Seduta in sala d'attesa, pizzico le dita cercando di rilassarmi il più possibile. Se il test è risultato negativo anche le analisi lo saranno, giusto? Guardo le unghie, ormai ridotte in uno stato pessimo. Di solito non ho questa brutta abitudine ma sono stati due giorni interminabili e il mio pensiero non è stato altro che 'gravidanza'. Dunque, mi sono sfogata mangiandole e consumando anche le suole delle pantofole visti i milioni di giri per l'appartamento. Tra due giorni, il sette gennaio, comincerò a lavorare ufficialmente alla Adams Elementary School come maestra d'inglese e non ho alcuna intenzione di iniziare col piede sbagliato. Quei risultati devono essere negativi. Devono.
Molleggio il piede sul pavimento, altro segno di nervosismo che in questi giorni non mi ha lasciato tranquilla. Colazione? Molleggio. Pranzo? Molleggio? Un fenomeno continuo.
Ascoltami bene, feto, farai meglio a non esserci perché in questo momento non saprei come gestirti e se dovessi farmi il brutto scherzo di presentarti sarebbe un disastro. Non saprei nemmeno come prendermi cura di te, sono sola. Capito, feto? Sola. Non ho alcun Danny, Trevor o Tom. Io devo fare affidamento solo su di me e non posso garantirti alcuna vita decente. Ho appena cominciato a lavorare con uno stipendio fisso, feto, non ho niente da darti. Dovrei provvedere alle cure mediche, le pappe, i completi adorabili a cui non riuscirei a resistere... tu non puoi fare questo alla tua mamma, fe-
Mamma.
Mi sono appena definita una mamma.
I miei occhi si riempiono di lacrime. Solo che stavolta non sono tanto sicura siano di disperazione. No, credo... credo si tratti di commozione. Non avrei nessuna figura maschile accanto ma avrei qualcosa, qualcuno a cui io ho dato la vita, una cosa solo mia.
Un fazzoletto si posa sulle mie gambe, sollevo il volto girandolo e osservo la donna che mi sorride esitante.
«Scusa, pensavo potesse servirti.»
«Grazie» lo sollevo prima di asciugare gli angoli degli occhi.
«Figurati. Andrà bene» mi rassicura. «Qualunque sia la ragione per cui ti trovi qui, andrà tutto per il meglio.»
Guardo il suo addome arrotondato e annuisco piano. «Lo credo anch'io.»
«Signorina Bradshaw?»
Guardo l'infermiera sulla soglia della porta e la seguo dentro lo studio della mia ginecologa.
«Buongiorno, Paige. Tutto bene?» la dottoressa Sanders sposta lo sguardo dallo schermo del suo computer su di me. Corruga la fronte quando nota i miei occhi gonfi e l'espressione si addolcisce. «Vuoi che te lo dica subito o preferisci la storia completa?»
«Dritta al sodo, la prego» mi siedo.
La dottoressa tira fuori una busta dal cassetto della scrivania e la poggia sul tavolo. «Non sei incinta, Paige. Il risultato è negativo.»
Sospiro, chiudendo gli occhi. «Ne è certa?»
«Assolutamente. Puoi stare tranquilla, non sta crescendo alcun bambino dentro di te.»
«D'accordo» mormoro.
Sono confusa dalla mia stessa reazione. In fondo, è meglio così, no? Feto mi ha ascoltata.
Forse non dovrei nemmeno chiamarlo feto visto che non è mai esistito. Problema risolto.
«Oh, tesoro...» bisbiglia la dottoressa Sanders.
Ci conosciamo da anni ormai, perciò, non mi stupisce il suo approccio diretto e confidenziale. Anzi, lo apprezzo.
«Stavi cominciando a pensarci, eh? Alla vita dopo, intendo.»
«Hm-hm» annuisco tremante, gli occhi pieni di lacrime. «Mi scusi, non so cosa mi stia prendendo» tiro su col naso.
«È comprensibile, in effetti. Bisogna riflettere sulla possibilità di una gravidanza e nel tuo caso direi che era più che giustificata. Era un ritardo consistente e avevi accusato alcuni dei sintomi che si manifestano in gravidanza, quindi-»
«Allora perché non lo sono?! I sintomi, il ritardo... perché non sono incinta?» scatto.
La donna si zittisce, ma non sembra arrabbiata.
«Dottoressa, sono... sono mortificata. La prego di scusarmi. Non so davvero perché mi stia comportando così visto che volevo fosse questo il risultato.»
«Sei stata posta a mesi di eccessivo stress, Paige. Hai saltato pasti, corso da un posto all'altro. È del tutto normale che il tuo corpo abbia reagito così e che il tuo ciclo sia saltato. Può succedere a chiunque» sospira. «Tu hai avuto la spiacevole coincidenza di aver avuto un rapporto in questo ultimo periodo e di aver associato la cosa ad una gravidanza. Avete usato due precauzioni, Paige, due. Certo, niente è impossibile ma tra la pillola e il preservativo, le possibilità erano davvero minime.»
Rifletto sulle sue parole. È vero ciò che ha detto: non ho avuto solo uno o due mesi di stress, ho affrontato un anno intero in questa maniera. È sempre stato tutto sotto il mio naso, eppure, non mi sono mai accorta del mio corpo che supplicava aiuto, desideroso solo di essere ascoltato. L'ho portato allo stremo e ho ottenuto una reazione, una reazione che mi ha letteralmente mandando in tilt il cervello. Parlerei di tradimento se fossi una codarda ma la verità è che sono io l'unica da incolpare in questa situazione.
«Ha ragione» annuisco.
«Mi chiedo solo perché tu ti sia trascinata fino a questo punto. Non ne hai parlato in famiglia? Con Molly?»
«Questo è stato un anno intenso per la nostra famiglia, dottoressa. Sono successe diverse cose e non penso che ci sia stato il tempo di discutere più del dovuto della mia situazione.»
«Dici così perché loro ti hanno fatto credere una cosa del genere o perché tu hai pensato di non meritare il loro tempo?»
Resto in silenzio, affondata dalla sua implicita accusa. Non userei proprio il termine meritare ma... ecco, tra la situazione tesissima di Molly, Tom e Danny, le ore continue al tirocinio e l'organizzazione del matrimonio di mamma ho pensato che la nostra famiglia fosse già piena di situazioni. Aggiungere anche la mia stanchezza al cumulo a cosa sarebbe servito? A niente.
«Lavora, Paige, è giusto che tu lo faccia ma se hai un problema, se vuoi sfogarti, devi farlo. Il ciclo è influenzato da un centinaio di fattori che non starò qui ad elencarti ma sappi che il primo è lo stress. Non sottovalutare la tua stanchezza e non portarti al limite. Hai appena visto cosa ti ha causato» poggia la schiena sulla sedia e con una mano allunga la busta nella mia direzione.
«Proverò a fare del mio meglio. È disponibile per altre sedute?» accenno una risata.
«Non mi sono ancora espansa in quel campo ma mai dire mai» mi fa l'occhiolino prima di cedermi la sua mano.
La stringo con un sorriso e mi alzo. «Arrivederci, dottoressa Sanders.»
«Buona giornata, Paige.»
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𝐏𝐀𝐈𝐆𝐄 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟒]
ChickLit𝐐𝐮𝐚𝐫𝐭𝐨 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐁𝐎𝐒𝐓𝐎𝐍 𝐒𝐄𝐑𝐈𝐄𝐒 𝐏𝐮𝐨̀ 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐬𝐢𝐧𝐠𝐨𝐥𝐚𝐫𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐦𝐚 𝐬𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐢𝐠𝐥𝐢𝐚 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐥𝐚 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐝𝐢 𝐇𝐚𝐫𝐩𝐞𝐫, 𝐃𝐞𝐥𝐢𝐚 𝐞 𝐌𝐨𝐥𝐥𝐲 𝐩𝐞𝐫 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞...