3.

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Torno a casa avvolta in una sorta di bozzolo insonorizzato che mi tiene separata dal mondo intero. Sembra come se i suoni fossero ovattati, come se mi arrivassero lontani. Riesco a focalizzarmi solo sul fatto di non essere incinta. Non ho nessuno di cui prendermi cura, nessuno per cui dare il meglio di me stessa. Posso continuare tranquillamente la mia vita, senza coinvolgere uno sconosciuto che pensavo fosse il padre di feto. Meglio per tutti. Sì. Devo solo ritornare sui miei pensieri precedenti, essere contenta di non essermi invischiata in una situazione più grande di me. Del resto, sono stata la prima a dire che i bambini, almeno fino a trent'anni, non sono un'opzione per la sottoscritta. Ho il lavoro che tanto sognavo, un appartamento carino, una famiglia fantastica che si allarga sempre di più e un nemico giurato dal primo momento che ci siamo incontrati. Come avrei potuto badare a un bambino e allo stesso tempo insultare Caleb Morgan? Sarebbe stato troppo faticoso, lo so, quindi... meglio così.
Mi basterà qualche giorno, tornare a scuola, e sarà tutto di nuovo come prima. Esattamente così. Nessun minimo cambiamento. Come desideravo dopo aver scoperto di avere un ritardo. Meraviglio.
Chiudo la porta di casa alle spalle e caccio un urlo quando vedo mia sorella sdraiata sul divano, il cellulare in mano e uno sguardo annoiato sul volto.
«Santo cielo, Molly! Mi hai fatta morire!» mollo la borsa sul pavimento.
«Scusa» si alza, infilando il cellulare nella tasca dei jeans. «Allora? Non volevo che me lo dicessi al telefono. Ho preferito venire per esserti vicino» si avvicina.
«Non sono incinta» la informo con tono monocorde.
«Fantastico!» esclama entusiasta. L'attimo dopo, però, mi fissa confusa. «È fantastico, giusto?» chiede incerta.
«Sì,» annuisco ripetutamente «è perfetto. Quello che volevo sentire.»
«Dio santo, Paige...» mormora attirandomi subito a sé. «Avevi cambiato idea, vero? Avevi cominciato a pensare a come sarebbe stata la vita con un mini te, eh?»
Annuisco sulla sua spalla e faccio il possibile per non piangere. Non faccio altro che piagnucolare da giorni, devo smetterlo davvero.
«Mi dispiace, P. Adesso hai bisogno di un po' di tempo per metabolizzare tutto quanto, ma vedrai che andrà meglio, okay? Te lo prometto» si scosta per accarezzare il mio viso.
La guardo negli occhi e annuisco perché le credo, è mia sorella. Ammetto di sentirmi un po' in colpa: la sua vita sta andando nella direzione giusta e a me sembra di tenerla ancorata nella miseria. Prendo un respiro profondo e accenno un sorriso. «Scusa. Andrà meglio, lo so. È solo il momento.»
«Di cosa ti scusi esattamente?» domanda.
«Di trattenerti. Non dovresti essere con Tom o a lavoro?» ribatto.
«Trattenermi? Paige, sei la mia gemella, sei... tu sei parte di me. Non potresti mai trattenermi» stringe la mia mano. «Solo perché ho una relazione non vuol dire che debba stare sempre con il mio ragazzo. Oddio-» si blocca sgranando gli occhi.
«Che c'è?» chiedo preoccupata.
«Ti ho dato questa impressione? Ti ho trascurata? Oh, Paige... ti chiedo scusa, io- non credevo-»
La fermo subito abbracciandola ancora una volta, stavolta un sorriso vero a curvarmi le labbra. «Non mi trascuri. Affatto. Non intendevo quello. Semplicemente non voglio rubarti troppo tempo perché so che sei impegnata anche tu, tutto qui.»
«In realtà, io...» arrossisce furiosamente distogliendo lo sguardo.
«Mol?»
«Io ho dimezzato i turni al Canyon's. Passo più tempo a casa perché sto lavorando su una cosa. Solo... sì, ecco- vorrei parlarne quando sarà qualcosa di più concreto» biascica.
Sta scrivendo. Glielo leggo negli occhi. È uscita dal guscio e nemmeno se ne rende conto.
Sto in silenzio. Non dirò niente. Metterla alle strette o in imbarazzo, soprattutto su un argomento che so essere tabù per mia sorella, non è mia intenzione. Non me ne ha mai parlato direttamente, ma so quanto sia importante per lei. Come già detto, è la mia gemella, la conosco quasi meglio di me stessa.
«Prendiamo un caffè? Ho bisogno di rilassarmi e concludere questa giornata che è iniziata solo da un paio d'ore» sospiro, distogliendo l'attenzione dai nostri argomenti spinosi.
«Sì, per favore» annuisce all'istante.
La guardo solo per un altro attimo e non posso far altro che sorridere ancora una volta. Sarà un po' più complicato di quanto mi aspettassi, ma riuscirò a superare questa notizia. Ho la famiglia al mio fianco, posso contare su di loro.

Passo la giornata a revisionare il programma per l'inizio del secondo semestre e annuisco soddisfatta quando mi rendo conto che tutto va come pianificato. Ho in carico solo le terze e le quarte e per fortuna non sono ore consecutive, quindi, ho pure il tempo di fare una pausa tra una lezione e l'altra. Lavorerò tutti i giorni dalle otto alle due, un orario più che decente se consideriamo che prima le ore erano triplicate. Non che me ne possa lamentare più di tanto visto che avevo bisogno di più ore possibili per completare il percorso e poter iniziare a lavorare sul serio. Durante quest'esperienza ho conosciuto dei bambini dolcissimi, pestiferi ma comunque strepitosi. Alcuni di loro hanno persino pianto dopo aver saputo che c'era la possibilità di non rivederci più, perciò, non vedo l'ora di vedere i loro bei faccini sorpresi quando dopodomani varcherò la soglia delle mie classi.
Più serena al pensiero di rivedere i miei bambini, prendo un sorso di camomilla e rilascio un profondo respiro. «Andrà tutto bene, Paige, devi solo avere ancora un po' di pazienza e le cose si sistemeranno. Abbi fiducia in te stessa. Ne hai bisogno» bisbiglio nel silenzio del mio appartamento. Forse è da pazzi parlare con sé stessi ma mi aiuta a focalizzarmi meglio sui miei pensieri. È una cosa che faccio da sempre: ad un certo punto della giornata o quando sono particolarmente arrabbiata comincio a sbraitare ad alta voce. Succede più spesso da quando Caleb ha cominciato ad uscire con noi. So che sarà lui la fonte delle mie rughe premature. Le sento già premere agli angoli degli occhi.
Distolgo l'attenzione dal biondino idiota e torno a focalizzarmi sul mio programma. «Cos'è meglio come premio: caramella gommosa o cioccolatino?» penso a voce alta. Potrei chiedere una consulenza ai miei nipoti e approfittarne per visitare Danny e Vivienne... sì, mi piace come idea. Guardo l'ora sull'orologio e sorrido soddisfatta. Sono le sei, ciò vuol dire che sono entrambi a casa e probabilmente staranno decidendo cosa preparare per cena. Afferro il cellulare e avviso mia cognata di apparecchiare per una persona in più.
Forza, Paige, non sei sola.

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𝐏𝐀𝐈𝐆𝐄 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟒]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora