1. COSA TI PORTA A LOS ANGELES?

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SALLY

Luglio

Portafogli preso; chiavi prese; cellulare... Oddio, il cellulare? Ah, ce l'avevo in mano. Avevo un'agitazione tale da non riuscire neanche a distinguere i numeri romani, sull'orologio a muro, da quelli arabi.

Passai una mano sulla fronte e tra i capelli, i quali erano ancora un groviglio biondo in disordine. Mi affacciai allo specchio vicino all'entrata, portai l'elastico e la forcina in bocca e mi tirai i capelli in una coda alta, lasciandoli ondeggiare sulla schiena. Controllai un'ultima volta il trucco intorno agli occhi verdi, togliendo una sbavatura sulla palpebra, quindi osservai la scollatura del vestito e sospirai. Avevo scelto un tubino rosso con un leggero scollo a V, ma non ne ero più tanto convinta. Forse era troppo per un aperitivo alle sei e mezza di pomeriggio?

Zoe poggiò i gomiti sul muretto, guardandomi con i suoi dolci occhi dal colore del cioccolato fondente, e mi sorrise. «Sei uno schianto».

«Grazie, Zolletta», le feci una smorfia.

«Qualche addetto al lavoro si innamorerà di te», si voltò per guardare Andrew che stava lanciando in aria Joey. «Andrew, ma sei pazzo?!»

Il ragazzo riprese al volo il gatto e sorrise nella nostra direzione. «Ci stiamo divertendo, vero Jo'?»

Scossi la testa, divertita, poi afferrai la borsetta nera e mi guardai ancora allo specchio. Non sembravo io, quella là. Ero abituata a vestirmi casual o sportiva, ma di certo non ripugnavo un look più professionale. Speravo solo di poter tornare ai miei jeans molto presto. «Okay, vado o farò tardi. Recupero io Budderball quando torno, non preoccupatevi», baciai Zoe sulla guancia e allungai la mano per salutare Andrew.

«Mi raccomando, non farti mettere i piedi in testa», disse mentre circondava le spalle di Zoe con un braccio. «Sei sicura che non vuoi che ti accompagni? Forse sarebbe meglio farsi vedere con un ragazzo: la gente in quei ambienti è molto maschilista, purtroppo».

Apprezzavo quanto si preoccupasse per me, ma gli avevo già detto che non mi serviva il suo aiuto e che lo spray nella borsetta sarebbe stato più che sufficiente, semmai fossi stata in pericolo. «Grazie, Myers, ma no. Non mi va di farmi vedere con te, solo perché ormai la tua faccia si riconosce», gli feci l'occhiolino, lanciai un altro bacio a entrambi e uscii di casa su quei tacchi infernali.

Avevo guadagnato almeno sette centimetri in altezza, perciò ero intorno al metro e settantasette, tuttavia odiavo come mi sentissi impacciata su quei trampoli. Raggiunsi la mia macchina e sospirai di sollievo quando ci entrai. Dannati tacchi e chi li aveva inventati!

«Bene», mormorai a me stessa mentre inserivo il GPS e davo gas alla macchina.

La musica che pompava dallo stereo non mi aiutò a rilassare i nervi, i miei pensieri peggiorarono man mano che mi avvicinavo alla destinazione e una volta arrivata, quando i miei occhi si posarono su quello che poteva essere uno strip club, erano ormai deragliati verso scenari raccapriccianti. Okay, forse guardavo troppi film d'azione, ma ero felice di conoscere qualche mossa di autodifesa, un po' meno felice di non aver accettato l'aiuto di Andrew. Maledetto orgoglio!

Quando Harold, il produttore, aveva chiesto la mia presenza durante i casting, era ovvio che avessi immaginato di trovare l'amore della mia vita tra uno dei famosi attori scelti per far parte del progetto. Tuttavia, il mio bel sogno hollywoodiano era stato smontato da Noah Keller, un uomo che lavorava a stretto contatto con Harold, che ci aveva tenuto a precisare che il cast sarebbe stato composto solo da nuove scoperte. Era logico, comunque: non volevano occupare persone troppo importanti per un lavoro non sicuro.

In ogni caso, non riuscivo a smettere di sorridere. Attori famosi o no, la mia vita stava per cambiare.

Scesi dall'auto e tirai giù il vestito prima di spingere la porta. L'interno del bar era proprio come immaginavo potesse essere un posto per ricchi che facevano affari di lavoro. Il bancone, con dietro due bartender, era lunghissimo e circolare, contornato da sgabelli. Sul palco alla mia destra, una signora stava cantando una vecchia canzone orecchiabile. Il resto dell'ambiente era zeppo di tavoli dalle dimensioni diverse. Era davvero un bel posto, niente a che vedere con lo strip club che avevo ipotizzato. Grazie all'arredamento in legno e le luci basse e calde, tutto era più accogliente e confortevole. Iniziai a rilassarmi.

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