La partenza

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“Iluk, svegliati. Devi partire. Ti attende un lungo viaggio...” ripeteva in continuazione una voce dentro di me, che pareva venire dal profondo delle viscere e formarsi nella mia mente. Volevo svegliarmi, ma non ci riuscivo. Non sapevo da quanto tempo ero incosciente e per quanto ancora lo sarei stato. Quello che sapevo era che avevo una missione da compiere. Dovevo partire per le Montagne del Sole, e dovevo farlo in fretta. “Iluk, svegliati. Devi partire. Ti attende un lungo viaggio...” ancora quelle parole. Non la smettevano di martellarmi la mente. Non era Rapu che parlava. Non era la sua calda voce rassicurante. Era l’acuta voce di una bambina. Ma chi era? E come faceva a sapere della sua missione?                                                                                                                 Il gelo dell’ acqua che qualcuno mi passò sulla fronte, appena sotto l’attaccatura dei capelli mi fece schiudere gli occhi. Non li aprii del tutto, quanto bastava per vedere che ero all’interno della tenda della mia famiglia, al caldo. Ero disteso di fianco al focolare situato al centro della stanza. Il fumo che produceva usciva da un buco esattamente sopra il fuoco, che quando pioveva veniva chiuso con un pezzo di legno di pino. C’era il mio fratellino di fianco a me, era lui che stava passando lo straccio bagnato sulla mia testa.  Appena si accorse che mi ero risvegliato chiamò la mamma, la quale arrivò subito. “Iluk! Stai bene? Miki ti ha portato qui al villaggio senza sensi ma abbiamo visto i gamberi-stella, ti ringraziano tutti!” Mia madre era agitata. “Quanto ho dormito?” chiesi. “Tre giorni e mezzo.” A quella risposta scattai a sedere sulla brandina. Ero in ritardo. Quando mio fratello Mako mi chiese il perché di tanta ansia non gli risposi. Mi sdraiai di nuovo, godendo del calore avvolgente delle fiamme, fiamme rosse e gialle, stavolta.                                  Quella sera presi un sacco delle mie scorte di aringhe, un pacchetto contenente carne di lepre essiccata, un po’ di formaggio e delle pellicce pesanti. Infine riempii delle borracce d’acqua e legai il tutto alla sella di Miki e quando venne l’ora di partire uscii dalla mia tenda, come tutte le mattine, solo che quella volta era diverso: ero consapevole che il mio viaggio sarebbe stato lungo e difficile, e che i miei familiari non li avrei rivisti per un lungo tempo, forse non li avrei rivisti mai più. Guardo in faccia Mako, quando dormiva sembrava così tranquillo, ma quando era sveglio era difficile calmarlo… Ah! Non avrei mai dimenticato quei momenti in cui io e lui giocavamo così appassionatamente! Mia madre che ci urlava sempre di stare attenti a non farci male. Ora dormiva anche lei, con i suoi lineamenti duri che venivano affievoliti dal sonno come se una magia le avesse fatto svanire tutte le rughe e tutte le preoccupazioni. Non era facile distaccarsi da quella che per tutta la vita era stata la mia famiglia. Non potevo pensare alla loro preoccupazione quando avrebbero capito che ero scomparso. Mi decisi a partire, con le lacrime che mi bruciavano gli occhi e che ormai faticavo a trattenere. Uscito dalla mia tenda mi diressi a quella di Cikuq, come al solito. Mi comportai normalmente, come se dovessi andare a pescare. Il solito breve dialogo con l’uomo degli yak, lui che mi aiuta a sellare Miki e che essendo abbastanza vecchio e quasi cieco non riuscì a vedere, attraverso le tenebre del mattino presto, tutte le scorte che avevo preparato per il viaggio. Quindi guardai un’ultima volta il villaggio della mia infanzia e poi mi voltai, partendo verso il Lago della Memoria per non destare sospetti in Cikuq, poi avrei girato verso est, la direzione opposta, per dirigermi alle Montagne del Sole. Fay, la mia volpe bianca, che era ancora piccola, mi si era accoccolata fra le gambe, appena sotto il collo dello yak. Miki correva e correva, attraverso la landa desolata che si stendeva come un mantello bianco fino all’ orizzonte, da cui si stagliavano nel cielo le figure scure delle montagne. L’ambiente intorno a me era gelido e monotono, come mai lo era stato. Ma io non me ne curavo, io sentivo solo il mio cuore che palpitava, emozionato, saltava al ritmo della corsa di Miki. Stavo iniziando un’avventura, un’avventura che mi avrebbe condotto dove gli uomini non avevano ancora esplorato.

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