il nulla

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non sentivo niente. fuori il mio sguardo appariva freddo, la mia immagine era immobile, la mia anima inesistente. dentro urlavo, urlavo con tutto il fiato che avevo tratto dal dolore, fiato che avevo perso durante le notti in cui soffocavo i singhiozzi. mi era passata la voglia di uscire di casa e di incontrare visi nuovi, non volevo più sapere le storie degli altri ragazzi come me. avevo iniziato ad odiare il sole, il vento, i fiori che cominciavano a sbocciare, il rumore dell'acqua, le voci delle genti. non volevo più sentirle. tutto ciò che desideravo? silenzio. pace. calma. volevo vivere la notte, nella più assoluta assenza dei rumori, perché ormai il giorno mi stava togliendo anche quel filo impercettibile di fiato che mi rimaneva per respirare. sentivo freddo e avevo le mani congelate, ma fuori non c'era freddo. il nemico del calore veniva da dentro di me, usciva da quelle piaghe che formavano un mosaico scomposto tra i miei pensieri, le mie idee, i miei sogni. avevo iniziato ad odiare l'estate e tutto ciò che da lei nasceva. amavo quelle giornate di pioggia buie, in cui solo le lacrime divine cadevano dal cielo accompagnando il mio pianto: almeno sapevo che non solo la solitudine mi faceva compagnia. non sopportavo più tutto il fracasso dei miei pensieri e del disagio che mi stava attorno. mi sentivo un piccolo uccellino perso nell'infinità di un cielo che non aveva mai visto. e poi tutte quelle domande, quelle erano degli incubi, come delle fobie persistenti che non ti lasciano mai. ma io chi sono? cosa sono? dove sono? perché sta capitando a me? cos'ho fatto di male per meritarmi questo? perché non mi amo? quanto ancora dovrò aspettare per la gioia? perché mi sento come se volessi... morire? tutti questi quesiti erano ormai la mia quotidianità, erano un pensiero fisso e irremovibile, ma quest'ultimo era quello che più odiavo. io amavo la mia vita, non potevo desiderare di meglio. forse non volevo desiderare di meglio. oppure non dovevo desiderare di meglio. allora come mai quel vuoto così profondo e incolmabile dentro avanzava? e perché quel senso di ribrezzo saliva ogni qualvolta pensavo a me come persona nella società? continuavo ad udire ogni giorno di più i passi della morte che mi correva incontro. non l'ho mai capito il perché e mai lo capirò: forse perché io non sentivo niente.

dedicato a tutti quelli che hanno spento le emozioni.

𝗳𝗹𝘂𝘀𝘀𝗶 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝘀𝗰𝗶𝗲𝗻𝘇𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora