CAPITOLO 10

1.3K 95 8
                                    

Lui la fece entrare. Poteva sentire la sua rabbia e sapeva che presto sarebbe esploso. Michela era cosciente di essere il suo bersaglio, tuttavia si comportò come se non avesse un solo pensiero al mondo. Il corpo di Ashton era così teso che lei percepì tutto il suo potere.

"Non ho mai conosciuto una come te," ringhiò lui.

"Sì, lo so... Lo dicevi sempre," commentò Michela, aggiungendo benzina al fuoco.

"Non farmi arrabbiare ancora di più, Michela!" l'avvertì lui. "Immagino che tua madre ti abbia già telefonato."

"Mia madre adottiva," rettificò Michela, sedendosi. "Lei è una Forsythe, sai? Siete imparentati."

"Una Forsythe che, per puro caso è nata a Forsythe Hall e che si è lavata le mani di tutta la famiglia. Lei è tua madre... la tua vera madre. Doveva avere un motivo valido per attraversare l'oceano e venire a vivere qui. Sicuramente era incinta, ma la cosa non ha senso visto che era sposata."

"Stella aveva le sue ragioni. Ed è vero che mi ha adottata. Ho i documenti che posso provare."

Lui la fissò con scetticismo, come se fosse una bugiarda patologica.

"Non credo una sola parola che esce dalla tua bocca."

"Parole dure, Ashton, non ti sembra?" s'infiammò lei. "Soprattutto dette da uno come te."

"È questo il meglio che puoi fare?" domandò Ashton, scivolando a quel punto sulla poltrona di fronte a quella di Michela e non riuscendo a smettere di guardarla benché si detestasse per quella debolezza. "Tuo figlio, Sasha... è anche mio figlio."

"E se giurassi che non lo è?"

"Potresti giurare finché rimarrai senza respiro... Questo non cambierà la realtà... Sasha è mio figlio. Quando hai lasciato l'Inghilterra, eri incinta."

"No! Non lo ero!"

Lui ignorò il suo grido e le lanciò uno sguardo che le disse che era quel gioco era totalmente inutile.

"Va bene, è vero» ammise lei, sapendo che sarebbe stato molto facile dimostrare la paternità.

Se era quello che lui voleva... Anche se lei sperava che lui se ne sarebbe andato via al più presto.

"Ho avuto la certezza di esserlo solo due mesi dopo. Ti assicuro che per me fu un vero shock. Quando il medico me lo disse, urlai così forte che pensai che le mie urla furono sentite anche da te."

Ashton si piegò in avanti e la guardò come se fosse la persona più odiosa al mondo.

"Dunque... è così," mormorò lui con ribrezzo. «Adesso affronterai questa discussione facendo delle stupide battute, giocando stupidi giochetti..."

"Nessuna battuta, te lo assicuro," replicò lei così in fretta che lui alzò di scatto la testa. "Mettere al mondo un bambino non è un gioco..."

"Al diavolo, Michela!" esclamò lui. "Non hai mai rimpianto di non avermelo detto? Io ho dei diritti. Te lo sei forse dimenticata? Io avrei fatto tutto quello che potevo per aiutarti."

"Di preciso... In che modo mi avresti aiutata?" gli chiese Michela. "Mettendo del denaro sul mio conto corrente?"

Da dove uscivano quelle parole così dure? Perché continuava a fare la vittima? Ashton scosse la testa.

"Sarei venuto con il primo volo."

Michela voltò la testa di lato.

"Questa è una bugia enorme. Mi avevi esclusa dalla tua vita, Ashe. Tu e quella strega orribile di tua madre."

UN NATALE DA RICORDAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora