CAPITOLO 1

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Quando Michela riuscì a parcheggiare la sua auto nello spazio ristretto lasciato libero da una motocicletta, suo figlio, Sasha, di sette anni, sbatté il pugno sulla mano aperta.

"Bel colpo, mamma!" gridò.

"Tempismo perfetto, baby!" convenne lei, ormai convinta di essere un'esperta parcheggiatrice.

"Sei stata forte. Adesso Noah dovrà ammirarti," dichiarò il bambino con orgoglio.

Noah, il suo migliore amico, era molto colpito dall'abilità di Michela alla guida. Sua madre, una signora graziosa, non si faceva alcun problema ad urtare le fiancate delle altre vetture o a tamponarle.

Sarebbe dovuta andare in giro per New York con un cartello per avvertire gli automobilisti di stare attenti. La loro macchina mostrava sempre delle ammaccature e degli sfregi.

Noah diceva che sua madre non riusciva a capire come fosse possibile. Nemmeno suo padre ci riusciva. E neppure Michela. Beveva spesso un caffè insieme alla madre di Noah, una donna che a parte il modo in cui guidava era simpatica, intelligente e di mentalità aperta.

Spegnendo il motore, osservò le strade che come sempre a quell'ora erano congestionate dal traffico, domandandosi fino a che punto fossero al sicuro i pedoni che attraversavano agli incroci. In quei giorni sembravano tutti in preda a una fretta spaventosa. Dove andavano? Che cosa c'era di così vitale da non poter perdere un secondo? Di certo niente lo era di più della sicurezza di un bambino.

Il problema maggiore era trovare un parcheggio. Nessun alunno andava più a piedi. I più piccoli erano accompagnati dai genitori. La gente aveva paura e i media non facevano che amplificarla diffondendo delle notizie atroci.

Era di quel periodo la denuncia del tentato rapimento di una studentessa tredicenne. La polizia aveva inviato molte squadre di ricerca finché uno psicologo del plesso scolastico che le aveva parlato dopo che era stata ritrovata aveva detto che la ragazzina aveva bisogno di attirare l'attenzione. Alcuni ragazzi erano più inventivi di altri.

Michela guardò il visetto felice di Sasha, la faccia più bella del mondo per lei. E suo figlio non era solo bello, ma anche molto intelligente. Il suo unico figlio, puro e innocente. Il suo sole, la sua luna, le sue stelle. Il suo intero universo.

Si sentì sommergere da un'ondata di gioia. Era una giornata luminosa, piena di promesse. Un bel periodo per essere vivi. La neve tanto attesa non era ancora arrivata. Sembrava una bellissima giornata di primavera.

La vista del Hudson River era qualcosa che continuava a toglierle il respiro anche adesso. E poi il Brooklyn Bridge, Manhattan, Central Park... Poche altre città potevano vantare dei dintorni così incantevoli. Persino il tragitto fino alla scuola di Sasha era una magnifica esperienza.

Sì, New York era la sua città del cuore... la città che l'aveva aiutata a mettere insieme i pezzi della sua dolorosa esistenza, che le aveva riempito la vita con nuove, uniche, meravigliose esperienze. Ma che, anche adesso, dopo tanti anni, non era riuscita ad attaccare insieme i cocci del suo cuore spezzato.

Mancava poco alla chiusura delle scuole. Tra poco sarebbero iniziate le lunghe vacanze natalizie. Natale... All'improvviso tornarono i ricordi. Non poteva mai prevedere il loro arrivo, una vera, inarrestabile invasione che quasi le oscurava la vista.

Non era il momento per abbandonarsi a quell'onda nera che tuttavia la trascinò inesorabilmente indietro, in luoghi in cui a Natale il paesaggio si trasformava e diventava un mondo da favole.

Lei aveva appena compiuto diciotto anni, il periodo più innocente e felice della sua vita, quando il futuro era pieno di promesse. Ma era stato allora che il suo angelo custode si era distratto e lei si era innamorata perdutamente.

UN NATALE DA RICORDAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora