosa.
- Mamma non si fida a lasciarmi sola con la tecnologia - annuì Olivia.
La nuova arrivata lanciò un'altra occhiata alla vetrata: sua madre si stava alzando dalla sedia e lo sceriffo Orfei aveva smesso di parlare e guardava Lydia con un'espressione severa.
- Mi dispiace per il tuo amico -.
Olivia annuì e seguì con lo sguardo i movimenti della madre; la sua avanzata verso la porta d'uscita.
- Mi dispiace per te - la cheerleader si alzò - non sei una brutta persona come pensavo - confessò.
Olivia posò di nuovo lo sguardo su di lei e scosse la testa. - Sto bene - la rassicurò.
- Sei sicura del piano? -
- Sicurissima. Voi? -
Mya lanciò uno sguardo alle sue spalle, verso la porta d'ingresso dove Liam, James e Sabrina le attendevano seduti sulle gradinate d'accesso.
- Io sì e anche i ragazzi lo saranno - affermò decisa.
Olivia annuì e si volse verso l'ufficio dello sceriffo.
Lydia era già uscita e sul suo volto campeggiava un'espressione che non preannunciava nulla di buono: lo sceriffo non le credeva.

Olivia non aveva chiuso occhi quella notte, come tutti gli altri coinvolti nel suo piano, ma nonostante la mancanza di sonno si sentiva più carica degli altri giorni.
Tamburellava sulla ceramica della tazza.
Era lunedì ventisette settembre: Olivia si trovava seduta su una sedia del Mint Hill. Una tazza di caffè era posata sul tavolo di legno davanti a lei. Il contenuto si era raffreddato: erano già quindici minuti che aspettava. Prese un sorso e lanciò uno sguardo fuori, verso la strada.
Le auto sfrecciavano sull' asfalto bagnato e la nebbia ne sfumava i contorni man mano che si allontanavano. Le persone si accalcavano nel bar, riparandosi dal freddo e dalla pioggia che senza tregua veniva giù.
Dell' Impala nera nessuna traccia.
Abbassò lo sguardo sullo schermo del cellulare: nessun messaggio o chiamata.
Sua madre le aveva concesso una tregua solo per ciò che dovevano compiere quella mattina.
In possesso del suo vecchio telefono, Olivia si affrettò a condividere il suo numero con gli altri ragazzi facendosi promettere di rimanere sempre in contatto.
Le sembrava strana questa situazione. Non era il fatto che stavano per prendere un assassino, ma perché finalmente aveva delle persone di cui potersi fidare oltre sua madre.
Ieri sera, prima di separarsi e andare a dormire, si diede appuntamento con Liam al bar vicino alla scuola. Lui le disse che sarebbe stato puntuale, ma erano passati già quasi venti minuti. Iniziava a temere che fosse successo qualcosa.
Il campanello sopra la porta del locale tintinnò.
Olivia lanciò uno sguardo verso l'entrata: l'agente Hastings era ferma sullo stuoino ad asciugare le suole delle scarpe.
La donna avanzò sicura verso il bancone e si lasciò cadere su uno degli sgabelli.
Olivia bevve l'ultimo sorso di caffè e si alzò: non c'era tempo per aspettare Liam.
- Agente Hastings - la ragazza si sedette sullo sgabello accanto - buongiorno - la salutò.
La donna dai capelli rossi annuì, sorridendo. - Olivia, giusto? -
- Sì, siete stati a casa mia l'altro giorno - ricordò.
- Hai ragione -.
Una cameriera si avvicinò e posò sul bancone l'ordinazione dell' agente Hastings.
Mentre la donna pagava, Olivia abbassò lo sguardo sul cellulare e avviò la registrazione per poi riporlo nella tasca dei pantaloni.
- Oggi non va a lavoro? - le chiese notando il suo abbigliamento casual.
- No, ho preso dei giorni di permesso -  si portò la tazza di caffè alle labbra rosee.
- Va' da qualche parte? -
- Sì, in Canada -.
L' agente Hastings parve un po' indispettita da tutte quelle domande.
Olivia notò quanto non fosse cambiata: odiava ancora gli impiccioni.
- Liam mi aveva accennato delle sue origini - sorrise - farà ritorno a casa. Saranno tutti contenti di vederla -
Amanda Hastings non annuì subito, il sorriso sulle labbra sembrò vacillare.
- Saranno tutti contenti di vederla - ripeté Olivia - sua madre, suo padre... suo fratello -.
Il fondo della tazzina si scontrò con la superficie in ceramica del piattino.
- Credo che tu mi stia confondendo con qualcuno: sono figlia unica - ribatté a denti stretti.
- Eppure ero convinta che avesse un fratello di nome Joshua -.
- Ti sbagli - disse brusca.
Olivia fece spallucce e lasciò cadere l'argomento.
- Si è trovata bene qui? -
- Sì - ordinò un altro caffè alla cameriera.
- Una cittadina così tranquilla, se non fosse per questo incidente orribile -.
- Già, tremendo - la postura di Amanda Hastings si irrigidì.
- Non si riesce nemmeno a trovare il colpevole. Lo sceriffo Orfei sembra brancolare nel buio. Quella povera ragazza non può nemmeno trovare un po' di pace - Olivia scandì bene le parole.
- Già, povera ...- sibilò.
- L'ha mai conosciuta? -
- Non ho avuto il piacere -.
La cameriera di prima posò sul bancone la tazza e alzò lo sguardo sulla donna per poi posarlo su Olivia. Era confusa, non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
- Sa cosa mi spaventa di più? - Olivia non aspettò che Amanda posasse la tazza per rispondere - Il fatto di poter stare seduta a un tavolo con un assassino: é un pensiero che mi fa gelare il sangue nelle vene -.
Amanda Hastings ingoiò il caffè, bevuto tutto d'un fiato. Posò la tazza e restò immobile a guardare il suo riflesso nello specchio che aveva davanti.
Olivia attendeva una sua reazione: era ciò che serviva perché potessero incriminarla.
La donna invece parve calmarsi, rilassò i muscoli della faccia e si spostò i capelli dal viso. Sembrò dimenticare la presenza di Olivia.
La ragazza nuova si stupì di quanto fosse diventata brava a gestire la rabbia. Si sarebbe congratulata con lei se si fossero trovate in un altro momento, ma adesso aveva bisogno di una sua reazione.
- Non hai nulla da aggiungere Amber? -
Al sentire quel nome, i lineamenti del viso dell' agente si indurirono. Le mani si chiusero in due pugni e i respiri si fecero più veloci.
- Non sei riuscita a coprire bene le tue tracce stavolta - Olivia si sporse verso di lei - ho trovato i messaggi che le mandavi, le chiamate a tarda notte. Sai Aline aveva installato un app per registrare le chiamate che riceveva: ho riconosciuto la tua voce - posò una mano sullo schienale dello sgabello per non perdere l'equilibrio - cambiare nome, cambiare taglio di capelli, perdere peso e truccarti un po' di più non è servito a niente. So chi sei Amber Holmes e so cosa hai fatto - le sussurrò all' orecchio.
In un secondo Olivia venne spinta contro il bancone. Urtò il bordo ligneo del tavolo con la schiena e si morse la lingua per non urlare di dolore.
L'agente Hastings le agguantò il collo e strinse. La ragazza sentiva le sue dita del suo aguzzino affondare nella pelle.
- L'hai terrorizzata! - urlò Olivia, divincolandosi dalla sua stretta.
La sua stessa voce le graffiava la gola.
Sentì il locale movimentarsi. Non riusciva a vedere bene cosa stesse accadendo: aveva la vista offuscata, ma sentiva delle sedie spostarsi e persone uscire fuori dal locale.
Un paio di persone cercarono di distrarre Amanda, ma nessuno si frappose.
- Stavolta non te la caverai - tossicchiò.
La testa sembrava voler esplodere. Gli occhi non riuscivano a rimanere aperti. Annaspò in cerca d'aria e affondò le unghie nelle mani di Amanda. Le graffiò la pelle dei dorsi.
Sentì qualcuno, forse la cameriera che aveva servito l'agente, chiamare la polizia.
Olivia socchiuse gli occhi e tentò di allentare la presa della donna, ma non aveva più forze.
Poi qualcuno riuscì finalmente a togliergliela di dosso: Olivia crollò a suolo.
La ragazza tossicchiò, aveva la gola in fiamme. Aveva ancora vista offuscata, ma riuscì a intravedere l'agente Hastings fuggire via dal bar.
- Livia, tutto bene? - Liam tentò di farla alzare dal pavimento.
Olivia annuì, portando una mano alla gola che le doleva. Tossì un paio di volte e si schiarì la voce.
- Dobbiamo andare. Dobbiamo seguirla - gracchiò.
Olivia interruppe la registrazione e si diresse fuori dal locale: vide la donna fare retromarcia nel parcheggio e uscire.
Dietro di lei, Liam chiuse la porta del locale. Salirono in macchina in silenzio e partirono.
Il ragazzo si accinse a scusarsi per il ritardo, ma Olivia non gli prestava ascolto: era impegnata a comporre il numero della madre.
Lydia rispose subito. Il tono della voce esprimeva preoccupazione.
- Mamma, credo che sia diretta in Canada - esordì Olivia - io e Liam la stiamo seguendo. Convinci lo sceriffo a raggiungerci - si massaggiò la gola.
- Olivia torna in centrale, non è sicuro seguirla -.
- Mamma ho le prove... Abbiamo le prove -
lanciò un rapido sguardo a Liam.
- Olivia, non si può arrestare. Lo sceriffo non può: non ha prove a sufficienza -
- Mamma se fosse stata innocente, non sarebbe scappata  -.
Lydia fece silenzio come se ci stesse riflettendo su.
- Mamma abbiamo le telefonate, abbiamo la sua voce. Posso spiegare allo sceriffo come ho fatto -.
Lydia sospirò. - Chiamo un amico: cerco di fermarla prima che oltrepassi il confine. Fate attenzione -.

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