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"ricorda, che la paura non vinca"

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Gennaio 2022

"Mi fai male al cuoricino"

Simile a un crepitio è il male che sento io, sottile e angusto come il pensiero che mi domina adesso.

Sono passati mesi e ancora non sento: è un formicolio incerto ogni bacio della buonanotte e al risveglio, quando spalanco la finestra, ancora dormo. Non io, solo i nervi che non comando e la percezione che dimentico, poca al giorno, con svilente costanza come la stessa impiegata per non giungere alla paralisi totale.

È un paradosso, ma più mi studiano più a me pare di perdere memoria e ragione. Com'è un sorriso che occupa il viso? Com'era chiudere gli occhi, poi vedere il riflesso del sole ancora sulla retina? E sentire da ambo le orecchie, ascoltare la propria musica e poterla condividere, oppure, banalmente, spostare il cellulare da sinistra a destra evitando di fondere con la batteria... sai che mi pare tutto infattibile?

"Mi fai male al cuoricino" l'hai detto senza malizia, per ricordarmi di essere amata. Comunque sia.

Io ti ho sorriso appena, colpevole di aver perso l'ennesima carezza, d'aver ceduto per rabbia: sono stanca, lo sento e per un attimo l'ho gridato.

Toccherà seguire nuovi tempi, studiarli, forse accettarli? Per dovere o necessità? per non ridursi in costruzione d'altri, dico io.

Comunque sarà, ricorda: in questa triste gabbia e nel mio infame torace, hai tutta una casa, fratello mio. Non c'è impedimento, vecchio o nuovo male, che possa invertire ciò. È così da sempre, non "per ora".

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«Hai ripreso a scribacchiare».

Puoi avere gli emisferi saturi, ribaltati, strapazzati, voler evitare pure una mosca, ma è scritto nelle stelle che anche col dovuto impegno non riuscirai ad evitare alcuna seccatura se già ti senti come in siccità.

Ho raggiunto il CUS per disperdere il malumore; lo combatto da un po' e già da qualche settimana ho preso il vizio di guidare dal paesello fino al centro sportivo. Come facevo da ragazzina.

Oggi ho pensato di poter raggirare i colloqui sociali come quello in atto, perciò mi ero posizionata sugli spalti intorno al campo da rugby, per poter sbirciare gli allenamenti e intrattenermi allo stesso tempo. Alla fine mi sono ritrovata a scribacchiare sfoghi sul telefono.

«Mhm-», l'indecisione l'avrò stampata in faccia e il mio interlocutore la starà sondando a suo modo, ma la certezza di non poter reggere mezza riga di testo dovrebbe fondersi allo sconforto generale. Iconizzo tutto, salvo quel che vale e infine getto in borsa il telefono per mostrare una minima partecipazione al dialogo, «ammazzo il tempo, tutto qui».

«È un primo approccio, se vogliamo. Per fortuna certe cose non cambiano né serve ammuttarle¹ troppo», Diego Ranieri è insofferente per hobby e sfrontato per natura, gioca in prima linea come regista dei ruffiani, ma non nutre interesse per le beghe altrui, in genere.

Odora ancora di vissuto, ha lasciato il campo dopo aver raccattato l'attrezzatura sparsa, ed è già trascorso un bel po', ma pare non ami entrare in spogliatoio quando è ancora pieno.

Ruggine Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora