2. zusammen - insieme

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Ho dovuto davvero presentarlo a tutti; non ho avuto scampo, non c'è stato margine di fraintendimento. Avevo concluso la frase con un banalissimo: "e lui è Rüdiger", ma Celeste ha voluto specificare: "il suo fidanzato", senza nemmeno interpellarmi prima. C'è chi è rimasto sorpreso, chi l'aveva già incrociato fuori scuola e aveva intuito che la natura della nostra frequentazione era tutt'altro che accademica, e c'erano persino due ragazze che avevano provato ad avvicinarlo, salvo ricevere in cambio un secco rifiuto. Si sono complimentate con me per essere riuscita ad "aggiudicarmelo", ma quegli elogi alla mia caparbietà avevano un retrogusto aspro, che mi ha fatto storcere il naso.

Celeste ha invitato davvero tutti: i nostri compagni di classe, quelli della sezione di Azzurra, i ragazzi simpatici della C, le ragazze dell'ultimo anno a cui ci eravamo aggregate in gita. Le due ragazze bizzose si chiamano Nadia e Selina: sono stata oggetto della loro invidia, rea di essermi accaparrata il bel forestiero, ma il loro astio è durato poco... Celeste trova estremamente noiose le feste organizzate dagli adolescenti, motivo per cui ha organizzato delle attività quantomeno insolite, che hanno coinvolto tutti.

Per prima cosa, la corsa dei risciò. Quando ho visto quanti ne aveva affittati, sono rimasta sconvolta. Potevamo salirci tutti quanti e, per lo spazio che avevamo a disposizione, il tragitto sarebbe stato discretamente lungo e tortuoso, quindi più stimolante. Il giardino di Celeste non è in piano; presenta salite e discese, anche ripide, che si affrontano come un giro in giostra, facendo scattare le gambe, spingendosi in avanti o indietro a seconda delle variabili di percorso.

Una corsa a premi, oltretutto.

Un nostro comune amico, Giovanni, si schiarisce la voce e pone una domanda legittima, quella che tutti avevano formulato e taciuto: «ma in che senso a premi? Qualcun altro che non sia la festeggiata può ricevere un regalo?»

Lei, tutta impettita, ribatte: «sì e quindi? Vi dispiace per caso?» Segue un lungo attimo di silenzio, prima che lei ci sproni a formare le squadre. La nostra è chiaramente composta da cinque persone e quando Celeste dà il via, ci diamo subito da fare per portarci avanti agli altri. Rüdiger, che ragiona come un adulto ma che si comporta spesso e volentieri come un ragazzino, la trova un'idea splendida e accetta la sfida con entusiasmo. Iniziamo a pedalare di buona lena, incanalando fiato ed energie per affrontare le salite e salvandoci da uno sforzo eccessivo durante le discese. A un tratto, però, qualcosa va storto: assaltiamo la cunetta, noi e altre tre squadre, ma vi piombiamo troppo velocemente; il nostro vantaggio sfuma e, nel frenare, il fischio dei freni funge da azione di disturbo, facendoci perdere il ritmo per una frazione di secondi.

Vedendoci sorpassati, Azzurra si mette a urlare: «pedalate!» indugiando lungamente sulla terza sillaba, come volesse spronare i suoi soldati alla carica. A discapito della fatica, posso ancora avvertire il profumo delle magnolie e del glicine e avvistare una manciata di punti luminosi tra le foglie di mirto. Sopra di noi, la placida volta stellata e il mare Adriatico alle pendici del colle. La brezza salina fa dondolare i rami degli ulivi, trasporta l'odore delle foglie di lauro e della terra farinosa. Si respirano risate di ragazzi, bagliori fluorescenti di lucciole e sguardi pregni dell'allegria maldestra degli amori giovanili. Siamo un'emanazione di vita: è nel guizzo dei muscoli caldi, nel sangue che affiora sottopelle e colora le guance.

Il traguardo lo tagliano i ragazzi di 4ªC, ma nessuno se ne dispiace troppo. Scendiamo affaticati, massaggiandoci i polpacci indolenziti. Sorridiamo.

Il premio consiste in una pignatta, che i ragazzi rompono a suon di bastonate, facendo piovere una montagna di bigliettini: "buono per potare le siepi", "buono per fare un massaggio a Celeste De Mitri", "buono per portare a spasso Polpetta, il bassotto di Celeste De Mitri". La delusione è palpabile. Celeste scoppia a ridere; una risata limpida e squillante: «oh, che ragazzi fortunati!» Qualcuno ha sospirato, ringraziando di aver perso, ma Celeste le lamentele di quei poveri diavoli le ha coperte con un cenno della mano volto alla postazione del DJ, che, colto il segnale, fa partire un lento, e non uno qualsiasi... il lento anni ottanta per antonomasia: Reality.

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