salvarti

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era notte fonda. mi ha svegliato il nostro gatto che è salito sul letto e si è sdraiato vicino al tuo cuscino. io ti cercavo a tastoni, ancora con gli occhi serrati per il sonno, ma non ti trovavo. volevo abbracciarti. era una delle prime volte che venivo a dormire da te. dopo tanti mesi di relazione finalmente c'eravamo riusciti e io pensavo che anche tu ne fossi felice. ho aperto gli occhi e ho sollevato le coperte dal materasso, ma di te nessuna traccia. una fiocca luce proveniente dalla cucina era tutto ciò che riusciva a donarmi un piccolo bagliore per provare a cercarti nell'oscurità. avevo un brutto presentimento. abbandonato il nostro caldo giaciglio, mi dirigevo verso di te con le gambe che tremavano. con il corpo sfioravo i muri del corridoio mentre la luce, pian piano, illuminava ciò che si poneva dinnanzi a me. ho varcato la soglia della porta con esitazione e il cuore che palpitava e poi ti ho visto lì, immobile, che mi davi le spalle con qualcosa che provavi a stringere nelle tue mani tremanti. il respiro mi si è mozzato in gola e probabilmente tu l'hai sentito. ti sei girato con una lentezza disarmante che mi uccideva ogni secondo di più, rivelando una lunga striscia rossa sul tuo braccio sinistro e un coltello da cucina nella mano opposta che faticavi a non far tremare.
avevi lo sguardo spento.
«no, no, no!» ti sono corsa incontro con gli occhi che si riempivano poco a poco di candide lacrime. i tuoi, invece, erano vuoti. poi hai mollato la presa e l'utensile incriminato è caduto a terra con un tonfo sinistro. con un calcio l'ho fatto scivolare sul pavimento, mandandolo il più lontano possibile da te. provavo a tamponare la tua ferita mentre la mia vista si offuscava e il mio pianto si mischiava al tuo sangue. ti scuotevo, ti parlavo, ti imploravo, ma tu non c'eri. eri assente, non rispondevi più a ciò che avevi attorno. mi sembrava che il tempo stesse rallentando e ogni attimo che passava faceva male mille volte in più rispetto a quello precedente. per sbaglio ho sfiorato i tuoi pantaloni di cotone blu, il tuo colore preferito, e mi sono accorta che erano umidi. quello sul braccio non era l'unico taglio.
avevo capito tutto. e dal modo in cui anche tu mi guardavi per la prima volta in questa nottata, capisti che avevo compreso. le tue ginocchia cominciavano a cedere e in viso ti facevi sempre più pallido. con la voce spezzata provavo a rassicurarti, speravo di riuscire a darti un ennesimo motivo per non andartene, ma dalle mie labbra uscivano solo sussurri.
«ti prego, ti prego, ti prego...» ripetevo assiduamente con la testa appoggiata al tuo ventre. ti eri sdraiato a terra, non riuscivi più nemmeno a sbattere le palpebre. un'enorme chiazza rossa ti stava inghiottendo. poi hai cercato timidamente la mia mano con le ultime forze che ti erano rimaste, l'hai stretta un poco quando l'hai trovata e una lacrima ti ha solcato la guancia candida mentre provavi a sorridermi per l'ultima volta. nei tuoi occhi leggevo quell'unica parola, quella che non sarebbe mai dovuta essere la tua ultima: scusa. ero io quella che doveva scusarsi, non tu. ho appoggiato l'orecchio sulla parte sinistra del tuo petto e l'ho sentito: avevo sentito l'ultimo battito del cuore, cuore che avevi regalato interamente a me. poi, il silenzio.
ero arrivata troppo tardi.
purtroppo non ero come te. non sono mai stata brava ad agire a tempo debito. tu l'hai sempre fatto e io non sono mai stata buona a ricambiare la pazienza, la buona volontà, il tempo impiegato e l'amore che tu mi hai donato senza chiedere nulla in cambio.
tempo fa mi avevi salvata dalla vita.
io non sono stata in grado di salvarti da te stesso.

dedicato a tutti quelli che amano e offrono tutto fino alla fine.

𝗳𝗹𝘂𝘀𝘀𝗶 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝘀𝗰𝗶𝗲𝗻𝘇𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora