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Matteo, ha appena dieci mesi. Claudio, a causa di un'urgenza, ha dovuto portarlo in istituto con sé in quanto Alice era fuori città per una conferenza. In una pausa bagno, CC ha lasciato il piccolo sul divano circondato da cuscini. Quando rientra in ufficio nota che tiene tra le mani lo stetoscopio rosso, al quale per altro è molto affezionato, e lo usa come se fosse uno di quei giochini gommosi per i denti.

«Birbante che fai con lo stetoscopio di papà, eh?» gli chiese con voce divertita mentre si avvicinava a lui per toglierlo dalle sue manine paffute.

Prima però, pensò di scattare una foto e inviarla alla moglie che in un momento di pausa dalle relazioni era on line e per questo rispose nel giro di pochissimi istanti. «Rassegnati Claudio, ormai è suo.»

Eh vabbè, e c'hai ragione pure tu Alice.

«Se lo lasci a me,» riprese Claudio mentre il figlio lo guarda incantato «il papà ti fa sentire una cosa»

«Pa – pa»

«No amore, non è ancora ora della pappa»

Non senza qualche difficoltà riuscì a prendere lo strumento dalle mani del figlio avvicinando alle sue orecchie le olivette dell'archetto biauricolare.

Reggendole con una mano perché sentisse meglio e scostando appena i lembi della sua camicia, posizionò in prossimità del suo cuore la testina dello stetoscopio.

Negli occhi del figlio vide quell'emozione e quell'incanto che aveva provato lui stesso la prima volta che aveva sentito battere un cuore umano.

Matteo ne fu talmente affascinato che la sera a casa, quando ormai era arrivata anche la mamma, volle ripetere l'esperienza: sul comò di Claudio era appoggiato lo strumento magico, si allungò e lo passò al padre.

«Papà»

«Ascoltiamo il cuore della mamma questa volta?»

La risposta che Claudio ottenne, fu il piccolo che cercava di togliere la maglietta ad Alice che guar-dava il marito in una maniera indecifrabile. «Bisogna togliere la maglietta per sentire il cuore, vero tesoro».

Le operazioni furono molto simili a quelle della mattina. Claudio reggeva lo stetoscopio sulle orec-chie di Matteo e lo spostava sul corpo, per permettere al figlio di ascoltare bene.

Dopo qualche istante parlò: «Anche il cuore della mamma batte forte?»

«Tun – tutun – tun – tun – tun»

***

Diversi mesi dopo, Claudio aveva appena finito di cambiare Matteo e lo aveva messo seduto sul fasciatoio.

«Come si chiama questo, amore?» gli chiese porgendogli quello che da un po' di mesi sembrava essere diventato il suo giocattolo preferito.

Matteo non rispose, probabilmente incantato dagli occhi azzurri del padre e divertito dal solletico che la barba appena più lunga provocava sulla sua manina.

«Come si chiama? Stetoscopio» continuò il Conforti maggiore, certo che il Conforti minore posse-desse la capacità di apprendimento degna di un suo erede.

«Totopo» rispose Matteo ridendo.

«Di' bene amore, ste – to – sco – pio» replicò, scandendo bene la parola in modo che anche il suo nano potesse ripeterla correttamente.

«Tepoio» ribattè con espressione ancora più divertita, non soddisfando Claudio dell'esame etimolo-gico ma rendendolo ancora più divertito.

«Ti mangio tutto» furono le ultime parole che si sentirono prima dello scrosciare di una risata di pura serotonina e pura ossitocina.

Uno strambo e fortissimo figlioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora