La scatola.

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'Hai gli occhi rossi' disse Janette con compressione.
'Non mi passa molto facilmente..'
'Dai Anna, andiamo a parlare un po' "
Le due ragazze si allontanarono dalla festa, per dirigersi nel loro parchetto segreto. Quando furono abbastanza lontane da non essere sentite:
'A me dispiace, ma comunque Camilla è così e ci ha accusate di cose non vere!'
'Allora Anna, perché piangi ?! Te lo dico io. Perché qui c'è una cosina che ti sta dicendo che Camilla ha ragione" Janette le tocco affettuosamente il capo e la strinse a se. Lei sapeva perfettamente come ci si sentiva: lo avevo provato troppe di quelle volte, che orami era giunta alla conclusione.
Camilla si avvicinò: 'Anna..' Disse, come se non volesse disturbare. 'A me dispiace, ma io sento che voi mi escludete'
Anna rispondè aggressiva: ' Come posso starti vicina se non lo vuoi ?!'
Arrivó anche Alice, lei delle tre era la più forte eppure Janette non era ancora riuscita ad ammonirla, non capiva.
Janette decise che fu l'ora di allontanarsi. Anna andò dalla parte opposta in lacrime e Alice e Camilla restarono li.
'Janette.. Cos'è successo ?!' Le chiese Elena. Ma Janette non era pronta a dire quello che avrebbe urlato poco dopo al mondo, neanche alla sua migliore amica. Elena era intelligente: capì subito che quella non era una sera normale: tanto vero che era la festa di Janette .. Lei era un tipo particolare: o era bianco o nero. Il grigio ?! Neanche per sogno. Con lei non c'erano le mezze vie, o la prendi o la lasci o la odi o la ami. Lei stessa affermava che le mezze vie erano per le mezze seghe ! A volte, era troppo freddolosa, impulsiva e perfino aggressiva. Aveva un suo modo di esprimersi, che alla gente sembrava arrogante; un modo di vedere le cose, che alla gente sembrava troppo maturo; un modo di dirle, che alle persone sembrava troppo schietto; un modo per stare male, quello la gente non lo vedeva. Bhe, in qualche modo lei stava male, perché erano poche le persone che capivano il suo modo e non capiva come migliorarsi. Solo Elena vedeva il suo dolore o meglio, Janette si era aperta solo a Elena, perché era stata l'unica con la pazienza di restare lì e ogni giorno smantellare la corazza che aveva a dosso. Elena conosceva alla perfezione Janette.
' Jack ha il tuo telefono e sta leggendo le nostre chat..' Disse Elena.
'Come ?!?' Un altro problema che si aggiungeva per Janette.
' Non ho tempo ora ! Prendilo, e speriamo che non abbia letto niente !' C'erano infiniti contatti e chat per cui jack avrebbe potuto lasciarla.
Janette aveva solo bisogno di stare da sola, non capiva più niente e la festa non le piaceva. Passando dal Parchetto, vide Alice e Camilla: 'Alice fai l'amica per una volta e abbracciala.' Pingevano tutte e due, ma sta volta non aveva tempo per risolvere le loro discussioni. Doveva andarsene prima che la scatola si fosse aperta del tutto. Raggiunse la sua panchina preferita, sotto la luna, le stelle e dietro quell'albero su dove lei stessa aveva inciso una faccia ridente. Si sedette, guardó per un attimo il cielo, ma non si vedeva bene con gli occhi pieni di lacrime. Sentì dei passi, Anna si stava avvicinando, non sapeva se andarsene o no. In uno schiocco di dita, le due pantere felici che si divertivano a fare di tutto si ritrovarono alla loro panchina a piangere. La panchina dove avevano fumato la prima volta, dove si fermavano sempre a parlare, dove si davano lo smalto e adesso anche dove piangevano. Anna strinse Janette forte. Fu attimo intenso, con le mani strette, gli occhi languidi: nessuna delle due voleva dire niente, non ce ne era bisogno.. Si sentivano una schifo entrambe, ma l'odore delle lacrime dell'altra le faceva sentire al sicuro.
'Non ne vale la pena..' Prese il coraggio Janette. Anna si coricò sulla panchina: 'è colpa mia'. 'No. È colpa di Virginia, se non avesse fatto tutte quelle sceneggiate.. Non avrebbe squilibrato il vostro rapporto ! Tu non hai colpa.' Disse con rabbia. Silenzio e lacrime.
Due voci si stavano avvicinando, discutevamo con tono balbuziente, come se stessero piangendo. Erano Camilla e Alice. Si misero davanti a le due amiche. Nessuno disse niente, tutte aveva capito, perché stavano così. Janette aveva raggiunto i massimi livelli, se ne doveva andare: si alzò e mugolando cominció a comminare. Anna non la poteva lasciare da sola, la seguì, la prese e l'abbracció: Janette si strinse nell'impermeabile di Anna, i suoi singhiozzi erano sempre più forti e con loro cresceva il suo malessere. La scatolina di Janette si era aperta del tutto, e ora tutti i suoi mostri uscivano fuori, passando per la sua mente. Quel dolore muto era straziante, nessuno poteva capire. Anna la calmava, ma più sentiva Janette più piangeva anche lei: 'stai calma' le ripeteva con le lacrime agli occhi, ma Janette stava male a vederla così. Janette doveva nuovamente andarsene in un posto dove non steste male, la scatola si stava per aprire: uscì dal parco, arrivando al borgo che la portava in paese. A quel punto Anna si mise davanti a lei, Janette le si buttò addosso: 'Non voglio tornare là' disse singhiozzando. 'E non ci andiamo' le rispose ancora in lacrime l'amica. Girarono ai mosaici del comune, erano tutti illuminati, con delle lucine per terra gialle, erano belle; le panchine di marmo riflettevano la luce della luna, i pezzi bianchi dei mosaici risaltavano anche loro, come una specie di .. Richiamo per sirene. Anna la trascinó al mosaico più grande, quello attorniato di sassolini bianchi. A Janette passó per la mente la morte: fa meno male morire che vivere con questo dolore, no ?! Eppure la vita è un dono sacro, ma la sua era stata maledetta, come quando buchi un palloncino e non si gonfia più. Non fecero in tempo a sedersi che arrivarono Camilla e Alice: vagavano nel parco come Paolo e Francesca nella tempesta che li fu inflitta; forse il loro amore era tormentato come quello.. Forse gli faceva solo male parlarne.
Alice si sedette accanto a Anna e Camilla si posò davanti a Janette, la sua eleganza era tale anche in lacrime. Janette le diceva sempre: 'Sii stronza quanto figa.' Ma Camilla non riusciva a capire il significa che quella belva le stava porgendo.
' Si può sapere cos'è successo ?!' Chiese Camilla con voce flebile.
Janette cominció a togliersi le scarpe che le dolevano i piedi appoggiandoli sui sassi. Il rumore dei tacchi che sbatteva sull'asfalto sembrava quasi tranquillizzarla e rispose: 'niente.'
'Non è vero Janette, allora non staresti piangendo..'
'Niente.'
'Ma centriamo noi in qualche modo ?!'
Janette alzó gli occhi e smise di lanciare le pietre per qualche scendono.
'Si, prima o poi mi becchi..' Disse Camilla
'No.. Ho un autocontrollo ..' Le rispose Janette. Adesso tutte avevamo visto perdere il controllo a Janette, non era mai successo prima e vederla così fragile spaventava tutte.
'Centriamo noi ?!' Chiese nuovamente Camilla, era più calma di tutte e quella con più coraggio.
'No è una cosa mia.' Disse con rabbia l'amica difronte. Tiró sassi per un altro po', finché non passó un signore in bicicletta: 'sparisci coglione!' Gli urló dietro. Aveva una rabbia dentro da tirare fuori che nessuno poteva immaginare. Poco dopo, quando la scatola fu richiusa se ne andò.. Quella ragazza era incredibile.

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