Può la paura vestire l'emozione più dolce, giustificare il male perché vuol evitare altro male? E se non è gabbia questa, allora quale?
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Giugno 2021
Certe beghe le abbiamo esplorate a fondo, ne siamo usciti insieme, sommando un po' una matassa con l'altra. I tuoi giorni meh ai miei casini dell'ora.
Mi sentivo a posto, io che non ho mai avuto la luna storta, no. Che banalità.
Io la luna - quella corrotta! - me la portavo appresso come un alone cupo alle spalle del solito personaggio sventurato.
Tu sei al mio fianco da quando ne ho memoria; eravamo due mocciosi disposti in fila per comprare la merenda alle macchinette, poi adolescenti in crisi mistica per la scelta di un indirizzo che fosse stimolante - tipo quale? - e "utile" per prossimi sbocchi.Siamo stati amici, poi gli ingenui dell'ultima ora, i soliti incappati nell'intricato ordine del: "se poi dice che non mi vede in quel modo, ché siamo soltanto amici? E se poi va male?"
A noi è andata bene, tutto sommato.
La linea che ci separa adesso è un'altra, si lega a un noi che viaggia per ripetizioni e campa di intercalari, uno dopo l'altro in una sequenza piatta.Ma il bene che ti voglio non è dovuto, l'attenzione che mi porgi non dovrebbe somigliare ad alcun dovere. Non trovi?
«Devi fartene una ragione: non puoi pretendere la botte piena e la moglie ubriaca, accetta quello che ti è successo e regolati», l'hai detto con tanta amarezza, tanto bruciore che quasi ho pensato di poter vedere un certo reflusso, una risalita di magma proprio sotto ai nostri occhi.
D'impeto ti avrei allungato il solito antiacido, non fosse stato per lo svuotamento incondizionato scatenato dalle tue parole.
«No, fammi capire! A cosa devo 'sta sparata?» E lo so, so perfettamente di essere "particolare". Ora più che mai. Ché la bestia, quella massa tolta d'urgenza ha fatto male anche un po' più in là di dove si è sviluppata.
L'ho vista la tua faccia quando il radiologo ci ha dato il primo esito, capostipite di altri sempre più lieti; eri come imbalsamato, gelato al mio fianco, ed è stata una discesa lunga e scoscesa che ad entrambi ha lasciato segni. Sono consapevole di ciò, ma ora dimmi: perché altro male dobbiamo farlo passare dalle tue mani alle mie, da una bocca all'altra?
«Non ho nessunissima sparata, Tecla. È che tu non vuoi capire, ti comporti da sfasata quando ti tocca riposare. Riposare e basta!» Ed eccolo lo sbuffo simil caffetteria. Neanche l'Etna quando gorgoglia dal cratere più alto e monta pilastri gassosi lunghi metri, nemmeno lei borbotta tanto. Che diamine!
«Ma no, lei è stanca di stare a letto...» giustamente, poteva mancare l'affondo di giornata? Devono esserci delle grasse offerte in zona centro, oppure qualche stock bello grosso sarà passato tra le bancarelle di Piazza Carlo Alberto, diversamente non si spiega.
Hai due occhiaie da far spavento, dei bei "fanali" alla Bambi - molto onestamente decantati anche da te medesimo - è rimasto sì e no un segnale di posizione. Tipo segnaletica di pericolo, anche se forse il tuo sguardo ha più l'aspetto di un bel divieto.
Ora creo metafore per concetti urbanistici, talìa chi cosa¹! Forse avete ragione, forse sto friggendo alla grande.
«Cazzo, no! Io sono stanca di essere trattata come un pezzo di vetro. Preoccuparsi è un conto, essere asfissianti è un'altra cosa. Non puoi vomitare su di me le tue ansie», cerco solo di darmi un senso, di superare certe storture non marcando né ignorando la loro presenza, solo e soltanto dando peso a questo ritmo imposto. Altrimenti sarei finita.
«Peccato che le ansie di cui parli siano più che giustificate, sai com'è: ti hanno lievemente aperto la testa»
«Meh, dici serio? Sai, pensavo che il cortisone servisse come dopante, mica per far rientrare l'edema!»
«Lo vedi, ma ti senti‽ Perché non capisci che non puoi permetterti più certi atteggiamenti, i tuoi bisogni sono cambiati e sarebbe giusto pensarci, no?» Continui a lucidare il parquet, mentre ti sposti avanti e dietro sono certa che le assi abbiano subito il continuo andirivieni.
Ti arresti al centro della stanza tutto a un tratto, per poi crollare sul dannato Pouf, quello "rosso malinconia", malamente squadrato e che renderebbe due natiche intorpidite peggio delle panchine di roccia lungo il Molo di Levante.
Prendi a fissarmi come fai di recente, come hai fatto mentre ci guardavamo dal vetro della rianimazione; io con gli occhi strabuzzati come il più onesto chihuahua, ché senza i miei occhiali ero di fatto perduta, mentre tu intanto provavi.
Hai provato a farmi capire di essere fuori: "la bestia l'abbiamo tolta, qualche giorno e ce ne torniamo a casa" l'hai urlato tu stesso, Alessandro.Spiegami dunque: cos'è cambiato rientrando a casa?
«I miei bisogni contano solamente detti da voi o come? No, seriamente! Io inizio a non capire più: volete che mi riprenda, che sia positiva perché dopotutto mi è "andata di culo" e poi, appena provo a passare un gradino state a dirmi come, quando e perché farlo-», ed ecco la mia risalita, il magma in riversamento. Non c'è antiacido d'alcuna specie, non c'è contenimento con cui tentare.
Ed eccoci qui, stanchi e inscatolati, imbruttiti dal mal tempo o forse solo dall'incapacità di spostarci.
«Se poi mi sfogo non va bene manco, a gentile concessione mi avete lasciata piangere in pace solo a diagnosi confermata. Poi basta più ché "devi essere forte". E una volta così, una volta colà, alla fine della fiera mi pare di dover chiedere il nulla osta per andare al bagno. Non per niente hai avuto da ridire pure sulle mie "pose" in doccia!»
Alla fine della fiera restiamo due ingenui regolari, provati dal momento e asfissiati dall'aria pesante. Basterebbe parlare chiaro, dire il male per come lo sentiamo e poi decidere il resto. Nessuna colpa, in definitiva: io non posso ammalarmi pure d'aria, non può la paura farmi fessa più di quanto sia stata bastonata. Se tu di questa aria non vuoi saperne, se per te risulta viziata io non posso trattenerti e insieme non dovremmo essere fumo stantio.
***
Talìa tu ¹: vedi/guarda tu.

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Ruggine
General FictionDigressioni e lente discese; in queste tre parentesi narrate dalla voce protagonista, seguiamo l'evolversi di un pensiero piegato dall'imprevisto più aspro, quello che ribalta le scene e riscrive anche l'emozione più grande. * "Ruggine" si sviluppa...